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Superbonus, il peso certificato dalla Corte dei Conti: tasse per 24 anni #finsubito prestito immediato


L’analisi della Corte dei Conti su costi e benefici della misura del superbonus, nella relazione sul PNRR

La Corte dei Conti certifica il peso del superbonus nella relazione semestrale sul PNRR, relativa al primo e secondo semestre del 2024.

Gli obiettivi di risparmio energetico e di emissioni di anidride carbonica sono stati raggiunti e superati ma a caro prezzo.

Nell’analisi costi-benefici il tempo di ritorno per l’investimento è di circa 35 anni.

Il costo per lo Stato, al netto delle maggiori entrate generate dalla misura, porterà a “tasse” per 24 anni.

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Superbonus: obiettivi di efficientamento energetico raggiunti

Nella “Relazione sullo stato di attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”, tra i vari punti affrontati, c’è una valutazione degli effetti del superbonus.

L’aggiornamento di dicembre 2024 prende in considerazione i dati disponibili al 31 ottobre 2024.

Nel complesso gli investimenti si attestano a 112,76 miliardi di euro con oneri per lo stato di 123,24 miliari di euro. Di questi, 13,73 miliardi di euro sono finanziati con fondi del PNRR. Il superbonus rappresenta quindi circa l’11 per cento della spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Nello specifico i Codici Unici di Progetti relativi alla missione M2C3I2.1 si attestano a 60.756.

Nella relazione della Corte dei Conti emergono essenzialmente due dati: il primo è che la misura ha consentito e consentirà di raggiungere i target relativi al risparmio energetico, il secondo è che tali obiettivi saranno raggiunti a caro prezzo per lo Stato.

Come sottolineato nella relazione:

“Il target finale della misura nel PNRR è il completamento della ristrutturazione di edifici per una superficie di almeno 35.800.000 metri quadrati a fine 2025 (17.000.000 a fine 2023), che si traduce in risparmi di energia primaria di almeno il 40 per cento e nel miglioramento di almeno due classi energetiche nell’Attestato di Prestazione Energetica (APE). Il risparmio energetico complessivo è quantificato in 191 Ktep annui.”

Dai dati ReGiS emerge che la totalità dei metri quadrati efficientati si attesta a 17,58 milioni di metri quadrati.

In altri termini il risultato intermedio di 17 milioni a fine 2023 è stato quindi raggiunto, attraverso l’intero ammontare delle risorse PNRR destinate al Superbonus.

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Con buona probabilità, quindi, sarà raggiunto anche l’obiettivo di 35,8 milioni di metri quadri alla fine del 2025, grazie a ulteriori interventi già finanziati per il superbonus.

La stima degli effetti del superbonus è che superi abbondantemente il target di 35,8 milioni, sulla base delle valutazioni effettuate dalla Corte dei Conti che hanno preso in considerazione i dati relativi a condomini, unifamiliari e unità immobiliari funzionalmente indipendenti.

Considerando gli edifici residenziali in Italia, che sia attestano a 12,18 milioni, gli interventi ne hanno interessato circa il 4 per cento.

Nella relazione si legge che:

“Applicando la stessa percentuale al totale della superficie immobiliare adibita a edilizia residenziale, si può stimare che il totale dei metri quadri efficientati ad oggi dal Superbonus si aggiri intorno ai 125 milioni.”

Da un lato, quindi, i target saranno raggiunti e superati. Gli interventi però hanno avuto e avranno un peso non indifferente per le casse dello Stato.

Superbonus: il peso dell’agevolazione certificato dalla Corte dei Conti

Da contraltare al raggiungimento degli obiettivi relativi all’efficientamento energetico c’è il forte impatto della misura sulle Casse dello Stato.

Considerando il costo netto, l’anno di ritorno dell’investimento stimato dalla Corte dei Conti è il 2046.

Come si legge nella relazione, infatti:

“Sotto queste ipotesi, quindi, l’anno di ritorno dell’investimento medio incentivato dal Superbonus si abbasserebbe a circa 24 anni, periodo comunque superiore al tempo di vita medio degli impianti e/o materiali installati.”

In altre parole i costi supererebbero comunque i benefici in relazione agli interventi messi in campo.

In un successivo passaggio del corposo documento viene sottolineato quanto di seguito riportato:

“L’analisi ha rivelato, nel dicembre 2024 Sezioni riunite in sede di controllo complesso, un tempo di ritorno dell’investimento Superbonus abbastanza elevato (circa 35 anni), non coerente con l’orizzonte di vita utile degli interventi incentivati. Tale conclusione trova sostanziale conferma anche considerando un costo per lo Stato al netto delle maggiori entrate fiscali generate dalla misura (circa 24 anni).”

Nell’analisi costi-benefici, i primi hanno quindi un peso non indifferente, che porterà a “dover pagare” gli interventi negli anni a seguire.

Di conseguenza, come sottolineato ancora nella relazione della Corte dei Conti:

“Devono, quindi, ritenersi in linea con gli esiti dell’analisi qui condotta le scelte del Governo di rivedere, in netta riduzione, la portata agevolativa della misura in discorso.”

Il passaggio conferma quindi la necessità per l’esecutivo di mettere in campo misure di riduzione del superbonus e, più in generale, delle agevolazioni edilizie.

Novità a riguardo sono state inserite anche nel testo del DDL di Bilancio 2025, in attesa dell’approvazione finale al termine dell’iter parlamentare.

A questa conclusione si affianca tuttavia un’altra considerazione, che necessità di un’analisi più puntuale delle singole misure.

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Nel testo si legge ancora quanto di seguito riportato:

“Viene, inoltre, in rilievo un’importante eterogeneità, nel rapporto tra costi e benefici, tra i singoli interventi oggetto di incentivazione nel quadro della misura (quali, ad esempio, il c.d. cappotto termico, la sostituzione degli infissi, la sostituzione di impianti, l’installazione di collettori solari, ecc.). La forte eterogeneità di efficienza dell’investimento, quanto ad anni di ritorno, sembrerebbe giustificare uno schema di detrazioni differenziate, che preveda aliquote tanto maggiori quanto più efficiente è l’intervento incentivato.”

Su questo secondo aspetto le misure non sembrano seguire le indicazioni fornite dalla Corte dei Conti in quanto la differenza di aliquote agevolative dipende dalla distinzione sugli edifici nei quali vengono realizzati gli interventi, prime case o altri edifici.

Su questo secondo aspetto c’è quindi il rischio di “appiattire” gli incentivi che saranno riconosciuti, rinunciando a scegliere quelli che dovrebbero essere maggiormente incentivati alla luce dell’analisi costi-benefici della misura.



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