Lo sciopero a oltranza dei 220 lavoratori dello stabilimento di Cologno Monzese, in larga parte ingegneri e quadri tecnici: «Hanno dichiarato 60 esuberi, non ci pagano da due mesi. E chi aveva altre offerte se ne è andato»
Fino a pochi giorni fa, l’ultima busta paga ricevuta era quella di settembre. Poi, a metà di questa settimana, ad alcuni è arrivato anche il cedolino di ottobre. Ma nel frattempo i 220 lavoratori della Sm Optics di Cologno Monzese avevano già deciso di proclamare sciopero a oltranza. E a incrociare le braccia è una popolazione composta quasi interamente da ingegneri e da quadri tecnici qualificati.
La Sm Optics, infatti, è un’azienda ad alta tecnologia che fa ricerca, sviluppo e assistenza nell’ambito delle trasmissioni ottiche, le cosiddette autostrade dei dati. È nata undici anni fa dalla più grande Siae Microelettronica, che la controlla all’85 per cento e che non se la sta passando meglio. Una lunga fase di crisi che si sta traducendo in dichiarazioni di esuberi e scricchiolii operativi, a partire dai ritardi nei pagamenti degli stipendi.
Per entrambe le aziende è aperto un tavolo sindacale al ministero delle Imprese, mentre circolano voci di acquirenti francesi o cinesi. Intanto i supertecnici della Sm Optics devono tirare avanti senza stipendio, o quasi. I ritardi nei pagamenti sono iniziati nell’agosto 2023: problemi nei flussi di cassa, ha spiegato l’azienda, riverberi della crisi che ha colpito anche la società controllante, ma il risultato è la perdita di pezzi di mercato e di figure specializzate. «Chi aveva altre offerte se n’è andato — racconta Elena Pozzoli, ingegnere del software, coordinatrice di un team di sviluppatori e rappresentante sindacale dei suoi colleghi — quindi soffriamo anche un pericoloso svuotamento di competenze e questa è un’azienda di interesse strategico nazionale».
Tuttavia, in uno slalom tra cassa integrazione e contratti di solidarietà, si continua a lavorare. A far saltare il fragile equilibrio, spiega l’ingegnera-sindacalista, «sono state le promesse disattese, gli impegni non mantenuti: noi siamo stati collaborativi, abbiamo dato fiducia all’azienda quando ci ha assicurato che gli stipendi sarebbero stati versati a una data successiva, che poi non è stata rispettata». Non solo: «Non hanno neanche fatto i versamenti per il fondo pensioni, pur avendo eseguito le trattenute. Quindi fungiamo noi da banca», racconta Mario Bresciani, quadro tecnico di 60 anni (e due figli), che non si rassegna all’idea che «un’azienda così possa trovarsi in questa crisi».
Di fronte all’inaffidabilità delle comunicazioni aziendali e alla dichiarazione di 60 esuberi, gli ingeneri e i tecnici riuniti in assemblea sul piazzale hanno votato per lo sciopero a oltranza. Ma come si vive senza poter contare sulla certezza che a fine mese arrivi lo stipendio? «Gli effetti non si sentono nel breve periodo — spiega Pozzoli, separata con due figli — ma già guardando al medio periodo qualche preoccupazione c’è. Diciamo che per il momento pospongo tutti i miei bisogni a quelli dei figli, compresa qualche spesa medica. Ma so bene che i poveri sono altri, purtroppo».
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