Il caso esaminato dal Tribunale di Torino concerne alcuni interventi di riqualificazione energetica, affidati a un’impresa edile dal proprietario di una villa unifamiliare. L’impresa incaricata, tuttavia, risultava inadempiente rispetto alla commessa affidata. Tale inadempimento comportava l’esclusione degli interventi ancora da realizzare dal campo di applicazione del Superbonus 110%. Pertanto, il committente ricorreva al Tribunale per ottenere, da un lato, la risoluzione del contratto di appalto stipulato con l’impresa e, dall’altro, un risarcimento per il danno subito a causa dell’inadempimento che, appunto, aveva cagionato la perdita del Superbonus. Infatti, per beneficiarne, è richiesto il completamento di almeno il 30% dei lavori entro il 30 settembre 2022, ma a tale data il cantiere non era neppure stato avviato.
Le giustificazioni fornite dall’impresa, che cercava di spiegare il proprio ritardo citando difficoltà nel raggiungere accordi con i subappaltatori e le presunte continue richieste del committente di modifiche o aggiunte ai lavori, si sono rivelate inefficaci. Come specificato dal Tribunale, con la stipula del contratto di appalto, l’impresa ha accettato di “occuparsi, quale unico referente, dell’intero progetto di riqualificazione energetica”, senza che il comportamento di terzi subappaltatori influisse sull’adempimento.
Inoltre, l’impresa “non ha fornito prove idonee a dimostrare che il ritardo nell’avvio dei lavori e la loro completa non realizzazione fossero dovuti all’atteggiamento poco collaborativo e alle continue modifiche richieste dal committente”.
Con particolare riferimento al riparto dell’onere probatorio, il committente che chiede, in giudizio, l’accertamento dell’inadempimento dell’appaltatore deve dimostrare unicamente l’origine contrattuale degli obblighi, mentre grava sull’appaltatore l’onere di provare di aver adempiuto esattamente ai suoi doveri.
Anche in forza del compendio probatorio fornito, il Tribunale ha deciso di ridurre l’importo del risarcimento richiesto dal committente. Quest’ultimo sosteneva che la perdita della possibilità di accedere al Superbonus al 110% gli avesse causato un danno per perdita di chance, pari all’importo della detrazione che avrebbe potuto ottenere se l’impresa avesse rispettato gli accordi. Il committente ha dimostrato, pertanto, di non poter accedere alla ulteriore detrazione del 90% ancora disponibile, a causa delle limitazioni normative basate sulla tipologia di immobile e sulle condizioni di reddito del richiedente. Tuttavia, come evidenziato dal Tribunale, “non è stata viceversa provata l’esistenza di preclusioni ai bonus nella misura del 65% e del 50%, ipotesi ancora astrattamente percorribili dall’attrice presentando una nuova pratica edilizia ed usufruendo dei correlati benefici fiscali”.
Secondo la ricostruzione del giudice di merito, il committente, in assenza di prove contrarie, può ancora accedere ai bonus ordinari (65% e 50%). Proprio per questo, l’ammontare del danno da risarcire è stato determinato in base alla differenza tra la detrazione che il committente avrebbe avuto diritto di ricevere e quelle disponibili.
Ne consegue che, qualora il ricorrente sia in grado di dimostrare di aver perso la possibilità di accedere a qualsiasi forma di bonus edilizio, potrebbe ottenere un risarcimento integrale.
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