Tu
scendi dalle stelle, o Re del cielo,
e nuje pigliammo ‘e guaje cchiù alleramente.
Tasse, case cadute, freddo e gelo,
figlie a zeffunno, e pure nun fa niente.
Centotrentasette
anni fa Salvatore Di Giacomo concludeva così la sua celebre ‘A nuvena,
musicata da Enrico De Leva
Nel
2024 non si fanno più figli, per il resto non ci sono spiragli all’orizzonte.
Sotto Natale siamo indotti ad amare confessioni con lo scopo, però, di aprire
nuovi orizzonti.
Benevento,
il Sannio, la Campania, il Mezzogiorno in che rapporti stanno con le nuove
generazioni? Con i tanti giovani che studiano, si formano, entrano nei circuiti
dell’affermazione sociale molte volte in paesi lontani ma non avvertono il
richiamo di un dovere di riconoscenza nei confronti dell’ambiente che li ha
formati. Molti “partono” già per fare l’Università.
E’
doveroso chiedersi qual è il rapporto del nostro vasto apparto universitario
campano con il mondo del lavoro, della ricerca, della apertura mentale. Quando
negli anni Sessanta del secolo scorso Giovanni Fuccio organizzava i banchetti
per lanciare l’idea di una università a Benevento, il sottoscritto vide andar
via buona parte degli astanti ad una sua proposta per affrontare, con
l’auspicata università, le prospettive di un rinnovamento dei meccanismi
sociali.
L’Università
era l’unica strada per una ridefinizione degli strati sociali. Si diceva che il
titolo di dottore era l’ascensore. Era la scelta del liceo classico delle
famiglie più povere per lanciare un figlio verso un ceto sociale gratificante e
allo stesso tempo impegnativo. Con l’apertura di tutte le facoltà universitarie
ai maturati da qualsiasi scuola secondaria superiore le cose non sono andate
secondo le intenzioni captate dal ministro Sullo e dai suoi successori.
L’ascensore
sociale dello studio e del riconoscimento dei meriti è troppo spesso fuori uso.
I concorsi nelle pubbliche amministrazioni, quando si fanno (se leggine varie
non hanno assorbito tutte le vacanze di posti), obbediscono non di rado a
dosaggi premeditati. Dalla convinzione, soprattutto nelle istituzioni locali,
che tutto è prestabilito deriva la diserzione di concorrenti, che obbediscono
nel loro intimo alla logica di una possibile futura occasione.
Abbiamo
preso non a caso una pagina di Realtà Sannita di settembre 2018, dove
Fuccio incontra un beneventano a…Singapore. Quel giovane, che gli chiede di
pubblicargli un libro sull’uso dei computer, confessa di avere qualche
perplessità a ritornare in un mondo (in Italia, nel Sannio, a Benevento) dove
il merito è criterio “facoltativo” nella selezione di figure professionali.
Non si
dà importanza alla qualità delle prestazioni lavorative perché non c’è un metro
di valutazione. Le notizie scandalose del costo di ogni letto allestito negli
Ospedali Civici Riuniti (non oso scrivere come si chiamano oggi) non fanno
notizia: sì ci sono i titoli dei giornali, ma – per esempio – nessuna
segreteria di partito si è sentita in dovere di mettersi attorno a un tavolo e
guardarsi in faccia. Di chi è la responsabilità di questo sfacelo?
Se
sono trent’anni che sono pronti progetti e finanziamenti per rifare la
Benevento-Caianello e non si vede l’avvio dei lavori, bruciando nel frattempo
risorse importanti per la manutenzione senza che ciò impedisca le morti
sull’asfalto (sempre a beneficio dei titoli sulle locandine) si dà per caso
l’impressione di una credibilità di una classe dirigente?
Se il
consiglio comunale deve affrontare a ogni convocazione il riconoscimento di
debiti fuori bilancio per spese legali sostenute in cause perse in partenza con
dipendenti, sarà pure “merito” di qualche dirigente che non fa il proprio
dovere anche rifiutandosi a pressioni esterne per “mettere in riga” il
dipendente?
Anni
fa ci fu chi invitò i giovani a perdere ogni speranza e scappare in terre
lontane. Fuitivenne …fu la sentenza di un tal Eduardo De Filippo. Al
quale la città di Napoli e l’Italia intera non ha perdonato che nel 1977 alla Napoli
Milionaria come opera lirica con musica di Nino Rota, aveva osato cambiare
il finale con La guerra non è finita e non è finito niente, anziché con
la consolatoria Adda passa’ a nuttata.. Aggiungo che (per punizione?)
quell’opera non è mai approdata al Teatro San Carlo. Quel teatro, peraltro, che
il 15 marzo 1945 aveva ospitato la prima rappresentazione della commedia.
E’ ora
di fare un “atto di richiamo” al beneventano di Singapore e a tanti primari
fatti sul campo. Coraggio, caro Natale 2024.
MARIO
PEDICINI
Giacomo
Fiscarelli (foto) è il nostro “beneventano a Singapore”, manager
dell’ingegneria impiantistica industriale nel settore dell’elettronica e dei
semiconduttori. Consulente nella formazione dei giovani nelle Università
malesiane.
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