Report di fine anno del Centro studi dell’associazione. L’economia italiana presenta un quadro contrastato per il 2024-2026, con elementi di ripresa accompagnati da persistenti criticità. Prevista una crescita dei consumi interni dell’1,8% nel 2025, grazie al recupero del potere d’acquisto delle famiglie (+3% nel 2024 e +1,7% nel 2025). Buona tenuta del mercato del lavoro: tasso di disoccupazione al 5,8% con un aumento dell’occupazione stabile. Crescita dei servizi, sostenuti dal turismo, in salita del 2,7% nel 2025. Settore infrastrutturale in accelerazione: la componente non residenziale delle costruzioni mostra segnali positivi. Spesa Pnrr in forte crescita attesa: previsti 45 miliardi di spesa nel 2025 e 84 miliardi nel 2026, con un impatto positivo sull’economia. Rialzo della domanda dagli Usa: stima di crescita americana al 2% nel 2025, che potrebbe sostenere l’export italiano. Tra le note negative: crescita del PIL ferma allo 0,5% nel 2024, debolezza export, ritardi Pnrr, contrazione costruzioni non residenziali con la fine del Superbonus, fragilità del mercato del lavoro, debito pubblico in crescita e potenziali rischi da impennata dazi Usa. Il presidente Ferrara: «Avanti con moderato ottimismo»
Nonostante la frenata nel 2024, l’economia italiana presenta segnali incoraggianti per il futuro. I consumi interni guideranno la ripresa, con una crescita attesa dell’1,8% nel 2025, grazie al recupero del potere d’acquisto delle famiglie (+3% nel 2024 e +1,7% nel 2025) e al buon andamento del mercato del lavoro, dove l’occupazione stabile ha raggiunto nuovi record. È quanto emerge nel report di fine anno realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale il settore dei servizi, in particolare quelli legati al turismo, continuerà a crescere, espandendosi del 2,7% nel 2025. Anche le costruzioni non residenziali e infrastrutturali mostrano segnali positivi, grazie all’implementazione del Pnrr, che prevede una forte accelerazione della spesa a 45 miliardi di euro nel 2025 e 84 miliardi nel 2026.
Il miglioramento della finanza pubblica proseguirà, con una riduzione graduale del disavanzo. La domanda dagli Stati Uniti potrebbe compensare la debolezza in Europa, grazie a una crescita economica americana rivista al rialzo al 2% nel 2025. Tali elementi positivi, uniti al rispetto formale delle scadenze Piano nazionale di ripresa e resilienza, pongono le basi per una ripresa moderata ma solida nel biennio 2025-2026.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, non mancano, pil, le criticità: l’economia italiana affronta diverse criticità che frenano la crescita. Nel 2024 si registra una stagnazione economica, con il PIL atteso a soli +0,5%, a causa del calo nell’industria e dei ritardi nell’attuazione degli incentivi del pacchetto “Transizione 5.0”. Le esportazioni soffrono per la domanda debole dai principali partner commerciali come Germania(+0,4%) e Francia (+0,7%), con una previsione al ribasso a +0,6% nel 2025, mentre le importazioni cresceranno più rapidamente (+1,7%), penalizzando il saldo commerciale. Ulteriori rischi arrivano dall’ipotesi di nuovi dazi USA, soprattutto nel settore automotive. Nel settore delle costruzioni, gli investimenti residenziali restano in calo a causa della fine del Superbonus, mentre persistono ritardi significativi nell’attuazione del PNRR. Nei primi 10 mesi del 2024 sono stati spesi solo 17 miliardi, molto al di sotto degli obiettivi. I ritardi infrastrutturali potrebbero portare a una revisione del piano, spostando alcune opere verso finanziamenti nazionali. Il mercato del lavoro, pur mostrando dati positivi, presenta fragilità: la crescita dell’occupazione riguarda solo gli over 50, mentre aumentano gli inattivi nelle altre fasce di età. Inoltre, la domanda di lavoro nelle imprese segnala un indebolimento, soprattutto nell’industria. Infine, il debito pubblicocontinuerà ad aumentare fino al 2026, anche a causa degli effetti ritardati del Superbonus, mentre gli investimenti al netto delle costruzioni restano in flessione per difficoltà normative e operative.
«I dati che emergono sull’andamento dell’economia italiana ci spingono a un moderato ottimismo, ma non possono farci rilassare. La crescita, pur timida, è una realtà che poggia su fondamenta ancora fragili: i consumi in ripresa, il rafforzamento del potere d’acquisto delle famiglie e la tenuta del mercato del lavoro sono segnali incoraggianti, così come il contributo positivo dei settori più dinamici come il turismo e i servizi. Non dimentichiamoci però che questa è una partita ancora tutta da giocare e che i rischi sono dietro l’angolo. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza resta uno strumento centrale per rilanciare l’economia e modernizzare il Paese, ma i ritardi accumulati non sono più accettabili. Sui grandi cantieri infrastrutturali, come sul sostegno alla trasformazione digitale delle imprese, serve un’accelerazione concreta e non più solo formale. Se il Governo sta facendo la sua parte con un’agenda di bilancio attenta e responsabile, tocca anche a noi imprenditori, al sistema finanziario e a tutti gli attori economici raccogliere questa sfida con serietà e visione di lungo periodo. L’Italia ha le risorse e il talento per tornare a crescere in modo strutturale. Ma serve lucidità: non possiamo permetterci di scivolare in una nuova fase di immobilismo o, peggio ancora, di sottovalutare i segnali di rallentamento che arrivano dai mercati internazionali e dalla nostra industria. È il momento della responsabilità condivisa: solo così potremo trasformare i segnali positivi in un futuro stabile e prospero» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
REPORT COMPLETO
Dopo una performance migliore delle attese nella prima parte del 2024, l’economia italiana ha registrato una fase di stagnazione nel trimestre estivo. Questo rallentamento è stato dovuto, dal punto di vista dell’offerta, al settore industriale. Al contrario, il valore aggiunto nelle costruzioni è cresciuto, con il comparto infrastrutturale che ha compensato la flessione nel segmento residenziale. Anche i servizi hanno contribuito positivamente, in particolare i settori legati al turismo. Dal lato della domanda, invece, si sono indeboliti sia gli investimenti sia le esportazioni. Gli investimenti continuano a soffrire per i ritardi nell’attuazione degli incentivi fiscali previsti dal pacchetto “Transizione 5.0”. Le esportazioni, invece, sono penalizzate dal calo della domanda nei principali mercati di riferimento dell’Italia. Sorprendentemente, però, i consumi, soprattutto di servizi, hanno registrato una crescita superiore alle aspettative.
Si ritiene ancora possibile una moderata ripresa del pil nel biennio 2025-2026, con una crescita dell’1% in entrambi gli anni, rispetto alla frenata dello 0,5% attesa per il 2024. La spesa per consumi sarà il principale driver della ripresa e la previsione per il 2025 è stata rivista al rialzo, passando dall’1,4% di settembre all’1,8% (rispetto allo 0,7% del 2024). La crescita sarà trainata in particolare dai servizi, previsti espandersi del 2,7% nel 2025, contro l’1% del 2024. Al contrario, i consumi di beni aumenteranno più lentamente, restando sotto l’1%. La causa principale del recupero dei consumi è la ripresa del potere d’acquisto delle famiglie, stimata in crescita del 3% nel 2024 e dell’1,7% nel 2025, dopo due anni di contrazione. Fino a metà 2024, la ripresa dei redditi reali ha principalmente portato a un aumento del tasso di risparmio, salito al 10,2% nel secondo trimestre, il valore più alto dal primo trimestre del 2022. Tuttavia, le condizioni per un aumento significativo dei consumi restano favorevoli, come indicato dai dati positivi dei mesi estivi.
Un elemento chiave per la ripresa dei consumi è la tenuta del mercato del lavoro. I dati più recenti sono stati incoraggianti, con nuovi record sia per il tasso di disoccupazione, sceso al 5,8% a ottobre, sia per il numero di occupati. La crescita dell’occupazione è trainata soprattutto da contratti stabili. Tuttavia, tra ottobre 2023 e ottobre 2024, la crescita degli inattivi è stata maggiore rispetto a quella degli occupati. Inoltre, depurando i dati dalla componente demografica, l’aumento dell’occupazione riguarda solo gli over 50, mentre per le altre fasce di età si registra un incremento degli inattivi e un numero di occupati stabile. Questo suggerisce che il mercato del lavoro potrebbe non essere così solido come appare e che il trend positivo sia in parte dovuto all’aumento graduale dell’età pensionabile. L’indebolimento della domanda di lavoro, segnalato dalle indagini di fiducia delle imprese, soprattutto nell’industria, potrebbe portare a una leggera risalita del tasso di disoccupazione nei prossimi mesi. Tuttavia, questo incremento non dovrebbe essere sufficiente a compromettere la ripresa dei consumi prevista per il 2025.
Gli investimenti: costruzioni residenziali in calo, crescita nel non residenziale
Nel comparto degli investimenti, le costruzioni hanno registrato risultati migliori delle aspettative. Gli investimenti in abitazioni si sono contratti nei primi tre trimestri del 2024 a causa della fine del sostegno legato al Superbonus. Questa flessione, tuttavia, è stata compensata dalla componente non residenziale, che ha registrato una riaccelerazione nel terzo trimestre, segnalando un possibile cambio di passo grazie all’implementazione dei lavori infrastrutturali previsti dal Pnrr. Si prevede che questa divergenza continuerà nei prossimi trimestri: mentre le costruzioni residenziali resteranno in contrazione, quelle non residenziali continueranno a crescere. Il saldo netto sugli investimenti in costruzioni sarà probabilmente negativo nel 2025 (-0,5%) per poi tornare positivo nel 2026 (+1,2%). Tuttavia, aumentano i rischi per gli investimenti al netto delle costruzioni. Questi hanno registrato una flessione nel 2024, principalmente a causa dei ritardi e della complessità normativa legata ai decreti attuativi del pacchetto “Transizione 5.0”, che include incentivi per la trasformazione digitale ed energetica delle imprese. Si ipotizzano, nelle prossime settimane, modifiche normative che potrebbero rendere l’agevolazione più attraente per le imprese.
Pnrr: progressi formali ma ritardi nell’attuazione
Per quanto riguarda il Pnrr, l’avanzamento formale delle scadenze è stato rispettato, permettendo alla Commissione Europea di approvare, il 26 novembre, il pagamento della sesta rata da 8,7 miliardi di euro entro fine anno. Tuttavia, persistono ampi ritardi nell’attuazione pratica dei progetti. Nei primi 10 mesi del 2024, la spesa effettiva si è fermata a 17 miliardi, con una previsione di chiusura dell’anno a 22 miliardi, meno della metà rispetto a quanto inizialmente previsto e inferiore ai 23 miliardi del 2023.
L’aggiornamento governativo del piano di spesa prevede una significativa accelerazione nei prossimi anni, con 45 miliardi nel 2025 e 84 miliardi nel 2026. Questo incremento rappresenterebbe una variazione del +1% del PIL nel 2025 e del +1,7% nel 2026. Tuttavia, i dati forniti da ANCE e Banca d’Italia evidenziano ulteriori ritardi: solo l’8% dei 50 miliardi di fondi destinati ai nuovi investimenti pubblici è stato speso finora. Molti dei cantieri più grandi non sono ancora operativi a pieno regime, e alcuni potrebbero non essere completati entro la scadenza del 2026 imposta dal PNRR. Si prevede, dunque, una revisione tecnica del piano che dia maggiore enfasi ai crediti d’imposta per il settore privato e sposti alcune infrastrutture, non realizzabili nei tempi stabiliti, verso il finanziamento nazionale.
Commercio estero: apporto negativo nel 2025
La ripresa del PIL nel 2025 sarà interamente trainata dalla domanda interna, mentre il contributo del commercio estero, positivo nei due anni precedenti, diventerà lievemente negativo. I flussi commerciali dovrebbero riprendersi nel 2025 dopo la contrazione del 2024, ma in maniera limitata. La crescita delle esportazioni è stata rivista al ribasso allo 0,6% (rispetto all’1,6% previsto in precedenza), mentre le importazioni sono attese in rimbalzo dell’1,7%.
Questa revisione al ribasso delle esportazioni è legata al rallentamento della crescita dei principali partner commerciali dell’Italia, come Germania (prevista allo 0,4%, rispetto allo 0,9% precedente) e Francia (allo 0,7%, contro l’1%). Al contrario, le previsioni per gli Stati Uniti sono state riviste al rialzo, con una crescita attesa del 2% nel 2025 (contro l’1,7% precedente). Lo scenario attuale non include possibili dazi universali che potrebbero essere introdotti dalla nuova amministrazione statunitense verso i paesi dell’UE. Tuttavia, il rischio di tariffe più alte su settori specifici, come l’automotive, non può essere escluso e rappresenta un ulteriore rischio al ribasso per le esportazioni italiane.
Finanza pubblica: debito in aumento fino al 2026
Infine, sul fronte della finanza pubblica, il Governo ha scelto un approccio prudente per la manovra del 2025, adottando l’aggiustamento minimo richiesto dalle norme europee. La tendenza di miglioramento del disavanzo continuerà nei prossimi anni, ma il debito pubblico resterà in crescita almeno fino al 2026, soprattutto a causa degli effetti ritardati dei crediti d’imposta maturati con il Superbonus nel 2023.
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