«L’aereo azero abbattuto dai missili della Russia». In Ue cala il sostegno a Kiev

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Per Reuters la contraerea di Mosca potrebbe aver abbattuto l’aereo di linea per errore. Il ministro Lavrov esclude una tregua. Putin: «Vogliamo chiudere il conflitto, non congelarlo». Contrattacco ucraino nella regione di Zaporizhzhia in risposta all’offensiva del giorno di Natale. Ma in Europa, alla luce di Trump, sempre meno cittadini si schierano con l’Ucraina

La Russia vuole porre fine al conflitto con l’Ucraina non congelarlo. Vladimir Putin torna a ribadire la propria posizione e guarda al 2025, anno in cui, Mosca cercherà ancora di raggiungere «tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale». Nessun passo indietro anche se, durante la recente visita al Cremlino del premier slovacco Robert Fico, che ha dato la disponibilità del proprio paese a ospitare i colloqui per mettere fine alla guerra, «si è parlato principalmente di un accordo di pace in Ucraina».

Putin ha parlanto nel giorno in cui l’agenzia Reuters ha scritto, basandosi su quattro fonti che hanno ricostruito l’accaduto e che contraddicono la versione dell’incidente, l’aereo di linea della Azerbaigian Airlines che il giorno di Natale è precipitato in Kazakistan, uccidendo 38 passeggeri, è stato colpito dalle difese anti aeree della Russia.

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Il velivolo è precipitato vicino alla città kazaka di Aktau, ma ha attraversato un lembo dello spazio aereo del paese dove la contraerea russa è stata spesso in attività per contrastare i droni ucraini. Prende corpo perciò un’ipotesi già accreditata nelle prime ore dopo il fatto.

Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha invitato a non giungere a conclusioni affrettate: «Sarebbe sbagliato avanzare qualsiasi ipotesi prima della conclusione delle indagini. Noi ovviamente non lo faremo, e nessuno dovrebbe farlo. Dobbiamo aspettare fino alla fine delle indagini».

Nel frattempo, le forze ucraine hanno lanciato un contrattacco nella regione di Zaporizhzhia in risposta all’offensiva del giorno di Natale con cui i russi hanno causato pesanti danni alla rete elettrica in tutto il paese. Secondo il governo di Kiev, 20 dei 31 droni lanciati dai russi durante la scorsa notte sono stati abbattuti, ma un attacco nella città di Nikopol ha colpito l’area del mercato, ferendo almeno 8 persone.

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che aveva duramente criticato l’attacco russo di mercoledì, ha dato disposizione di accelerare la consegna delle armi promesse agli ucraini nella fase cruciale del conflitto che precede l’insediamento di Donald Trump.

La variabile

Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha escluso un cessate il fuoco. «Una tregua è una strada che non porta a nulla», ha detto ai cronisti, spiegando che l’occidente approfitterebbe della pausa nelle ostilità per riarmare Kiev. Quello che serve, invece, è «un accordo legale definitivo che assolva tutte le condizioni per la sicurezza della Federazione russa e, naturalmente, per i legittimi interessi di sicurezza dei nostri vicini», ha detto Lavrov, sottolineando che l’accordo deve essere scritto in modo «che sia impossibile violare i patti».

Si tratta di una reiterazione fumosamente diplomatica di quello che Mosca ripete da tempo: l’accordo non può prevedere concessioni territoriali significative all’Ucraina, che contestualmente deve impegnarsi a non entrare nella Nato né in altre alleanze militari difensive con l’occidente. Condizioni inaccettabili per Kiev.

Trump è l’indecifrabile variabile in questa insolubile equazione diplomatico-militare. Il generale Keith Kellogg, scelto dal presidente eletto come inviato speciale per l’Ucraina, ha detto la settimana scorsa che entrambe le parti sono pronte per negoziare sulla pace, ma nella logica rovesciata del Cremlino è stata Washington a far saltare i canali di comunicazione – non l’invasione dell’Ucraina – e quindi gli americani «devono fare la prima mossa», secondo Lavrov.

Lo scenario è complicato anche dal rapido indebolirsi del sostegno all’Ucraina presso le opinioni pubbliche occidentali.

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Sostegno occidentale in calo

Un nuovo sondaggio di YouGov che misura il sentimento verso Kiev in Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Svezia e Danimarca segnala che in dicembre è crollata la percentuale di chi è pronto a sostenere Kiev «fino alla vittoria», un dato negativo che corona 12 mesi di declino.

Cresce ovunque, secondo i sondaggisti, il sostegno per una soluzione negoziata al conflitto. Nel Regno Unito, in prima linea per Kiev, i due gruppi – sostenitori e negoziatori – sono per la prima volta dall’inizio del conflitto a pochi punti di distanza fra loro. Il 36 per cento vuole andare avanti fino alla vittoria, il 32 per cento una trattativa.

La maggioranza dei cittadini in questi sette alleati dell’Ucraina pensa che Kiev non stia ricevendo sufficiente assistenza militare per combattere contro un nemico più forte, ma allo stesso tempo soltanto una minoranza (il 29 per cento in Svezia, paese più filo-ucraino fra quelli considerati) sostiene che le forniture debbano essere incrementate. Insomma, nemmeno i più inflessibili sostenitori della causa ucraina credono che la soluzione del conflitto possa arrivare da una vittoria.

La maggioranza degli intervistati non vede positivamente eventuali concessioni territoriali a Mosca. Ma allo stesso tempo pensa che gli Stati Uniti abbandoneranno l’Ucraina una volta che Trump sarà insediato alla Casa Bianca, il 20 gennaio. Il presidente eletto sta spegnendo i propositi anche degli animi più idealisti.

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