A Rebibbia Francesco apre la Porta della Speranza
24 Dicembre 2024
Al Nuovo Complesso di Roma Rebibbia si respira l’aria dei momenti importanti, delle occasioni in cui avverti che sta per passare la storia. Tutto è pronto per il 26 dicembre, quando Papa Francesco, dopo aver aperto la Porta Santa a San Pietro, aprirà la seconda Porta Santa del Giubileo 2025 nel carcere romano. Prima volta, appunto, nella storia.
Un grandissimo sforzo organizzativo, senza precedenti, per una iniziativa senza precedenti. L’Amministrazione Penitenziaria ci sta lavorando alacremente da tempo. Tutti insieme: vertici e personale del Dap e poi dirigenti, educatori e Polizia penitenziaria dell’istituto. Senza dimenticare l’entusiasmo e l’impegno dei detenuti delle case circondariali sia maschile che femminile di Rebibbia, coinvolti prima nella realizzazione dell’installazione artistica che sarà inaugurata quel giorno e poi nella creazione dei doni che una detenuta e un detenuto consegneranno al termine della Messa al Santo Padre.
D’altronde è per loro che Francesco, presentando nel maggio scorso la Bolla “Spes non confundit” (la speranza non delude) con la quale ha indetto ufficialmente il Giubileo ordinario 2025, ha voluto fortemente questa iniziativa: “Per offrire ai detenuti un segno concreto di vicinanza, io stesso desidero aprire una Porta Santa in un carcere, perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita”.
La mattina del 26 Francesco arriverà nel carcere romano pochi minuti prima delle 9. Ad attenderlo, le note dell’Inno del Giubileo 2025 suonate dai 52 elementi della banda del Corpo di Polizia penitenziaria, diretti dal Maestro Fausto Remini. Poi il Papa salirà fino alla porta della Chiesa del Padre Nostro. E qui si svolgerà il rito di apertura della Porta Santa, la Porta della Speranza. Una volta all’interno, il Papa sarà accolto da una persona detenuta e un agente della Polizia penitenziaria che lo accompagneranno fino all’altare.
Delle 300 persone presenti in Chiesa, un centinaio, fra uomini e donne, i detenuti provenienti dai quattro istituti penitenziari di Rebibbia. Una buona parte siederà davanti al Pontefice, alcuni, in qualità di cantori, costituiranno il coro che intonerà i canti previsti dalla liturgia, mentre altri infine prenderanno parte ad alcune delle fasi.
Tante le presenze istituzionali sedute in Chiesa nelle file laterali: fra questi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il presidente del Consiglio Regionale del Lazio Antonello Aurigemma, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e poi autorità, vertici della magistratura, capi delle forze armate e dell’ordine.
Al termine della messa, Francesco riceverà alcuni doni dai detenuti: dagli uomini del Nuovo Complesso, la riproduzione in miniatura della porta della Chiesa del Padre Nostro, creata all’interno del laboratorio “Metamorfosi” utilizzando i legni dei barconi dei migranti; dalle donne di Rebibbia femminile, un cesto contenente olio, biscotti, ceramiche e bavaglini, frutto del loro lavoro. Anche l’Amministrazione Penitenziaria omaggerà il Santo Padre con un quadro: un dipinto che raffigura un Cristo salvifico realizzato dall’artista Elio Lucente, ex poliziotto penitenziario.
All’esterno, altre 300 persone fra operatori penitenziari, volontari e familiari sfideranno il freddo fin dalle prime ore della mattina per assistere alla Messa sul maxischermo appositamente allestito all’esterno della Chiesa. Dietro di loro, la postazione della Rai, dalla quale il vaticanista del Tg1 Ignazio Ingrao racconterà in diretta tutto l’evento insieme ad alcuni ospiti: don Filippo Di Giacomo, sacerdote e giornalista, si occuperà del commento liturgico, mentre a Mario Petruzzo e Silvio Gallo, direttori rispettivamente dell’Ufficio Trattamento dei detenuti del Dap e della Divisione Formazione della Polizia penitenziaria, sarà affidato il compito di contestualizzare l’evento all’interno del complesso sistema penitenziario.
Vicino alle mura della Chiesa svetterà l’opera firmata dall’artista Marinella Senatore, “Io contengo moltitudini”. Un progetto di arte contemporanea – in continuità con il Padiglione della Santa Sede allestito nel carcere femminile di Venezia in occasione della Biennale – composto da una struttura ad albero alta circa 6 metri per un diametro di 3, dalla quale si dipartono luminarie in forma di strisce che riportano frasi di detenute, detenuti e personale penitenziario, scritte in varie lingue, anche in dialetto, e selezionate per parlare al cuore di chi legge.
Sarà per tutti un giorno da ricordare. Un momento che unirà credenti e non credenti, detenuti e personale, istituzioni e volontari. Tutti insieme nel nome della Speranza, la virtù teologale a cui è dedicato l’Anno giubilare 2025.
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