Le cartelle esattoriali si possono annullare anche senza prescrizione o rottamazione. Esiste una vecchia regola, non troppo conosciuta, che sfrutta il silenzio assenso. Una procedura che non è stata molto pubblicizzata, anche se in vigore da molti anni, che permette ai cittadini di chiedere l’annullamento delle cartelle nel caso l’amministrazione tributaria non fornisca una risposta entro un determinato limite di tempo.
Nel caso una cartella esattoriale richieda un pagamento non dovuto o illegittimo, il cittadino ha tutto il diritto di tutelarsi. Non deve essere presa come una novità fiscale visto che si tratta di una norma in vigore da oltre un decennio, ma di cui la maggior parte dei contribuenti non è a conoscenza.
La norma in questione, che riguarda il silenzio-assenso, è stata introdotta dalla legge 228 del 24 dicembre 2012, periodo in cui imperversavano le cosiddette “cartelle pazze”, per dare una tutela in più al contribuente che vuole sospendere in maniera tempestiva gli effetti di una cartella esattoriale illegittima. Successivamente, alla disciplina sono state apportate modifiche grazie al decreto legislativo 159 del 2015.
Qualsiasi contribuente che ritiene di aver ricevuto una cartella illegittima o di aver subito un’azione cautelare o esecutiva che non fonda le sue basi su una cosa reale, può sospendere immediatamente gli effetti della cartella o dell’azione inviando un’istanza all’agente della riscossione.
Sospensione riscossione con istanza
A delineare la sospensione delle cartelle grazie al silenzio assenso è il comma 537 dell’articolo 1 della legge 228 del 2012, entrata in vigore dal 1° gennaio 2013.
In questo comma è previsto che l’ente di riscossione è tenuto a sospendere qualsiasi iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo, qualora il debitore presenti un’istanza in cui includa la richiesta di sospensione della riscossione, specificando anche le motivazioni che portano alla presentazione e allegando la documentazione a supporto.
Inizialmente la norma produceva la sospensione immediata della riscossione, già solo per l’istanza inviata. Con le modifiche apportate dal 22 ottobre 2015, invece, la sospensione non si produce più, ma resta la possibilità di vedere annullate le cartelle esattoriali.
La regola del silenzio assenso che annulla le cartelle esattoriali
Una volta che il cittadino ha presentato l’istanza (entro 60 giorni dalla notifica dell’atto) l’agente di riscossione deve trasmetterla all’ente creditore entro 10 giorni. Quest’ultimo entro 220 giorni dalla dichiarazione del debitore deve fornire una risposta che confermi che la documentazione prodotta sia corretta o errata. La risposta in questione deve pervenire al debitore e all’ente di riscossione e deve prevedere lo sgravio del debito o la ripresa dell’attività di riscossione.
A essere particolarmente importante per l’annullamento delle cartelle è il comma 540 che recita:
In caso di mancato invio, da parte dell’ente creditore, della comunicazione prevista dal comma 539 e di mancata trasmissione dei conseguenti flussi informativi al concessionario della riscossione, trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite di cui al comma 537 sono annullate di diritto e quest’ultimo è considerato automaticamente discaricato dei relativi ruoli. Contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore i corrispondenti importi. L’annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli elencati al comma 538 ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito
Se l’ente creditore, quindi, non fornisce una risposta all’istanza del debitore entro 220 giorni i debiti coinvolti dalla procedura sono annullati ed è previsto il discarico automatico degli stessi.
Una norma a tutela dei contribuenti
Si tratta di una norma poco conosciuta, ma dalla portata profondamente cautelare nei confronti del contribuente. Il comma 540, infatti, impone all’agente di riscossione di rispettare il termine dei 10 giorni per comunicare l’istanza all’ente creditore che, a sua volta, deve rispettare limiti temporali ben precisi per rispondere al cittadino
La cosa fondamentale che va compresa è che l’annullamento dell’atto opera sia che il contribuente abbia fornito motivazioni corrette per non saldare il debito, sia che le motivazioni siano errate. A produrre l’effetto dell’annullamento dell’atto, infatti, non è che questo sia illegittimo, ma il fatto che l’ente creditore non abbia fornito una risposta entro i 220 giorni limite ed in questo caso, per la regola del silenzio-assenso il debito viene cancellato.
Una vecchia norma “innovativa”
Come abbiamo detto, si tratta di una norma che ha, ormai, più di un decennio (ed è stata introdotta per contrastare quelle che sono state definite “cartelle pazze”) è più attuale che mai visto che ha modificato il rapporto tra cittadini ed enti impositori, imponendo a questi ultimi di rispondere in termini fissati e imprescindibili alle istanze presentate dal presunto debitore, pena la cancellazione del debito.
Facciamo un esempio pratico per comprendere pienamente la portata di questa norma.
Se un cittadino riceve una cartella esattoriale con cui si richiede il pagamento di imposte che, erroneamente, ritiene prescritte. Il cittadino, pensando di essere nel giusto, presenta istanza per la cancellazione del debito.
Solo l’aver presentato l’istanza (anche se basata su convinzioni sbagliate) produce l’effetto di sospende qualsiasi azione fino a quando l’Agenzia delle Entrate Riscossione non risponde al contribuente.
Nel caso, però, la risposta non arrivasse entro 220 giorni si avrebbe anche la cancellazione del debito contenuto nella cartella.
La regola del silenzio assenso in questo frangente, quindi, obbliga l’Agenzia delle Entrate Riscossione a rispondere a qualsiasi istanza dei contribuenti per non perdere, eventualmente, il diritto di pretesa su crediti legittimi.
Prima del 2013, va sottolineato, il contribuente non aveva la possibilità di fermare le azioni esecutive dell’agente di riscossione, ma poteva solo chiedere, eventualmente, un risarcimento dei danni.
In quali altri casi si può non pagare la cartella esattoriale?
Il contribuente può rivolgersi anche alla Corte di Giustizia Tributaria per chiedere l’annullamento della cartella esattoriale, ma può farlo presentando ricorso entro 60 giorni dalla notifica. Se il pagamento potrebbe comportare gravi danni per il contribuente, in attesa che la Corte di pronunci sul ricorso, può essere presentata alla stessa Corte anche una richiesta di sospensione giudiziale della cartella.
Se la sospensione è concessa, in attesa del ricorso il contribuente può non pagare. Ma attenzione, se poi il ricorso è respinto sarà necessario pagare anche gli eventuali interessi maturati durante il periodo di sospensione.
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