Il 2024 del fisco, dalla riforma al concordato preventivo

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Il 2024 non si è fatto mancare nulla per quanto riguarda il fisco. È iniziato con l’attuazione della riforma fiscale e si avvia a conclusione con la successione o, meglio, l’avvicendamento del direttore dell’Agenzia delle entrate. In mezzo gli psicodrammi, che in materia tributaria non mancano mai, delle scadenze e del concordato preventivo biennale. Negli studi professionali non si perde tempo e si attende già il 2025 della cooperative compliance e della attuazione della nuova riscossione.

Ecco cosa è successo sull’ottovolante fiscale.

Riforma fiscale

Avviata con la legge delega 111 del 2023, è il 2024 il suo anno: quello dei decreti legislativi approvati a ritmo stretto e serrato. Sono quelli a costo zero, cioè senza troppi impatti per le casse pubbliche.

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Il decreto legislativo n. 1 del 2024 non poteva che appartenere a questo processo di attuazione ed è stato quello per la semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari. Una riforma del calendario fiscale, anche se i problemi e gli strepiti sotto scadenza delle dichiarazioni non sono mancati anche quest’anno. Diminuiti però i ricorsi alle proroghe e ai rinvii last minute, che sia solo rassegnazione o desiderio di fare cassa, la pratica della proroga infinita sembra ridursi.

La riforma fiscale a costo zero con 14 decreti legislativi (tra fine 2023 e tutto il 2024) è intervenuta tra l’altro sugli accertamenti, sulle sanzioni, le dogane, la riscossione, il penale tributario, lo statuto del contribuente, i tributi cosiddetti minori, il processo tributario e l’avvio della riforma dell’Irpef. Questo viaggio si è chiuso con l’ultimo dei decreti pubblicati in Gazzetta, il numero 192/2024 su Irpef/Ires per i lavoratori autonomi e le imprese.

Concordato preventivo biennale

Merita un paragrafo a sé la vera novità fiscale del 2024.

Il concordato preventivo biennale è un istituto volto a favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi dichiarativi, in sintesi il contribuente concorda le imposte da pagare in base a dei parametri con l’amministrazione per i prossimi due anni. In teoria, un patto win win: io so quanto devo versare, tu Agenzia non mi controlli e accerti, e tu stato puoi programmare con due anni di incassi assicurati altri interventi, ad esempio una ulteriore riduzione dell’aliquota Irpef per il ceto medio. Facile no? Non proprio.

Su questo istituto si sono concentrate troppe aspettative. Le norme sono state emanate, testate, modificate in un provvedimento che via via si è un pò avvitato su sé stesso, perdendosi, complicandosi, autocorreggendosi. Molto alte le aspettative, l’hype, come dicono quelli moderni, anche in campo fiscale.

Gli incassi non hanno centrato le stime iniziali: 1,6 miliardi, contro 2,4 miliardi attesi.

Il primo anno di applicazione sarà affinato, ci si farà il callo, diventerà uno strumento standard di pianificazione fiscale dei contribuenti/soggetti Isa? Possibile. Ora si attendono gli sviluppi dei controlli legati ai dati a disposizione dell’amministrazione finanziaria.

Riforma della riscossione

La grande incompiuta, per il momento. Il magazzino delle cartelle giacenti e di difficile recupero è ormai a cifre fuori controllo: 1.246 miliardi, in costante aumento. È stata istituita una commissione che dovrà proporre metodi e modi per la gestione di tutti questi incagli, mentre per il futuro si procederà più spediti al discarico automatico delle cartelle, ma non si può ignorare l’aumento delle rate per poter rimediare e pagare i ruoli che l’Agenzia delle entrate riscossione contesta ai contribuenti. Si attende con ansia il decreto che disciplinerà i modi di avvio dei nuovi piani di dilazione.

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Redditometro, la parola tabù

Quasi dimenticato, snobbato per prima dall’Agenzia delle entrate, uno strumento ormai solo sulla carta ha conosciuto una breve intensissima settimana di ribalta, seconda sola al 2008, quando in cinque minuti l’Agenzia delle entrate pubblicò on-line le dichiarazioni dei redditi di tutti i contribuenti italiani (che giorno fu quello!).

Si è quasi bissato lo scontento, le critiche, la rivolta, tanto da dover sterilizzare con atto di indirizzo l’applicazione di un decreto ministeriale di aggiornamento dei coefficienti per effettuare l’accertamento sintetico. Il governo in primis e l’amministrazione a ruota si sono precipitati a un ripensamento della misura con paletti ulteriori al suo utilizzo. L’insegnamento è che agli italiani non puoi fare la morale fiscale, ma un accertamento sintetico motivato sì.

Intelligenza artificiale, primi test applicativi

È stato il debutto vero e proprio dell’utilizzo di sistemi più sofisticati di analisi del rischio negli accertamenti e nei controlli dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza. Se il primo esperimento concreto sono state le 700 mila lettere inviate come moral suasion sul concordato, il test ha avuto l’effetto di far arrabbiare non pochi contribuenti. Ma non c’è solo questo: moltissime lettere di compliance e avvisi bonari potranno contare su dati sempre più mirati e selettivi che portano a incassi sempre più in crescita per l’amministrazione.

Agenzia delle entrate, cambio al vertice ma per un anno

Dicembre 2024 segna il passaggio del testimone tra il dimissionario direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto M. Ruffini e il suo direttore vicario nominato direttore Antonio Carbone. Troppi dossier tecnici aperti da perfezionare e chiudere e necessaria una veloce ricucitura dello strappo creato dalle dimissioni, con un’intervista al Corriere della Sera, del direttore Ruffini, ai vertici dell’amministrazione fiscale, tra Riscossione ed Entrate, da quasi dieci anni.

Un anno di guado e di riflessione in cui però l’Agenzia dovrà come sempre correre verso la digitalizzazione, gli obiettivi di recupero dell’evasione e l’attuazione di quello che manca della riforma fiscale.

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