Processi: giustizia, politica, amministrazione
La chiusura di alcuni processi a politici nazionali e amministratori locali è stato il dato che ha contrassegnato la settimana. In sede nazionale quelli a Matteo Renzi e a Matteo Salvini, per i quali si è sancita l’insussistenza delle accuse loro mosse dai pubblici ministeri. In Umbria la prescrizione nei confronti di Orfeo Goracci per i presunti reati rimasti in sospeso e l’assoluzione della Corte dei Conti di Leopoldo Di Girolamo e di componenti della sua giunta per danno erariale. Una premessa è d’obbligo. “Micropolis” non è mai stata giustizialista. Da sempre riteniamo che lo scontro politica – giustizia sia espressione della lunga crisi di regime che attraversa il paese a partire dagli anni sessanta. Tale scontro si è accentuato a inizi anni Novanta con Tangentopoli e si è scaricato da Milano sulla provincia. Nei confronti di fenomeni tollerati per decenni (la corruzione, il finanziamento illecito ai partiti, la collusione con poteri criminali, ecc.), si è adottata una severità inquisitoria inedita. Severità che non ha avuto un corrispettivo a livello di sentenze, in grande maggioranza assolutorie. Ciò non toglie che la spettacolarizzazione sia stato il carattere prevalente delle inchieste. Carcere preventivo, arresti domiciliari, lunghezza dei processi sono stati l’elemento predominante dell’azione delle Procure. Che le accuse corrispondessero o meno a fatti che prefiguravano reati è stato secondario. La messe di assoluzioni deriva dal fatto che legge e giustizia non sempre corrispondono e che gli impianti accusatori sono stati spesso fragili e contraddittori. Quello che resta è uno scontro tra poteri dello Stato, tra magistratura ed esecutivi senza esclusione di colpi, che rischia di portare ad una subordinazione del potere giudiziario a quello esecutivo. Prima la concordia ordinum era naturale, i due poteri si sorreggevano a vicenda, giudici e governanti erano legati da una comune cultura, da un modo di concepire lo Stato. Oggi la contraddizione assume toni sempre più acuti, non solo in Italia. Peraltro, e questo riguarda la politica, l’idea di una via giudiziaria al rafforzamento della democrazia spesso coltivata da sinistra, appare inefficace e controproducente. Non elimina gli avversari, o meglio ne mette in ombra alcuni, ma il sistema continua a riprodursi con gli stessi criteri. Renzi sostiene che il suo partitello sia stato distrutto dal pubblico ministero fiorentino. Può essere che qualcosa abbia pesato, ma quello che emerge è come il grosso l’abbia fatto lui stesso. Idem Salvini. La caduta libera della Lega è stata marginalmente dovuta al processo Open Arms, di cui l’opinione pubblica si è occupata di striscio, ma dall’esaurirsi della centralità della questione migranti, oggi più sullo sfondo rispetto a qualche anno fa. Ciò non significa che Renzi non sia un faccendiere e che Salvini non sia un politico xenofobo e reazionario contro i quali tocca battersi politicamente. La questione morale e il razzismo non lo risolvano i giudici, ma una battaglia culturale e di piazza.
In tale contesto si collocano anche le assoluzioni in Umbria. Anche in questi casi ci sono stati momenti di sovraesposizione dei magistrati. Nel caso di Terni abbiamo assistito ad una spettacolarizzazione con finanzieri che irrompono in massa nella sede comunale, elicotteri che atterrano davanti palazzo Spada, carcerazione del sindaco. Il tutto per una questione di debiti fuori bilancio. Per inciso lo stesso armamentario non è stato messo in campo per la situazione debitoria del Comune di Montefalco, che coinvolgeva la già presidente della Regione Donatella Tesei, dove tutto è stato messo a tacere. Sono seguiti i processi in sede penale e contabile con assoluzioni con formula piena. Il Pd sostiene che la destra ha vinto a causa della persecuzione dei giudici. Anche qui l’azione giudiziaria ha pesato, ma un’analisi equanime dell’ultima esperienza del centrosinistra al Comune, mostrava difficoltà e carenze che, unite alle tendenze della politica nazionale, hanno provocato la fine della sindacatura Di Girolamo. Nel caso poi del già sindaco di Gubbio la questione è ancora più complessa. La sua accusatrice il procuratore aggiunto Antonella Duchini, coadiuvata dai giovani Formisano e Abritti, titolari dell’accusa nel processo di Sanitopoli, è oggi ancora sotto processo con accuse plurime, tra cui la connivenza per pratiche illecite con Carlo Colaicovo. È probabile se la cavi con poco tra prescrizione, declassificazione dei reati, ecc. Quello che si voleva era depotenziare una esperienza anomala nel panorama istituzionale umbro? Possibile. Fatto sta che per 13 anni Goracci è stato sotto un processo, che si chiude con la prescrizione per i reati rimasti ancora in piedi. Saremo maliziosi, ma la prescrizione è stato un modo per impedire una probabile assoluzione e lasciare un’ombra di dubbio sull’ex sindaco. Già qualche gazzettiere scrive che la prescrizione non è assoluzione.
Ah, a proposito, si è fatta la giunta regionale ed eletta la presidente dell’Assemblea legislativa umbra. Solo due osservazioni. La prima è che abbiamo capito a cosa serva fare i segretari di partiti evanescenti. Serve per andare alle trattative e proporre sé stessi come assessori. Seconda osservazione. Se sei premiato dal suffragio elettorale (il 30% del Pd) serve a premiare i tuoi amici di cordata (è il caso di Sarah Bistocchi in tandem con Tommaso Bori alle ultime elezioni regionali) per incarichi di prestigio (la presidenza del Consiglio). Non aggiungiamo commenti. Ci sembra tutto chiaro.
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