Padrone del palazzo, vende un’area parcheggio, e tra i compratori figurano anche agli affittuari di un esercizio commerciale, ma poi succede qualcosa nella sua testa: forse si pente della vendita, pensa di essere stato “fregato“ e mette in atto una serie di condotte che hanno portato in tribunale.
Da una parte l’imputato, sessantenne di Lavena Ponte Tresa, condannato oggi per “atti persecutori“ e al pagamento di un risarcimento danni. Dall’altra i titolari di un’officina di vendita e assistenza meccanica (padre e figlio, parti civili, avvocato Fabio Fiore) che nella ridente cittadina sul lago di Lugano si sono trovati ad avere a che fare con dispetti, imbrattamenti, e atti ritenuti biasimevoli.
E poi quel comportamento da incubo: l’uomo che rimaneva per ore fermo di fronte alle vetrine, a spiare all’interno del negozio, immobile, peraltro proprio ad occupare il parcheggio che aveva venduto agli affittuari. Qualcosa che potrebbe suonare come bizzarro, curioso, ma a ben pensarci anche inquietante visto l’epilogo di vicende di vicinato e di anomali comportamenti fra conoscenti che più di una volta sfociano in atti violenti.
Le parti offese non hanno denunciato alcunché di aggressivo, sul piano fisico; solo quello strano e ripetuto comportamento che si è insinuato nel tempo, nelle abitudini e in ogni riflesso della vita lavorativa dei due gestori dell’esercizio, tanto da far scoppiare in lacrime in aula il figlio del titolare ascoltato appunto come testimone nel procedimento attivato con una serie di denunce, in tutto una decina, partite nel 2022: per il difensore di parte civile una vera e propria violenza psicologica. Gli imputati hanno raccontato che per evitare il peggio hanno dovuto installare un sistema di videosorveglianza, anche a titolo di deterrenza per evitare il peggio, oggi forse scongiurato con la decisione del giudice monocratico, che ha condannato a un anno l’imputato, pure obbligato civilmente a versare la cifra di 5 mila euro per ciascuna delle parti offese ma con sospensione condizionale della pena perché incensurato.
La tesi difensiva, per contro, era quella di un uomo afflitto da un errore di vendita del posto auto, che non accettava il fatto, e che pertanto andava assolto perché il fatto non costituisce reato, e in subordine di venir giudicato non per stalking bensì per il più “morbido“ reato di esercizio abusivo delle proprie ragioni, tesi rigettata dal giudice.
In seguito alla pubblicazione dell’articolo, le parti offese specificano quanto segue:
Ci teniamo a precisare un paio di cose anche per una corretta informazione:
l’imputato è di Luino e non di Lavena Ponte Tresa;
l’imputato è proprietario ereditario di alcuni immobili nella palazzina;
noi parte offesa abbiamo comprato dall’odierno imputato un immobile nel 2020 in cui mio padre era in affitto dal 1995 pertinenza di esso vi è 1/3 di parcheggio. 2/3 erano già stati acquistati, insieme a due unità immobiliari, da mio padre nel 1995 dalla stessa famiglia dell’imputato;
l’imputato non si è limitato a stare fermo sul piazzale, ma ha aggredito verbalmente più volte nostri clienti il tutto ripreso dalla videosorveglianza;
abbiamo deciso di cedere gli immobili dove ha luogo l’attività con una storia di più di 40 anni e spostarci per non vedere/subire più le vessazioni di questo soggetto.
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