La sorella della giovane uccisa a Senago con il bimbo che portava in grembo ha parlato a «Verissimo»: «L’ergastolo è una sentenza giusta. Ma per noi senza Giulia e Thiago non c’è più Natale»
«Per un attimo pensi che il male sia chiuso dietro a delle sbarre, lontano da te». Chiara Tramontano, per la prima volta ospite a «Verissimo», ha raccontato paure e sentimenti dopo il femminicidio della sorella Giulia, avvenuto il 27 maggio 2023, e il processo che ha portato alla condanna all’ergastolo di Alessandro Impagnatiello. Le prime parole sono per questa condanna. A Silvia Toffanin che le chiede cosa provi, Chiara risponde: «È stata una giusta sentenza, che porta a tirare un sospiro di sollievo dalla paura di incontrarlo. Però questo non lenisce il dolore. Trovo assurdo che la vita di mia sorella sia sotterrata in un giardino, che sia terminata, che io non abbia mai conosciuto mio nipote. Ho temuto anche che non arrivasse l’ergastolo, che lui potesse giovare di alcune condizioni per cui in vent’anni potrei rincontrarlo».
A soffrire sono soprattutto i genitori. «La vita diventa un alternarsi del giorno e della notte – afferma Chiara Tramontano -. I miei genitori sono la barca di carta del fiume della vita che ci trasporta. Sono fragili, insicuri». E aggiunge: «La loro vita è finita. Nessuno merita questo, ci hanno cresciuto con il senso della giustizia, mio padre ci ha cresciuto come persone dedite allo studio. Ci diceva: “Non guardare chi è peggio di te, ma chi fa di più che è fonte di ispirazione”. Mi ha insegnato a essere indipendente. Mia madre era in grado di stemperare la durezza di mio padre. Diceva: “Chiara hai bisogno di una famiglia, Giulia il lavoro non è tutto, fatevi una famiglia”».
Della sorella, dice: «Non so come sia possibile che la sua anima che era così sensibile non abbia potuto vedere il male che c’era in quest’uomo». E ancora: «Non essendoci stati segni di violenza domestica o di un rapporto morboso mai avrei immaginato che mia sorella avrebbe potuto essere uccisa – ripercorre i momenti successivi alla scomparsa -. Ho chiamato “Chi l’ha visto”, ho pensato che fosse esausta di questa gravidanza non condivisa, che avesse avuto bisogno di un momento per pensare a se stessa. Ho anche temuto che si potesse essere fatta del male. Mai avrei pensato che avrebbe potuto diventare vittima di un femminicidio, mentre mio padre lo aveva capito. Per mio padre era assurdo che fosse scomparsa. Sono grata di aver avuto tre giorni di dolore in meno. Sognavo che chiamava per chiedere di andare a prenderla da qualche parte a Milano». Sul carnefice, Impagnatiello, Giulia afferma: «Come può il concetto di umanità essere associato a una tale persona. Io non lo conoscevo bene come si dovrebbe conoscere il compagno della sorella. Ero in Finlandia nel periodo del Covid, quindi potevo tornare poco quando è cominciata la loro relazione». Chiara aveva tuttavia messo in guardia Giulia dalle bugie e dalle assenze.
«Un giorno mia sorella mi disse “Adesso lo so che ti arrabbierai” – in relazione alla scoperta della relazione di lui con un’altra donna – e mi ha elencato le cose che non andavano. I dubbi sul portare avanti la gravidanza. Ma la famiglia le ha mostrato totale supporto». Tutto era pronto per la nascita di Thiago. «Giulia aveva comprato i vestitini, il corredino – racconta Chiara -. Avrebbe partorito a Milano e miei sarebbero saliti per un mesetto. Qualche giorno prima della morte è stata consegnata la cameretta per Thiago, che conteneva il fasciatoio che avremmo regalato noi. L’abbiamo donata e speriamo che sia un luogo felice per un bambino. Qualche vestito di Thiago è andato alla mia nipotina Giulia, figlia di mio fratello Mario. È bello che in casa si possa ancora domandare “dov’è Giulia?” o “Giulia sta dormendo?”». La nipotina, nata il 2 ottobre, «porta il nome di un angelo, però spero che lei non sia la nipote di una donna uccisa. Deve rappresentare quella gioia e quella leggerezza…».
Sia Chiara, sia Silvia Toffanin, si commuovono nel vedere le immagini di Giulia. «Non riesco a guardare i video in cui lei era felice – spiega Chiara -. Non ho riaperto la nostra chat per riascoltare la sua voce. Adesso so quanto è facile perdere la felicità. La felicità è potere festeggiare il Natale. Invece, per noi non c’è più il Natale. Uso il presente quando la descrivo, dico sempre che io e lei siamo come il vaso e i tulipani, lei è il tulipano in tutta la sua grazia, io il vaso, rigida, dura. Eravamo due opposti, che si completano».
Chiara Tramontano ha scelto di vivere in Olanda. «Non sono scappata – afferma -. Mi sono data una possibilità in un Paese che conoscesse prima me e poi la mia storia. Se non fossi andata in Olanda non avrei avuto la forza per affrontare il processo, per agire lucidamente negli step burocratici. Mi manca la mia famiglia però non ho in mente di tornare». Toffanin le chiede come le piacerebbe che venisse ricordata Giulia. «Se ci fosse una ragazzina che si approccia all’amore, che per un momento ci dimenticassimo di Giulia come la donna trucidata da 37 coltellate. Vorrei una mamma che raccontasse la sua storia, di una donna incinta che ha combattuto per sapere la verità. Lei è morta perché ha creduto che potesse ricominciare, è un esempio di sensibilità e amore per se stessa. Nel momento in cui il suo cuore era rotto, ha ascoltato l’amante del suo uomo. Lei ha pensato che avesse sofferto e che meritasse di essere ascoltata».
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