Lo Scarpone – Le grandi invernali che hanno fatto la storia

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L’Aiguille Noire de Peuterey

Il 21 dicembre è ormai passato da qualche giorno; un tempo il solstizio d’inverno segnava la data “ufficiale” per certificare una salita invernale. Oggi, vuoi per le mutate e particolari condizioni meteo, vuoi per un costume che nel frattempo è cambiato, i confini temporali si sono fatti più sfumati, ma l’arrivo della stagione fredda accende comunque l’attenzione sulle prossime realizzazioni. E in attesa della cronaca, abbiamo voluto “rispolverare” dieci invernali che hanno fatto la storia del nostro alpinismo.

Premettiamo che non si tratta di una classifica e nemmeno di un elenco più o meno esaustivo. È solo un modo per omaggiare grandi imprese e magari stimolare la voglia di andare a rileggere qualche avvincente pagina di storia alpinistica. Iniziamo con le prime cinque, a cui ne seguiranno altrettante in un secondo articolo.

Prima invernale della Comici-Dimai alla parete nord della Cima Grande di Lavaredo – Fritz Kasparek e Sepp Brunhuber – 20 e 21 marzo 1938

La linea “simbolo” delle Tre Cime è stata aperta solo cinque anni prima e l’impresa dei due austriaci può essere considerata una pietra miliare dell’alpinismo, perché per la prima volta una via di marcata difficoltà viene superata nella stagione più fredda. Il concetto di salita in invernale non ha ancora preso piede all’epoca, tant’è che i due alpinisti non vogliono ripetere l’itinerario tanto come exploit in senso assoluto, ma piuttosto per prepararsi alle difficoltà della nord dell’Eiger, che Kasparek stesso scalerà con successo nell’estate successiva insieme ad Heckmair, Vorg e Harrer.

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Prima invernale della Punta Walker alle Grandes Jorasses – Walter Bonatti e Cosimo Zappelli – dal 25 al 30 gennaio 1963 

C’è un filo rosso che lega l’alpinismo e le vite di Riccardo Cassin e Walter Bonatti; fin dalle prime scalate in Grignetta – la palestra che li ha formati entrambi- e che si riemerge nel corso della storia di Walter. Nel 1963, un quarto di secolo dopo l’eroica impresa di Cassin, Tizzoni ed Esposito e dopo un lungo studio della via e delle condizioni, Bonatti e Zappelli attaccano e vincono il mostro di ghiaccio, come Epoca aveva definito la nord delle Grandes Jorasses, una delle più temibili pareti dell’arco alpino. I due si trovano a scalare con temperature che raggiungono i -30 gradi e dal secondo giorno vengono pure investiti da una bufera. Dopo due giorni di impasse sotto la fessura Allain, abbandonano il sacco delle provviste per essere più agili e salendo con decisione ingaggiano una vera e propria lotta per la sopravvivenza. Sbucano in vetta solo la mattina del 30 gennaio, e avranno ancora tutto il rientro da fare…

La copertina di Epoca dedicata all’impresa

Prima invernale della via delle guide al Crozzon di Brenta – Roberto Chiappa, Gianluigi Pumela Lanfranchi, Antonio e Giovanni Rusconi – dal 7 al 14 marzo 1969 

I lecchesi battezzano il capolavoro di Bruno Detassis come obiettivo irrinunciabile, nonostante condizioni ambientali davvero proibitive: temperature di oltre 30 gradi sotto zero, neve che intasa ogni fessura e cengia. C’è già stato un tentativo prima di Capodanno, con Alessandro Gogna e Leo Cerruti, che hanno rinunciato sotto il grande tetto. Anche in questa occasione la montagna si mostra respingente come non mai. I quattro non hanno jumar, spazzolano gli appigli su placche e diedri per cercare di pulire il possibile. Quando sono ormai quasi in cima perdono anche la sacca con i viveri e si devono rifugiare nel bivacco Castiglioni in mezzo alla tempesta. Il giorno dopo devono traversare dal Crozzon alla Tosa: non è banale in estate, figuriamoci nella bufera. Sulla vetta della Tosa organizzano un nuovo bivacco in una buca nella neve, riescono a mettersi in salvo solo il giorno successivo con una precipitosa discesa verso il Pedrotti e infine Andalo.

 

Trittico del Frêney – Renato Casarotto – dal 1 al 15 febbraio 1982

Sono diversi anni che Casarotto pensa a un concatenamento sul Monte Bianco e già nel 1980 ha fatto un tentativo, partendo dalla cresta sud dell’Aiguille Noire de Peuterey. Il 1° febbraio di due anni dopo riprova, attaccando la ovest, senza radio e con uno zaino da 40 chilogrammi che contiene una tenda e i viveri necessari per muoversi in autonomia. Arrampica la via Ratti-Vitali, si cala verso il ghiacciaio del Freney, lo risale e scala la Gervasutti-Boccalatte al Picco Gugliermina, in tre giorni, con forte innevamento. Chiude con la via Bonington al Pilone Centrale del Frêney. Il 14 febbraio raggiunge la vetta del Monte Bianco dentro una fitta nebbia, per scendere il giorno successivo a Chamonix, lungo il versante francese, che non aveva mai percorso.

Renato Casarotto durante il trittico

Trilogia delle Alpi – Catherine Destivelle – dal 1992 al 1994

Sempre in solitaria, la fortissima alpinista francese completa nel 1994 un progetto che racchiude tre tra le più importanti nord delle Alpi: l’Eiger, la già citata Cassin allo Sperone Walker delle Grandes Jorasses e la Bonatti sul Cervino. Inizia dall’Eiger, che sale in sole 17 ore, chiude con la Gran Becca in 4 giorni. Realizza probabilmente anche la seconda solitaria assoluta lungo il severo itinerario che aveva aperto il grande maestro nella sua ultima grande impresa alpinistica. In tutti e tre i casi si tratta anche della prima solitaria femminile, ma la grandezza della triolgia non sta certo nella questione di genere.

 

Catherine Destivelle, una delle alpiniste più polivalenti al mondo



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