Torino – Appurato che a occuparsi del mercato di gennaio sarà Cairo con Vagnati (vedi anche i summit dei giorni scorsi a Milano tra patron e dt, oltre a quello allargato all’allenatore di cui ha dato conto Vanoli in conferenza), ne consegue automaticamente (trattasi di un’indicazione in più, insomma) che sono ancora ben lontani i tempi di una possibile svolta societaria. Cairo ripete da giorni di non avere trattative in corso, di non aver nemmeno parlato con un potenziale candidato acquirente. “Se poi un giorno si presenterà qualcuno più ricco di me, che quindi ha maggiori possibilità di investire nel Torino, allora sarò assolutamente disponibile a parlare e a ragionare per trovare delle soluzioni positive – sono state le sue ultime parole famose, in ordine di tempo -. Ma ci vuole qualcuno che sia più ricco, abbia la passione e si faccia vivo, perché al momento non ho ricevuto nessun tipo di telefonata, non ho incontrato nessuno”. Una settimana fa, non diceva frasi molto diverse. Il succo: “Se si farà vivo uno più ricco e bravo di me, allora mi farò da parte. Non voglio rimanere presidente a vita, non voglio restare a tutti i costi”.
Cairo: “I ventenni finiscono”
A parole si balla tra questi paletti, insomma: con allegato, di conseguenza, un concentrato di ambiguità quanto a tempi e svolte possibili. Con però anche la convinzione che nel nuovo anno potrà effettivamente andare in scena la fase finale della presidenza Cairo. “I ventenni finiscono”: e U.C. era diventato presidente nel 2005. Il Torino ha chiuso in rosso l’ultimo bilancio (anno solare 2023): poco meno di dieci milioni, ed è il sesto rendiconto finanziario di fila con il segno meno. L’appeal non può dunque promanare esclusivamente dai trend economici che accompagnano da quattro lustri la vita del club, che sotto Cairo ha proposto perdite, ma pure bilanci consecutivi in attivo e uno scudetto del bilancio. È lo stadio a rendere una volta di più appetibile e interessante il club, di fronte all’occhio di una multinazionale o di un fondo straniero. Stadio peraltro di proprietà del Comune e non del Torino: una complicazione in più, fermo restando che può realisticamente stuzzicare un potenziale acquirente soltanto un impianto finalmente liberato dalle ipoteche (eredità dei tempi cimminelliani, connesse al fallimento di quel Torino: in origine ammontavano a 38 milioni).
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Cessione Toro: lo stadio detta i tempi
L’attivismo di Lo Russo e l’accelerazione impressa dal sindaco sulla strada del superamento e dell’estinzione delle ipoteche sono oltremodo significativi, dopo decenni di immobilismo in Municipio (e qui alludiamo anche alle giunte precedenti) a fronte di un Torino solo affittuario dello stadio. Lo Russo: “Quello che fa bene al Torino, fa bene a Torino. E dentro a questa cornice come Comune lavoriamo per dare corpo alla cittadella del Toro, della quale possiamo vedere i tre pilastri: il Filadelfia, il Robaldo e lo stadio, su cui però c’è un problema strutturale legato alle ipoteche. Lo abbiamo ereditato e stiamo lavorando per liberarlo e avere maggiore agibilità”. Il 30 giugno scadrà il contratto di affitto del Torino e intenzione del Municipio è liberare lo stadio dalle ipoteche con grande anticipo per rendere l’impianto davvero appetibile, cioè realisticamente vendibile. Se non già a fine dicembre, nei primi mesi del 2025 le ipoteche potrebbero dissolversi, post trattative tra Comune e Fisco. E, al giorno d’oggi, un candidato acquirente del Torino non può non pensare anche a uno stadio da riqualificare e da trasformare in un business, in connessione con il possibile acquisto del club granata. Le tempistiche le detterà dunque pure l’operazione stadio, se non prima di tutto.
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