Reggio Emilia La Meta System è un azienda che opera nel settore dell’auto elettrica e fattura circa 250 milioni di euro l’anno. In Italia conta circa 700 dipendenti, divisi tra la sede e il magazzino in appalto a Reggio (450 e 60 lavoratori), e nello stabilimento a Mornago, in provincia di Varese (160). La proprietà è di nazionalità cinese tra cui: Deren Europe Investement Holding (ceo Qiu Yang), gruppo Shenzhen Deren Electronic Co., Ltd, 35,08%; fondo China Alliance Investement Limited (ceo Liang Manchu), 12,58%; fondo Shenzhen Yuan Zhi Fu Hai Renevable Energy Co (ceo Zhang Quanzun), 17,83%; fondo Sichuan Gloport Investement Development Group (ceo Qu De Qui) 34,5%. Il prodotto su cui sono state investite maggiori risorse è un acceleratore di carica per ridurre i tempi delle ricariche delle batterie per auto elettriche, in particolare schede elettriche per batterie di auto elettriche. I suoi principali clienti sono Bmw, Stellantis e Porsche, e la maggior parte della produzione avviene proprio a Reggio Emilia, dove si trova anche il quartier generale con tutti i servizi per l’azienda: in tutto 280 impiegati e 170 operai. Ha un potenziale di ordinativi, che si basa su contratti pluriennali, per circa 2 miliardi di euro. Da quanto è stata acquisita nel 2015, gli attuali proprietari hanno investito quasi 300 milioni di euro, così suddivisi: 87 milioni per acquisizione, circa 150 milioni per “ripiano bilanci”, 15 milioni circa passivo bilancio 2023 (ancora non depositato alla Camera di Commercio) e 30 milioni, probabile passivo conto economico 2024.
E qui passiamo alle note dolenti. L’azienda ha comunicato un debito pari a 72 milioni di euro accumulato al mese di luglio, in crescita fino a probabile 90 milioni a fine anno, verso creditori italiani. Ma non solo, visto che Meta System ha un debito di circa 145 milioni con creditori cinesi, tra cui 114 milioni di euro nei confronti dell’azienda Deren, socia di Meta System. Deren a sua volta avrebbe circa 70 milioni di dollari di debiti nei confronti di altri fornitori cinesi. Per cercare di venire a capo di questa situazione, l’azienda ha fatto domanda di Composizione Negoziata della Crisi (Cnc) al Tribunale Fallimentare di Reggio Emilia, a fronte di un debito dichiarato di 75 milioni di euro e di una posizione finanziaria netta dello stato patrimoniale negativa, con esaurimento delle Riserve e del Capitale Sociale. Come sappiamo, però, il Tribunale ha rifiutato la richiesta di misure protettive seguendo il rapporto del commercialista Bruno Bartoli, scelto come esperto dalla Camera del Commercio di Bologna. Nella relazione, infatti, viene rimarcata l’inesistenza di un piano industriale, l’infondatezza di una soluzione finanziaria di ricapitalizzazione, e comportamenti “border line” dell’amministrazione che avrebbe provato a vendere a Bmw un ramo di impresa senza l’autorizzazione del potenziale acquirente con cui era stato firmato un accordo di vendita di azioni dell’azienda (52%) e cessione del controllo. L’azienda, però, ha messo in moto da diversi mesi un’azione di salvataggio. A luglio l’assemblea dei soci aveva comunicato l’esistenza di un contratto di ricapitalizzazione oltre che l’ingresso in società di un quarto fondo, per un valore di 175 milioni di euro – pari al 52% delle azioni – che avrebbe dunque preso il controllo dell’impresa. Tale fondo dovrebbe essere anch’esso di origine cinese, Harvest Fund Management. L’accordo stipulato con Meta System aveva previsto la ricapitalizzazione entro il 15 settembre scorso, data alla quale non è stato concluso il contratto. Secondo quanto trapela, è attualmente in corso negoziato con il nuovo investitore per acquisizione dell’azienda, e che Meta abbia avuto contatti con altri potenziali acquirenti in caso di mancato accordo con il fondo Harvest. A fine settembre, però, Meta e il fondo, molto probabilmente Harvest stesso, hanno depositato richiesta di autorizzazione al governo in materia di “Golden Power”. E questa richiesta è stata accolta. . © RIPRODUZIONE RISERVATA
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