In questo sventurato Natale, giĆ tragico di suo per il massacro dei palestinesi, per la guerra in Ucraina, per i conflitti che sconvolgono lāAfrica, per la diffusione sempre piĆ¹ estesa dei regimi illiberali e repressivi (secondo lāInstitut of Democracy di Gotemborg, il 71 per cento della popolazione mondiale vive in unāautocrazia, contro il 48 per cento di dieci anni fa: āLa situazione della democrazia ĆØ peggio di quella degli anni Trentaā, dice il direttore Staffan Ingemar Lindberg), ricorre pure il trentacinquesimo anniversario della fucilazione del presidente romeno Nicolae Ceausescu e di sua moglie Elena, evento tanto feroce quanto proditorio, decisione assai discutibile (ed illegale secondo la giurisprudenza) del neonato Consiglio del Fronte di Salvezza Nazionale che si pose alla guida politica e militare della ārivoluzioneā, la cui scintilla infiammĆ² dapprima la cittĆ di Timisoara, nei giorni di metĆ dicembre del 1989, per dilagare come un incendio furioso ed inarrestabile in tutto il Paese, devastato da fame e penuria di beni, mentre il clan Ceausescu sguazzava nellāopulenza e non aveva colto i segnali sottotraccia che il suo popolo, stremato dalla povertĆ e vessato dalla Securitate, la spietata polizia segreta del regime, aveva lanciato da qualche mese, soprattutto dopo il crollo del Muro di Berlino.
Ho avuto la (s)fortuna di essere stato inviato in Romania proprio alla vigilia della ribellione: con uno stratagemma, riuscii a passare i controlli doganali ed evitai la confisca del mio computer (uno dei primi in dotazione) perchƩ arrivai quando la nazionale di calcio della Romania giocava contro quella danese per le qualificazioni ai Mondiali del 1990, che si dovevano disputare in Italia. I doganieri erano distratti, il mio arrivo li disturbava e quindi mi fecero un check-in velocissimo.
Avevo un contatto con uno studente universitario, dovevo recarmi ad un negozietto davanti al Teatro dellāOpera di Bucarest specializzato in filatelia e lasciare un messaggio. Il giorno dopo avrei avuto la risposta. Fu cosƬ: il giovane aveva portato un album di francobolli, io ne acquistai qualcuno, uscimmo insieme ma lui, subito, mi avvisĆ² di rallentare, e seguirlo a distanza. Mi disse che essendo straniero, ero probabilmente seguito da uno della Securitate, dunque dovevo fare in modo che lo depistassi. Un quarto dāora dopo, vidi il giovane aprire il portone di un signorile palazzo dāinizio secolo, bello ma trascurato, dĆ©labrĆ©e come dicono i francesi. Girai lāangolo, feci un cambio di marciapiede, mi accertai che non ci fosse nessuno alle calcagna, e sgattaiolai dentro quel portone. Lo studente mi aveva aspettato, paziente.
Salii le scale (lāascensore non funzionava per via dei numerosi blackout elettrici), arrivammo allāingresso del suo appartamento, āin veritĆ ci vivo con mia madre che ĆØ una nota telecronistaā, mi spiegĆ². Per terra, avvolto in una plastica, cāera un piattino con dei mozziconi di formaggio e di pane: āEā il mio vicino che me li lascia, non abbiamo soldi abbastanza per fare la spesa, e anche se li avessimo, i negozi sono vuotiā. Mi raccontĆ² la situazione esplosiva della Romania. Vigeva il razionamento: ogni settimana, si aveva diritto ad un litro di latte, due chili di riso e due chili di pane per nucleo familiare, due-tre uova, trecento grammi di formaggio, il pollo non sempre. La benzina scarseggiava. Riscaldamento a tredici gradi, dunque freddo cane anche a casa. La vita dei romeni, un calvario che durava da almeno otto anni. Ceausescu li chiamava sacrifici necessari perchĆ© il Paese si era indebitato con le banche straniere e doveva rimborsarle, esportando tutta o quasi la produzione agricola e industriale nazionale.
Coi miliardi di dollari ricevuti dalle banche, Ceausescu spendeva e spandeva in faraonici progetti, uno dei quali era la famigerata Casa Poporului, la Casa del Popolo, il secondo edificio piĆ¹ esteso del mondo, dopo il Pentagono. O i piani di demolizione e ricostruzione di centinaia di villaggi, di centri storici (il 40 per cento di quello di Bucarest), i Piani Industriali sul modello di quelli falliti dello stalinismo, un programma di āsistemazione della Romaniaā per favorire āuna societĆ socialista sviluppata multilateralmenteā. La Securitate, il Kgb romeno, manteneva lāassoluto controllo sui media e su qualsiasi discorso e tentativo dāopposizione, punito con anni di galera o con āscomparseā misteriose.
Ma ormai il regime ĆØ agli sgoccioli, mi rivelĆ² lo studente laureando di Scienze economiche, i romeni sono ormai disposti a tutto, tanto non hanno piĆ¹ nulla da difendere. I capi comunisti vivono nel benessere, il ālavoro patriotticoā ĆØ solo sfruttamento puro, la propaganda politica asfissia tutto e tutti: tv, radio, case editrici, scuole, universitĆ , teatri, cinema, unioni artistiche, sport. Il āsocialismo umanitarioā, aggiunse, āĆØ una truffa. Ha ingannato anche voi, in Occidenteā. Ceausescu, infatti, aveva sempre mantenuto una posizione distante da quelle di Mosca: per esempio, non aveva partecipato alla repressione della āprimaveraā di Praga. Aveva allacciato relazioni economiche con la ComunitĆ Europea, entrando nel sistema generalizzato di preferenze della comunitĆ . Soprattutto, aveva rifiutato la politica di sovranitĆ limitata che lāUnione Sovietica aveva imposto nellāEst europeo.
In realtĆ , Ceausescu consolidava il proprio potere ed accumulava ricchezze, dicevano gli oppositori: fin tanto che le cose andavano discretamente (gli anni Sessanta e Settanta), che i benefici di Stato (sanitĆ e istruzione gratuite e a tutti i livelli, bonus ai contadini che miglioravano la produzione, lavoro operaio garantito) erano equamente distribuiti, il fatto che i capi del partito fossero dei privilegiati era tollerato. Ma poi, la combinazione moralismo obbligato (per esempio, obbligo di far figli prima dei 25 anni altrimenti scattavano tasse dal 10 al 15 per cento del reddito, aborti vietati e divorzi quasi impossibili) e crisi economica hanno cominciato a disilludere la popolazione, e a far crescere la voglia di ribellarsi. Ma come? Lo studente mi disse che cāerano gruppi clandestini di oppositori in ogni cittĆ , che cāera una rete e che si stava aspettando il momento giusto.
Per Ceausescu, il momento giusto fu nel XIV Congresso del Partito Comunista Romeno, per il quale mi accreditai (assieme alla collega del Nouvel Observateur, corrispondente allora a Mosca): era giĆ verso la fine di novembre. In Bulgaria era giĆ caduto Todor Zivkov, sostituito senza spargimenti di sangue. Le frontiere ungheresi erano aperte. Nicolae non capƬ che sarebbe stato saggio farsi da parte, e adeguarsi ai tempi nuovi, peraltro turbolenti pure in Urss. Si fece rieleggere per altri cinque anni. Tutto continuava come prima. Il popolo a soffrire, i Ceausescu a vivere fuori dalla realtĆ .
Ricordo una sera che venni invitato ad un night dove il figlio Valentin, mio coetaneo, festeggiava lo Steaua di cui era dirigente, cenai con Gheorghe Hagi, il calciatore romeno piĆ¹ famoso, lāallenatore Mircea Lucescu (che sarebbe andato al Brescia), cāerano nugoli di belle ragazze, bistecche alte due centimetri, champagne a volontĆ , fuoriserie in strada. Al XIV congresso del partito comunista Valentin Ceausescu era stato eletto membro supplente, tanto per consolidargli la carriera, laureato in Fisica e Matematica con interessi verso il comparto nucleare. Quella notte, sembrava che allāorizzonte per la ghenga al potere non ci fossero annuvolamenti premonitori di burrasche e tornado politici. Invece.
Invece, a metĆ dicembre viene firmato un decreto di espulsione nei confronti del pastore Lazslo Tƶkes, di origine ungherese, un sacerdote molto popolare a TimisĆ“ara, la seconda cittĆ romena: lāaccusa ĆØ di incitare allāodio etnico. Il 16 dicembre cāĆØ una prima dimostrazione: i membri della comunitĆ ungherese circondano lāabitazione di Tƶkes, per impedire alla polizia di prelevarlo. Molti studenti li affiancano. Il 17 polizia, esercito e Securitate sparano sui manifestanti. Lo scaltro Ceausescu si dilegua il 18, va in visita ufficiale a Teheran. Gli scontri, ormai, trasformano TimisĆ“ara in un campo di battaglia. Il 20 Ceausescu rientra. Radio e tv romene tacciono, ma la notizia dei disordini arriva tramite Voice of America e Radio Free Europe.
Nel frattempo il regime organizza una contromanifestazione per il 21, a supporto di Ceausescu, ricordando il suo no ad inviare i carri armati romeni a Praga nel 1968. Il raduno, davanti al palazzo del Comitato Centrale in quella che oggi ĆØ Piazza della Rivoluzione, degenera in tumulti di protesta. Il presidente e la moglie restano attoniti. La folla circonda il palazzo. Ceausescu chiede che venga cacciata. Ma nessuno difende il palazzo. I due e pochi altri scappano in elicottero. Sono perĆ² costretti ad atterrare 45 minuti dopo perchĆ© lo spazio aereo ĆØ stato chiuso. La fuga continua a piedi, i Ceausescu sono inseguiti dai cittadini di TargoviÅ”te che vorrebbero arrestarli, un gruppo di soldati li cattura e li infila dentro un blindato. Non sanno che farsene. Aspettano ordini. Che arrivano: portateli alla vicina caserma 01417.
Intanto, il Consiglio del Fronte di Salvezza Nazionale, sia pure tra contrasti, vara un Tribunale eccezionale. I militari premono perchĆ© il processo a Ceausescu si faccia subito, e che i due siano fucilati. Ion Iliescu, il presidente del Fronte, sostiene che tutto sia fatto secondo le regole. Il generale Victor Stanculescu lo convince a firmare il decreto. Nel frattempo ha giĆ selezionato lo squadrone dei paracadutisti tra i quali scegliere i tre del plotone dāesecuzione. Insomma, il processo ha giĆ una sentenza.
Il processo si svolge nel tardo mattino di Natale. Il presidente deposto nega la validitĆ del tribunale e reclama lāincostituzionalitĆ di un tale processo. Le accuse sono cinque. La prima, genocidio di 60mila persone. Falsa. La seconda, la tera e la quarta sono di natura politica: sovversione del potere statale con lāorganizzazione di azioni armate contro il popolo e il potere statale; offesa e distruzione della proprietĆ pubblica; compromissione dellāeconomia nazionale. La quinta riguarda il tentativo di fuga dal paese coi fondi di oltre un miliardo di dollari depositati in banche straniere. Non fu mai provata, sebbene ci sia stata una commissione dāinchiesta con esperti canadesi che non rintracciarono nulla. Lo stesso Tribunale eccezionale era illegale, poichĆ© Ion Iliescu non aveva il diritto il potere legale di firmare il decreto. Il processo dura meno di unāora. Gli avvocati difensori, militari come i giudici, ad un certo punto abbandonano la difesa e passano dallāaltra parte.
La sentenza ĆØ eseguita nel primo pomeriggio. Centoventi proiettili crivellano i coniugi Ceausescu.
Anni dopo, nel 2009, Stanculescu alla Bbc ammise che il processo era ānon giusto, ma necessarioā, poichĆ© lāalternativa sarebbe stata il linciaggio di Ceausescu nelle strade di Bucarest. Altri leader sostennero che la sua morte avrebbe fermato attacchi terroristici āin atto contro le nuove istituzioniā. Peccato che non fu mai rilevata lāesistenza di presunti complotti a favore del vecchio regime. E molto prima, lo stesso Iliescu confessĆ² che la vicenda della fine dei Ceausescu fu un atto āvergognoso ma necessarioā.
In realtĆ , il processo fu unāingiuria alla giustizia e alla democrazia che il Fronte rivoluzionario voleva instaurare, per smantellare lāodioso apparato comunista e lāinsopportabile ingerenza dei servizi segreti. Molte violazioni furono commesse: per esempio, i due imputati non furono sottoposti alle visite psichiatriche obbligatorie. Non gli fu permesso di scegliersi i difensori e a quelli imposti fu concesso dieci minuti per conferire coi clientiā¦ La improvvisata corte composta tutta da giudici militari non ebbe alcun fascicolo dāinchiesta presentato come prova dāaccusa. Il verdetto dei giudici, comunque, permetteva il ricorso alla Corte Suprema, ma la sentenza eseguita pochi minuti dopo il verdetto, rendendo la norma inapplicabile. Non solo: la legge romena proibiva lāesecuzione di una condanna a morte prima di dieci giorni dalla sentenza. Dopo lāesecuzione dei Ceausescu, la Romania vietĆ² la pena capitale.
Col senno di poi, va segnalato che il processo di decomunistizzazione non ĆØ andato molto oltre la fucilazione dei Ceausescu, e che la questione degli archivi ā ossia dei segreti di Stato al tempo del regime ā ĆØ rimasta problematica. I romeni (come del resto i bulgari) non ĆØ che abbiano lustrato sino i fondo gli angoli oscuri del loro passato e quello di chi comandava nel Paese, a cominciare dagli stessi militari che si erano posti alla guida del Fronte.
Nellāagosto del 2006, il presidente romeno Traian Basescu, durante la sua prima visita al Consiglio nazionale incaricato di studiare gli archivi della Securitate, dichiarĆ²: āLa Romania non avrebbe potuto raggiungere lāUnione Europea senza aprire gli archivi della Securitateā. Nel 2019, i nostalgici del dittatore hanno commemorato i trentāanni della sua morte, sfidando la legge che proibisce ogni manifestazione pubblica del genere. Secondo un sondaggio dāallora, piĆ¹ del 40 per cento dei romeni riteneva che la situazione del Paese fosse peggiore di quella ai tempi del regime comunista, mentre soltanto il 33 per cento pensava che si stesse meglio (col 17 per cento che crede nulla sia cambiato).
CosƬ si spiega anche la recentissima e clamorosa decisione della Corte costituzionale romena (6 dicembre) di annullare le elezioni presidenziali con la scusa delle interferenze russe. Al primo turno delle presidenziali, infatti, avvenute lo scorso 24 novembre, il piĆ¹ votato era stato lāindipendente di estrema destra Calin Georgescu, accanito filorusso, che aveva sconfitto i candidati dei partiti tradizionali, dopo una campagna condotta quasi esclusivamente sui social media, grazie, a quanto risulta, a grossi contributi finanziari e a manipolazioni attribuite alla longa manus di Mosca. Il concetto che ha guidato la scelta della Corte ĆØ da ricondursi alla cosiddetta ādemocrazia militanteā, in qualitĆ di guardiano della costituzione e delle elezioni. Secondo i politologi romeni, la consultazione annullata perchĆ© ritenuta viziata da vistose irregolaritĆ e da mancanza di rispetto nei confronti degli elettori: lāargomentazione ĆØ discutibile, semmai dimostra la fragilitĆ politica del Paese e ricorda un poā quel che successe coi Ceausescu.
Ora si tratta di capire quali reazioni possa innescare, nel corso delle prossime settimane, lāannullamento del voto. GiacchĆ© non elimina i problemi del Paese, tanto meno le loro cause profonde. Corruzione, scarsa trasparenza, crisi della democrazia (sic: mal comune mezzo gaudioā¦), precarietĆ delle istituzioni romene. Come hanno scritto i quotidiani di Bucarest, Georgescu āincarna la complicitĆ che ancora esiste tra alcuni settori della societĆ e la Securitateā. Il suo messianesimo āha rispolverato non solo le idee dei legionari della Guardia di Ferro (il partito fascista ed antisemita attivo negli anni Trenta) e di Ion Antonescu, dittatore dal 1940 al 1944, ma anche il tribalismo degli anni di Ceausescuā (Ioan Stanomir). Allora Mosca non approvava certe sue scelte āaperturisteā verso lāOccidente.
Oggi la storia si ripete. Mosca, foraggiando con la Cina il candidato Georgescu, conduce una sorta di guerra ibrida contro la Romania, avamposto Nato e cruciale via di transito per il grano prodotto dallāUcraina. La sfiducia crescente dei romeni verso chi li ha guidati negli ultimi lustri (Klaus Iohannis, partito nazional-liberale, centrodestra, ĆØ presidente da dieci anni) e la delusione per la mediocritĆ dei governi, favoriscono populismo e culto dellāuomo forte, nemico dei valori democratici e liberali. Per smantellare lāordine costituito. Ed essere una spina nel fianco dellāEuropa e della Nato.
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