Il Tribunale di Firenze, con la sentenza in oggetto, si è nuovamente pronunciato sul tema della legittimazione ad agire delle società di cartolarizzazione che agiscono in giudizio per il recupero dei crediti ricompresi in operazioni di cessione.
Il Giudice, accogliendo un’opposizione a decreto ingiuntivo formulata dal debitore, ha revocato l’ingiunzione di pagamento ed ha ripreso i principi espressi dalla recente sentenza n. 5478/2024 del 29.02.2024 della Corte di Cassazione, in ordine alla prova del credito oggetto di cessione, chiarendo che, nel giudizio di opposizione, spetta al cessionario l’onere di provare l’esistenza e la titolarità del credito in maniera rigorosa, differentemente da quanto avviene nella fase della richiesta di decreto ingiuntivo.
Nondimeno, in caso di crediti individuabili in blocco, ai sensi dell’art 58 TUB, la pubblicazione da parte della società cessionaria della notizia di avvenuta cessione in Gazzetta Ufficiale, ha i medesimi effetti della notificazione ex art. 1264 c.c., e pertanto non costituisce di per sé, prova della cessione.
Se, pertanto, l’esistenza di quest’ultima sia specificatamente contestata dal debitore ceduto, la cessionaria dovrà fornire adeguata dimostrazione e pertanto la mera pubblicazione su Gazzetta Ufficiale potrà essere valutata, solo quale indizio; sicché la prova dell’inclusione del credito nell’ operazione dovrà essere fornita dal cessionario in altro modo, come ad esempio con la produzione del contratto di cessione o con la dichiarazione di cessione da parte del cedente,
Pertanto, è ormai chiaro che una cosa è l’avviso di cessione, necessario ai fini dell’efficacia della cessione stessa, ed altra cosa è la prova dell’esistenza di un contratto di cessione e del suo contenuto .
Nel caso di specie, scrive il Giudice fiorentino, l’avviso di cessione non bastava a comprovare la titolarità del credito in capo all’avente causa, anche alla luce del fatto che vi sono state una pluralità di cessioni e non è stata fornita prova che la cessione oggetto di causa sia stata ricompresa nelle posizioni cedute.
Nondimeno, la società cessionaria del credito non ha fornito altro elemento utile a provare la cessione del credito ingiunto e dell’inclusione tra quelli rientranti nella cessione in blocco ex art. 58 TUB, atteso che la relativa prova doveva essere fornita mediante la produzione del contratto di cessione o al più, secondo un orientamento meno rigoroso, tramite una dichiarazione che attestasse la liberatoria rilasciata dall’istituto di credito cedente, che nella specie è stata omessa.
Pertanto, alla luce della mancanza di prova del credito oggetto dell’ingiunzione, il Tribunale di Firenze ha accolto l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo che era stato notificato al debitore ceduto.
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