Smantellata una centrale del “pezzotto” a Napoli
Vasta operazione del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, in sinergia con il Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche di Roma, che ha portato alla luce un caso di pirateria informatica che ha coinvolto una centrale IPTV illegale con sede nel capoluogo campano. L’operazione ha consentito di smantellare un’organizzazione dedita alla trasmissione non autorizzata di palinsesti, serie televisive e altri contenuti d’intrattenimento provenienti dalle principali piattaforme di streaming.
Una centrale IPTV illegale è una centrale che trasmette contenuti televisivi e di intrattenimento senza autorizzazione, utilizzando la tecnologia IPTV (Internet Protocol Television). Queste centrali trasmettono illegalmente palinsesti, serie televisive e altri contenuti delle principali piattaforme di streaming sul web e sui social network.
Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Silvio Pavia e dal procuratore aggiunto Alessandro Milita, hanno rivelato una struttura criminale ben organizzata. Il promotore dell’associazione a delinquere aveva messo in atto un sistema di distribuzione di contenuti illeciti – pezzotto – su diverse piattaforme, inclusi web e social network, attirando migliaia di clienti attraverso l’offerta di un servizio a pagamento. Per soli 10 euro al mese, o 80 euro all’anno, l’organizzazione è riuscita a conquistare un vasto pubblico, incassando – in soli 4 anni – oltre 850mila euro.
Coinvolti 6mila utenti
Dall’operazione è emerso non soltanto il guadagno economico dell’attività illecita, ma anche il lato più oscuro della criminalità, legato alla commercializzazione di contenuti pedopornografici. Gli investigatori hanno infatti scoperto che il “pirata” non si limitava alla sola trasmissione di opere audiovisive, ma gestiva anche una chat privata in cui venivano messi in vendita video e foto pedopornografici, sempre a pagamento.
Le indagini hanno utilizzato un’innovativa attività di analisi forense per confrontare le tracce informatiche presenti sui filmati dei minori con i codici hash già classificati come materiale pedopornografico a livello internazionale. Durante le perquisizioni, sono stati sequestrati una sala server abusiva, moderni apparati informatici per generare valute virtuali e sostanze stupefacenti derivate dalla cannabis, prodotte in una serra indoor attrezzata con irrogatore, luci e termostato. La serra era situata negli stessi locali adibiti a centrale IPTV.
Le indagini sono state coordinate dalla sezione di Criminalità economica della Procura della Repubblica di Napoli.
Il numero degli utenti coinvolti nella vicenda è ida capogiro: circa 6.000 persone sono state individuate come fruitori dei servizi offerti dall’organizzazione criminale, e per loro saranno comminate sanzioni amministrative che variano tra i 150 e i 5.000 euro. Le modalità di pagamento utilizzate da questi utenti sono state diverse: molti di loro hanno effettuato transazioni sia su conti correnti italiani che esteri, mentre duemila avrebbero utilizzato criptovalute, versando i pagamenti su 64 wallet digitali attualmente bloccati.
Tre misure cautelari
A seguito delle indagini, sono state adottate misure cautelari nei confronti di tre individui coinvolti nella gestione della centrale IPTV. In particolare, il promotore è stato arrestato e condotto in carcere, mentre i suoi due complici sono stati sottoposti a obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.
Le perquisizioni messe in atto nelle abitazioni dei membri dell’organizzazione hanno portato al sequestro di un consistente numero di prove. Tra queste, sono stati rinvenuti circa 1.600 contenuti pedopornografici, commercializzati attraverso la piattaforma di messaggistica istantanea di WhatsApp.
La pirateria informatica sempre più diffusa
La questione della pirateria informatica, in particolare nel contesto delle piattaforme di streaming, è diventata un fenomeno globale che merita attenzione e interventi tempestivi. Le attività di questo tipo non danneggiano soltanto le aziende che investono considerevoli risorse nella creazione di contenuti di qualità, ma minano anche le basi dell’equità del mercato. Inoltre, non va sottovalutato l’aspetto legato alla distribuzione di contenuti pedopornografici, che richiede un intervento coordinato a livello internazionale.
Il caso di Napoli rappresenta un campanello d’allarme per le istituzioni italiane e per l’intera comunità internazionale. È fondamentale che vengano implementate politiche più incisive contro la pirateria e che le forze dell’ordine collaborino in modo più stretto per affrontare le nuove tecnologie utilizzate da questi gruppi criminali. La necessità di educare la popolazione riguardo ai rischi associati alla pirateria e alla fruizione di contenuti illeciti è altrettanto cruciale. Le conseguenze per coloro che partecipano a tali attività non riguardano solo aspetti legali, ma includono anche ripercussioni morali e sociali.
La pirateria informatica è un crimine che richiede un approccio multifattoriale per essere contrastato. La sensibilizzazione, la legislazione e l’innovazione tecnologica devono andare di pari passo per creare un ambiente digitale più sicuro e resiliente. La lotta contro la pirateria informatica è una responsabilità condivisa che coinvolge tutti gli attori della società.
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