“Prezzi troppo alti, un mercato degli affitti tradizionali ormai bloccato e svuotato”. Questa è la sintesi del lavoro della conferenza stampa organizzata dalla Cgil Bologna insieme a Sunia e Federconsumatori dal titolo ‘Trasparenza e sicurezza negli affitti brevi e turistici a Bologna’.
Come ricorda il sindacato, secondo i dati della piattaforma Housing Anywhere Bologna è “recentemente entrata nelle cronache nazionali (e non solo) per lo sgradevole primato nella classifica delle città europee con il maggior aumento del prezzo delle locazioni in un solo anno: +20,2% rispetto al 2023 per l’affitto di un monolocale”. Più di Parigi, per dire.
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Il motivo è facilmente riconducibile al turismo usa e getta, dovuto al fatto che Bologna è diventata una delle mete più gettonate delle compagnie aree low cost. “Secondo Confabitare sono ben oltre 4 mila gli appartamenti oggi destinati ad alloggi turistici nel capoluogo emiliano – scrive la Cgil –. Ad essere penalizzati, in una città a forte vocazione universitaria, sono innanzitutto gli studenti che da tempo denunciano una situazione divenuta insostenibile, invocando misure per arginare i rincari, rendendo accessibili i costi delle abitazioni e implementando gli studentati pubblici. Ma la condizione è assolutamente critica anche per le famiglie di lavoratori e pensionati, alla disperata ricerca di appartamenti in affitto a prezzi calmierati, come era emerso chiaramente anche dalla inchiesta sociale sui costi della città, promossa nei mesi scorsi dalla Cgil insieme ad altre associazioni che compongono la ‘via maestra’, con una percentuale altissima di persone intenzionate a rinunciare al progetto abitativo su Bologna”.
Nell’analisi del sindacato, che ha studiato 90 strutture – 65 in centro e 25 nei quartieri più periferici – emerge come solamente l’8,88% delle strutture sia dotato di tutti i dispositivi di sicurezza. Tra le 90 strutture, solo il 47,7% è in possesso del CIN o del CIR (rispettivamente Codice identificativo nazionale e Codice identificativo di riferimento, due codici che costringono gli esercizi disposti per gli affitti brevi ad alcuni obblighi di sicurezza). Fuori dal centro storico, solamente il 23% ha uno di questi codici, mentre nessuna camera in affitto ne è provvista.
“L’allarme antincendio (non obbligatorio) è presente nel 37,5% degli immobili gestiti da professionisti e nel 15% di quelli gestiti da privati – continua il rapporto del sindacato –. Nel complesso ci si attesta al 26%. Rispetto agli estintori, nel complesso, sono presenti nel 25% degli immobili gestiti da professionisti e in appena il 12,5% di quelli gestiti da privati. Nel complesso ci si attesta al 19%. Rispetto ai rilevatori di monossido e gas sono presenti nel 32,5% dei professionisti e appena nel 9% di quelli privati, per un dato complessivo del 20%. Gli immobili che dichiarano di essere perfettamente in regolari su tutti i fronti rilevati sono soltanto 5 (4 professionali, 1 privato), vale a dire il 5,55% del complesso”.
Il comunicato della Cgil Bologna si chiude con il rinnovato appello ad una “legge nazionale che consenta di regolamentare il settore degli affitti brevi, fornendo poteri reali ai Comuni, come da tempo gli stessi richiedono”.
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