Da mero strumento deflativo quale filtro alla domanda giudiziale, diviene un percorso più facile, adeguato e diverso di accesso alla giustizia in una prospettiva attuativa del pieno sviluppo della persona nel momento della crisi della relazione che sorge nella comunità di cui è partecipe
Con la recente riforma il legislatore ha profondamente innovato il modello dell’incontro di mediazione. Lo schema basato sul primo incontro sostanzialmente gratuito e per lo più orientato all’informazione delle parti introdotto con la riforma del 2013 a distanza di dieci anni necessitava infatti di un ripensamento in chiave evolutiva nella ricerca di quell’equilibrio con la giurisdizione indicato sin dal 2008 dalla Direttiva n. 52/2008.
I tempi erano maturi per una radicale revisione del modello italiano di mediazione in una prospettiva assiologica costituzionalmente orientata non in modo ancillare al processo, quanto valorizzando il fondamentale ruolo della mediazione quale strumento di coessenziale alla gestione dei conflitti delle persone e, per ciò stesso, rafforzando le basi di un sistema poliedrico della giustizia civile.
La mediazione non più quale metodo subalterno e perciò meramente “alternativo” alla giurisdizione, quanto il cardine di una giustizia consensuale in chiave fiduciaria e di coesione sociale.
La mediazione evolve così da mero strumento deflativo quale filtro alla domanda giudiziale, divenendo un percorso più facile, adeguato e diverso di accesso alla giustizia in una prospettiva attuativa del pieno sviluppo della persona nel momento della crisi della relazione che sorge nella comunità di cui è partecipe. Un percorso nel quale le persone (fuori dai vincoli della “parte processuale”) sono chiamate a partecipare in attuazione di doveri solidaristici, per dialogare costruttivamente nel reciproco rispetto tentando di ricucire quel tessuto sociale lacerato dal conflitto.
Le persone coinvolte diventano in tal modo protagoniste del confronto effettivo che si svolge al tavolo della mediazione con l’assistenza degli avvocati, tutti guidati da un mediatore, professionista adeguatamente formato, imparziale ed indipendente, alla ricerca di spazi utili al raggiungimento di un accordo amichevole, sano e duraturo.
Il legislatore per la prima volta chiede alle parti di sedere al tavolo negoziale responsabilmente cooperando con buona fede e lealtà nel rispetto reciproco al fine di ricercare soluzioni soddisfacenti per tutti. Non una sede di cieco e inutile antagonismo pre-processuale, ma una occasione di pacifico confronto orientato alla ricerca di un terreno comune utile alla composizione sostenibile degli interessi.
In tal senso, le nuove norme e l’intero sistema innovato dalla riforma mirano a trasformare l’approccio al conflitto non soltanto riscrivendo il modello dell’incontro di mediazione, ma incentivandone l’utilizzo e ponendo un preventivo obbligo in una serie di liti nelle quali appare utile e opportuno sperimentare preventivamente l’incontro mediativo prima che il conflitto si incardini dinanzi al giudice allontanando inevitabilmente tale possibilità.
Per poter misurare l’impatto della nuova disciplina occorrerà attendere non soltanto che l’intero sistema vada a regime (incluso l’adeguamento dei mediatori e degli organismi di mediazione in base ai nuovi standard), ma anche il trascorrere del tempo necessario perché le novità introdotte possano radicarsi in maniera diffusa orientando le prassi. Occorrerà quindi del tempo perché anche grazie al consolidarsi di buone pratiche possano apprezzarsi i risultati sperati e non soltanto dal punto di vista quantitativo, ma anche e soprattutto da quello qualitativo.
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