Queste le motivazioni: «Il racconto della vittima ascrivibile all’esigenza di voler apparire». Il legale della famiglia: «Sentenza scioccante»
«Il racconto della violenza sessuale subita dal suo allenatore, così come fatto dalla vittima, all’epoca 14 anni e un mese, giovane promessa del nuoto, è ascrivibile alla esigenza di voler apparire». È uno dei passaggi chiave delle motivazioni della sentenza di assoluzione di Orazio Ragusa, 28 anni, coach della squadra «Unione nuoto Friuli» ai campionati italiani del 2021. «Una sentenza scioccante per la famiglia della ragazza nell’articolazione delle motivazioni, perché mette sotto accusa Carlotta» (nome di fantasia, ndr), afferma l’avvocato Stefano Comand, che assiste i genitori della giovane, oggi 17 anni, parte civile nel processo. L’episodio contestato risale al 10 agosto di tre anni fa. Carlotta, prima alla psicologa e poi in incidente probatorio, racconta che Ragusa l’ha convocata nella stanza d’albergo e che l’ha molestata dopo averla fatta stendere sul letto. Parole che convincono il pm, in abbreviato, a chiedere tre anni per l’allenatore. Il gup, però, giudica che sia impossibile provare la responsabilità penale dell’imputato, sottolineando il quadro probatorio «farraginoso e claudicante dell’inchiesta».
La vittima considerata non attendibile
L’intera motivazione della sentenza esprime i dubbi del giudice sulla ricostruzione della vicenda. «Un’amica e la vice allenatrice (di Carlotta, ndr) – si legge nel provvedimento – hanno riferito della condotta della ragazza la quale è avvezza a ingigantire e a voler essere al centro dell’attenzione, a raccontare vere o finte relazioni sessuali davanti a tutti al fine di attirare l’attenzione». Aggiunge il gup: «Non stupisce la circostanza che il racconto si sia soffermato su parti intime e contatti tipici dei rapporti sessuali che solitamente bambini o adolescenti ignorano, perché la giovane aveva già avuto rapporti sessuali, ragion per cui si era recata con la mamma al consultorio».
La reazione debole della madre
E ancora: «Altro formidabile riscontro alla personalità di Carlotta la offre proprio la madre, la quale apprende del fatto molto tempo dopo e lo sminuisce, «si vede che ha un debole per te», reazione assolutamente fuori luogo laddove la donna avesse davvero creduto alla violenza subita dalla figlia». Chiude il giudice: «Non vi è una sola deposizione in atti, neanche e soprattutto quella della persona offesa, che deponga per un giudizio di attendibilità della ragazza». Anche il procedimento disciplinare a carico di Ragusa si è concluso con l’esclusione della sua responsabilità. La Procura sta valutando se impugnare la sentenza del gup.
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