Dovevano servire a risollevare l’occupazione e l’industria con progetti di sviluppo. E invece a distanza di cinque anni dei soldi messi a disposizione per l’area di crisi industriale complessa di Torino per il biennio 2020/21 ne sono arrivati alle imprese richiedenti poco più di 30 su oltre 90 milioni di euro di agevolazioni richieste. E’ quanto emerge dal report elaborato dalla Cgil di Torino su dati di Invitalia in riferimento ai finanziamenti approvati.
Esiguo il numero di imprese che ha presentato domanda: 24, per 93 milioni di agevolazioni richieste. Di cui approvate, a dicembre 2024, dieci per 32 milioni. Restano ancora disponibili oltre 130 milioni dei 165 milioni di euro totali stanziati dal governo, dalla regione e una minima parte dalla camera di commercio.
In pratica il finanziamento lo hanno chiesto in pochi e ottenuto ancora in meno. Perché la misura sia stata usata così poco è la domanda che viene spontanea guardando i numeri. Su questo il sindacato Cgil ha ha realizzato uno studio dettagliato.
La domanda della Cgil è se questo sia lo strumento giusto per questo territorio, dal momento che non ha prodotto l’occupazione che ci si aspettava e non ha supportato le imprese nella transizione tecnologica. Se si guarda poi all’eterogeneità delle imprese che hanno fatto domanda.
Per la Cgil riconoscere un chiaro disegno strategico è difficile dal momento che esse appartengono a settori piuttosto eterogenei. E le conclusioni sono anche peggiori se si guarda ai posti di lavoro. Il costo medio di un occupato con la misura è infatti di 142mila euro, quasi tre volte il costo medio del lavoro procapite annuo.
Intervista a Elena Ferro, segretaria Cgil Torino
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