Il governo ha fissato una serie di incentivi all’occupazione, riconoscendo alle aziende un esonero sui contributi previdenziali, e percorsi di politica attiva
Il governo ha fissato una serie di incentivi all’occupazione, riconoscendo alle aziende un esonero sui contributi previdenziali e tracciato dei percorsi di politica attiva per l’occupazione. Scopriamo assieme quali sono quelle previste nel 2025 e quali scompariranno, invece, il prossimo anno.
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L’indennità di disoccupazione
Le indennità di disoccupazione spettano subito dopo la perdita, involontaria, del lavoro e variano per settore e tipologia del contratto mentre vengono definite “politiche attive” percorsi di orientamento e formazione al lavoro organizzati da centri per l’impiego, agenzie per il lavoro o centri di formazione, che in alcuni casi prevedono un sostegno economico. La Naspi, prevista per i lavoratori subordinati che hanno accumulato almeno 13 settimane contributive negli ultimi 4 anni, è pari a un’indennità del 75% dello stipendio medio percepito, entro un massimo di 1.425,21 euro, più il 25% per la parte residua fino ad arrivare al massimo a 1.550,42 euro. La Naspi viene erogata per un periodo pari alla metà delle settimane contributive maturate negli ultimi 4 anni con un massimo di 24 mensilità ma si può pagare in un’unica soluzione (una possibilità concessa a coloro che si mettono in proprio). Per i collaboratori coordinati e continuativi (cosiddetti co.co.co), in caso di cessazione di una o più collaborazioni, assegnisti e dottorandi di ricerca con borsa di studio che abbiano maturato almeno un mese di contribuzione nella Gestione Separata Inps, il calcolo dell’importo è simile a quello della Naspi, con gli stessi massimali, senza tener conto dello stipendio percepito ma del reddito imponibile a fini previdenziali risultante dai versamenti contributivi effettuati nell’anno solare in cui si è verificato l’evento di cessazione del lavoro e in quello solare precedente, diviso per il numero di mesi di contribuzione.
Erogato da FormaTemp, il Sostegno al reddito (Sar) spetta a lavoratori disoccupati che hanno avuto contratti di somministrazione. Per ottenerlo bisogna essere disoccupati da almeno 45 giorni, aver maturato almeno 110 giorni di lavoro oppure 45 giorni da quando si conclusa la procedura MOL (Mancanza di Occasioni di Lavoro). In questa circostanza, spetta un bonus di mille euro, che si riduce a 780 euro a coloro che sono disoccupati da almeno 45 giorni e hanno maturato almeno 90 giorni di lavoro nell’ultimo anno.
Per i lavoratori agricoli dipendenti è prevista una misura specifica per un numero di giornate pari a quelle lavorate. L’indennità di disoccupazione agricola, però, si può ottenere solo in caso di iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dipendenti, due anni di anzianità nell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria e almeno 102 contributi giornalieri nel biennio. L’importo è pari al 40% della retribuzione di riferimento, con la trattenuta del 9% a titolo di contributo di solidarietà.
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L’assegno di inclusione
Tra gli aiuti, va menzionato anche l’assegno di inclusione, che ha preso il posto del vecchio reddito di cittadinanza. Questo aiuto spetta però, solo alle famiglie in cui c’è almeno un componente disabile, minore, over 60 o una persona assistita da un programma di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali. Questo significa che non basta più essere disoccupati per ottenere l’aiuto, come succedeva, invece, per il reddito di cittadinanza.
Oltre l’assegno di inclusione c’è anche il Supporto formazione lavoro: se si ha un Isee inferiore a 6mila euro e si è nella condizione di poter lavorare è previsto un percorso che parte dalla sottoscrizione del patto di servizio personalizzato con il centro per l’impiego e si sviluppa con la partecipazione a una serie di iniziative di formazione e orientamento. Per tutto il periodo di partecipazione alle suddette attività, e comunque per un massimo di 12 mensilità, spetta un bonus del valore di 350 euro che, a differenza dell’assegno di inclusione, viene pagato alla singola persona.
Il congedo matrimoniale
Il congedo matrimoniale è valido per coloro che nei 90 giorni che precedono il matrimonio o l’unione civile hanno lavorato per almeno 15 giorni alle dipendenze di aziende industriali, artigiane o cooperative. In questo caso spetta un’indennità sostitutiva del congedo matrimoniale con importo variabile a seconda del settore lavorativo e della qualifica (ad esempio per gli operai è pari a 7 giorni di retribuzione). In caso di malattia certificata dal medico entro i 60 giorni dalla cessazione del contratto da lavoro dipendente spetta un’indennità pari al 50% della retribuzione media giornaliera tra il 4° e il 20° giorno e pari al 66,66% dal 21° al 180° giorno.
Da considerare anche il congedo di maternità: anche alle disoccupate spetta un’indennità sostitutiva del congedo di maternità obbligatorio della durata di 5 mesi a patto che dalla sospensione del lavoro e l’inizio del congedo siano trascorsi non più di 60 giorni. Ne può beneficiare anche se, in alternativa, risulta titolare di Naspi. Spetta anche alle lavoratrici impiegate in settori in cui non è dovuto il contributo contro la disoccupazione involontaria, che negli ultimi 2 anni possono vantare almeno 26 contributi settimanali e hanno iniziato il periodo di congedo con una distanza di massimo 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro.
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