ROMA – Cosa accadrà al futuro di pensioni e welfare, da qui a vent’anni? Per molti giovani che stanno lavorando, la domanda è legittima: saranno socialmente efficaci? Domande da porsi, dato che nel 2045/2050 l’Italia raggiungerà il picco dell’invecchiamento della popolazione e sarà nel pieno della più grande transizione demografica di tutti i tempi.
La Cassa pensionistica degli psicologi ha portato questi interrogativi al Convegno ENPAP.
Come riferito, ENPAP gode di ottima salute, è ancora una cassa con una popolazione giovane e in fase di accumulo di contributi.
Nonostante le buone notizie – è emerso dal convegno – le difficoltà un po’ per tutti i giovani che lavorano sono a vista d’occhio. Il sistema contributivo italiano che coinvolge tutti i lavoratori dal 1996, pur garantendo una migliore auto-sostenibilità, rischia di non essere altrettanto efficace in termini di adeguatezza delle pensioni. Perché mette sulle spalle di ciascun lavoratore l’onere di costruire interamente la propria pensione attraverso l’accantonamento di una quota importante dei propri redditi. Onere esposto all’attuale incertezza e discontinuità del lavoro, anche per i liberi professionisti, che rischia di far raggiungere solo parzialmente l’obiettivo di proteggere la società da una povertà diffusa quando si cessa l’attività lavorativa.
Fin qui il comunicato della cassa psicologi. Le conclusioni, riassume dalla lunga nota, sono: monitorare con attenzione l’andamento del welfare della propria categoria, ed eventualmente intervenire sulle casse integrative. Oppure, come suggeriscono molti, integrare con una assicurazione finalizzata ad aggiungere un trattamento aggiuntivo. Per garantirsi comunque una vecchiaia serena in un mondo certo più green e sostenibile, ma non per questo meno legato al tenore di vita cui si è abituati.
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