Le tendenze che hanno interessato l’economia italiana nel corso del 2024 hanno determinato un graduale miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie.
Innanzitutto, il quadro è cambiato dal lato dell’inflazione. Il processo di rientro si sta consolidando ormai da diverso tempo anche se con velocità differenziate per le diverse voci di spesa. Rimane più elevata la dinamica dei prezzi dei servizi, mentre hanno decelerato in misura più marcata i prezzi dei beni, specialmente quelli energetici. D’altra parte, si sono registrati nel corso degli ultimi mesi nuovi rialzi nella dinamica dei prezzi alimentari (+3,2% a novembre) anche se concentrati prevalentemente nella componente del fresco, che presenta tipicamente una variabilità piuttosto accentuata in risposta anche a fattori di carattere climatico.
L’inflazione di fondo (che non considera l’andamento della componente energetica e dell’alimentare non trasformato) si è recentemente portata al di sotto del 2%.
Il secondo andamento favorevole è stato registrato sul versante dell’occupazione. Anche nei dati più recenti, il numero di occupati ha continuato a crescere rispetto ai livelli già elevati registrati nella prima parte dell’anno, e il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi storici (5.8% a ottobre).
Infine, l’anno è stato caratterizzato anche da una crescita delle retribuzioni. Da quest’anno, infatti, i salari hanno iniziato ad accelerare, dato che i rinnovi dei contratti collettivi stanno iniziando a tenere conto dell’elevata inflazione registrata negli anni passati. Secondo i dati Istat, nel mese di ottobre le retribuzioni contrattuali sono aumentate del 3,7% rispetto ad ottobre dello scorso anno. Le retribuzioni nette, inoltre, sono state favorite anche dal taglio del cuneo sui contributi fiscali, che verrà reso strutturale a partire dal prossimo anno. La dinamica dei salari, d’altra parte, risulta ancora insufficiente a compensare interamente gli effetti dell’inflazione, e il recupero dei salari reali, quindi, è stato solo parziale rispetto alle perdite subite negli anni passati. Il costo del lavoro particolarmente basso in termini reali, d’altra parte, è uno dei fattori che hanno favorito l’andamento positivo dell’occupazione negli ultimi anni.
Rientro dei prezzi, occupazione in aumento e salari in ripresa hanno quindi determinato una crescita del potere d’acquisto delle famiglie nel corso dell’anno. Tale recupero, tuttavia, sembra non aver ancora innescato una decisa ripresa nel ciclo dei consumi, che solo recentemente ha iniziato a mostrare dei primi segnali positivi.
I dati di contabilità nazionale recentemente diffusi dall’Istat e riferiti al terzo trimestre dell’anno evidenziano una crescita dell’1,4% dei consumi delle famiglie rispetto al trimestre precedente. Tale crescita, d’altra parte, potrebbe anche rispecchiare un cambiamento delle abitudini di consumi, che avrebbero indotto a spostare la spesa al periodo estivo a seguito dell’aumento dell’incidenza dei consumi turistici nella struttura della spesa, e a scapito della domanda del periodo invernale.
I primi dati riferiti ai mesi finali dell’anno, difatti, mostrano andamenti che si mantengono ancora deboli: nel mese di ottobre l’indicatore del volume delle vendite al dettaglio, si è contratto dello 0,1% rispetto alla media del terzo trimestre. Anche le immatricolazioni di auto non mostrano ancora segnali di ripresa.
L’aumento del reddito disponibile delle famiglie, accostato ad un andamento ancora debole del ciclo dei consumi, ha quindi determinato una crescita del tasso di risparmio nel corso dell’anno, segno che molte famiglie hanno dato priorità a ricostituire un adeguato flusso di risparmio, in parte sacrificato negli anni precedenti per fare fronte ai rincari dei prezzi. Inoltre, su questo aspetto potrebbe avere inciso anche l’instabilità politica a livello internazionale e l’incertezza dei consumatori circa le prospettive economiche. Nel corso dei prossimi trimestri, d’altra parte, la propensione al risparmio potrebbe stabilizzarsi, anche per effetto dell’inizio di una fase di discesa dei tassi d’interesse.
Le indagini congiunturali condotte dall’Istat presso le famiglie permettono di valutare la percezione circa il quadro economico appena descritto. In generale, l’indice composito del clima di fiducia dei consumatori è in ripresa rispetto ai minimi toccati a fine 2022. Da una parte, è in aumento il saldo relativo al giudizio circa l’adeguatezza del bilancio familiare, ma dall’altra sono peggiorate, nei dati più recenti, le aspettative circa la situazione economica generale. Negli ultimi mesi si è registrato un aumento anche nel saldo relativo ai timori di disoccupazione da parte delle famiglie, segno che c’è la percezione di un rallentamento del mercato del lavoro. Tale rallentamento, del resto, emerge anche dalle survey presso le imprese, che segnalano aspettative di assunzione in riduzione ormai da diversi mesi, una tendenza del resto coerente col rallentamento dell’attività economica osservato negli ultimi trimestri.
Figura 1 – Inflazione e retribuzioni contrattuali / Figura 2 – Clima di fiducia dei consumatori Fonte: elaborazioni REF Ricerche su dati Istat ed Eurostat, dicembre 2024
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