Per una volta Salvini ha dato una notizia. Il concordato preventivo biennale, tanto caro al suo governo, non funziona. E, per questo, bisogna tornare a condoni fiscali tombali che tutelino di più piccoli e grandi evasori, come sempre confusi dal vicepremier leghista con chi ha una partita Iva, non è un imprenditore ed è in difficoltà perché guadagna poco o perché non riesce a pagare tasse spropositate.
PER ORA QUESTO è il risultato del siparietto che ha impegnato ieri Salvini contro il viceministro dell’economia Maurizio Leo di Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni. Quest’ultima è rimasta un’altra volta in silenzio mentre i galli hanno continuato a beccarsi. Il motivo della lite tra leghisti e «patrioti» è stato l’invio di lettere di richiamo a 685 mila partite Iva che hanno dichiarato nel 2023 un reddito d’impresa inferiore ai 15 mila euro.
LE LETTERE contengono l’invito a aderire entro il prossimo 12 dicembre al concordato preventivo biennale dal quale il governo cerca disperatamente di raggranellare almeno altri 1,2 miliardi di euro da aggiungere a 1,3 miliardi già raccolti nella prima fase. Questi 2,5 miliardi dovrebbero servire per modificare il secondo scaglione dell’Irpef e portarlo dal 35% al 33% così da dare qualche spicciolo a chi ha un reddito superiore ai 40 mila euro. Una promessa elettorale che ha già impegnato 18 miliardi di euro della legge di bilancio (su 28) nel taglio del cuneo fiscale e nella riforma dell’Irpef.
«NON HO CONDIVISO né nel metodo né nel merito questo invio di milioni di lettere sotto Natale con un tono inquisitorio a gente che ha pagato le tasse – ha detto Salvini – Se c’è uno strumento che non funziona, e penso al concordato, non bisogna inseguire gli italiani, ma cambiare strumento». In quest’ottica la proposta della Lega è «la rottamazione a lungo termine, saldo e stralcio: e vedi che lo Stato è contento e incassa, e i cittadini hanno il tempo di rimettersi in pari». Salvini sta parlando di un maxi-condono, chiamato «rottamazione quinquies» che vorrebbe fare partire da gennaio. La misura prevede la rateizzazione fino a 120 rate mensili delle cartelle fiscali notificate fino al 31 dicembre 2023. Sarebbe il 21esimo condono della legislatura.
SALVINI È IRRITATO CON LEO perché quest’ultimo ha respinto ha impedito di inserire la misura nella manovra. «Da parte mia e del governo non c’è nessuna intenzione di vessare, minacciare o intimorire nessuno – ha risposto Leo agli attacchi – L’obiettivo della riforma fiscale, a cui stiamo dando celere attuazione, va nella direzione di adottare comportamenti trasparenti dell’amministrazione finanziaria nell’ambito di un rapporto collaborativo con i contribuenti». Per Leo è necessaria un’informazione preventiva per «evitare accertamenti».
LA SCOPERTA leghista del fallimento del concordato è stata tardiva. Tra i commercialisti che hanno fatto anche uno sciopero contro il governo l’esito era stato previsto. Come anche al ministero dell’economia. Il titolare leghista, Giancarlo Giorgetti, aveva già avvertito che il governo non avrebbe contemplato i suoi eventuali proventi nella manovra. Ora, l’uscita di Salvini indica il fatto che potrebbe venire meno un regalo da depositare sotto l’albero di Natale. Ma sembra che un nuovo tentativo sarà fatto tra febbraio e marzo 2025 con un decreto ad hoc.
LO SCONTRO sul modo migliore di gestire il populismo fiscale, specialità berlusconiana dei leghisti e dei post-fascisti, entrerà dalle finestre nel consiglio dei ministri di lunedì 9. È prevista l’approvazione del Milleproroghe. E si parlerà del modo migliore per continuare a raschiare il fondo del barile in modo «inquisitorio» o «amichevole».
L’ARIA PESANTE che si respirava nel governo ieri è stata attraversata da un altro conflitto tra Salvini e il suo omologo vicepremier: Antonio Tajani di Forza Italia. Argomento: usare il «Golden power» per Unicredit-Bpm. Giorni fa Salvini aveva già rimbrottato che Tajani che non è lui il ministro dell’economia. Per Salvini Unicredit è «una banca molto poco italiana» mentre Bpm è ritenuta molto «lombarda». Una sua acquisizione implicherebbe «licenziamenti». Salvini, l’opinionista bancario che per la cronaca fa anche il ministro dei trasporti, ha dato un’altra consegna a Giorgetti.
SALVINI SI È TROVATO d’accordo con Tajani nel sostenere le ragioni di Confindustria che chiede un regalo sulla cosiddetta «Ires premiale». I vicepremier ieri hanno convenuto che va inserita nella manovra. Si tratta di fare lo sconto alle imprese che reinvestono gli utili in azienda. Questo sarebbe un modo per contrastare il crollo senza fine del manifatturiero e creare investimenti. Come combattere la siccità con la danza della pioggia.
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