In Puglia a rischio oltre 11mila posti di lavoro e 48 vertenze da gestire. Ecco quali e dove

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Aumentano le crisi aziendali in Puglia, passando da 38 a 48 in due anni e, soprattutto, sono oltre 11mila i lavoratori a rischio, escludendo quelli di Acciaierie d’Italia. Un dato da far tremare i polsi.

«Se si pensa che palazzo Mincuzzi in via Sparano va alla chiusura, sanguina il cuore». Il presidente del Sepac, la task force regionale per l’occupazione, Leo Caroli, ha appena terminato un incontro per l’ennesimo tavolo di crisi. Si tratta del colosso, crollato, di Benetton e in particolare dei 3 negozi di Bari, in pratica 40 persone che perdono il posto di lavoro. Le parole di Caroli superano la freddezza delle cifre e delle percentuali, per tracciare in poche battute un sentimento di tristezza, non solo per i tanti lavoratori pugliesi il cui posto di lavoro è a rischio, ma anche per il valore iconico di palazzo Mincuzzi, simbolo di una Bari commerciale, attiva, vivace, levantina.

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Il Sepac è l’organismo regionale che si occupa di aziende in crisi e tenta, non sempre riuscendoci, di evitare che le aziende chiudano e di tutelare i lavoratori. Perché quando un’azienda chiude o si sposta altrove, basti ricordare la vicenda Baritech, è una sconfitta per tutti e non solo per i lavoratori che ne subiscono le immediate e più pesanti ripercussioni. Il Sepac gestisce le crisi di impresa per la Regione Puglia. E nei giorni scorsi al Mimit (ministero delle imprese e del made in Italy) sono state convocate tutte le Regioni per discutere di modello di gestione delle crisi di impresa. «Ebbene l’esperienza pugliese – riferisce Caroli con una malcelata punta di orgoglio – è stata assunta come modello di riferimento per gli altri che non hanno neanche l’unità delle crisi e la soluzione delle stesse viene lasciata al libero mercato. Questo ci spinge a fare ancora meglio». Spesso si dà spazio alle cifre, senza tener conto che quei numeri sono persone, da cui ne dipendono altre, padri e madri di famiglia che si ritrovano nel giro di poche settimane, senza uno stipendio sicuro, con le bollette e le rate del mutuo che non cambiano, anzi aumentano, con i figli da mantenere. Persone che si ritrovano con contatti di solidarietà pari spesso a metà o al 60% di stipendio o in cassa integrazione. Persone, non numeri. Solo chi ha vissuto l’esperienza degli ammortizzatori sociali o della Naspi può capire fino in fondo i drammi che vivono quei lavoratori la cui azienda è in crisi o fallisce. «Il nostro modello – riprende Caroli – è prenderci in carico tutte le crisi anche le più disperate, di aziende con 4 dipendenti come di quelle che ne hanno migliaia, come Natuzzi. Noi non vogliamo essere meri notai che prendono atto, ma vogliamo provare a risolvere».

Il report

Il report sullo stato delle crisi industriali gestite dalla Regione Puglia, verrà pubblicato agli inizi del prossimo anno, l’ultimo risale a fine 2022. I nuovi dati fotografano lo stato delle crisi a ottobre del 2024. Le sedute di tavoli della task force sono state 111 quest’anno, i fascicoli trattati 48. Rispetto ai 38 tavoli del 2022 ce ne sono 10 in più. Di questi 48, 22 sono accordi di monitoraggio, cioè intese raggiunte per evitare i licenziamenti, sono aziende quindi monitorate, come la Natuzzi. «In questo caso – specifica il presidente Caroli – è stato fatto un investimento di 35 milioni di euro, è stata fatta la reindustrializzazione, sta rientrando l’attività dalla Cina e dalla Romania, noi monitoriamo che tutto proceda bene». Altri 10 sono tavoli di crisi che attengono a reindustrializzazioni già effettuate, tipo Selektica per l’ex Om a Bari, OVV per l’ex Alcar a Lecce. Altri 10 riguardano aziende in piena crisi, come Benetton. Infine 6 tavoli riguardano i “bacini delle professionalità”. In pratica una volta acclarata la crisi dell’azienda, come avvenuto per Baritech, viene costituito presso l’Arpal un bacino delle competenze, composto dai lavoratori in esubero da quella dismissione. Alle aziende che accedono al contratto di programma per investimenti in Puglia, viene sottoposto prioritariamente questo bacino di lavoratori, anche come condizione per accedere a agevolazioni e contributi pubblici previsti dal contratto di programma. «La straordinaria novità – sottolinea il presidente del Sepac – è l’adozione di un provvedimento nell’ambito del contratto di programma, che prevede la maggiorazione del 5% dell’aiuto pubblico a favore dell’investimento privato, qualora si reclutino queste persone. Per un contratto che si aggira sui 30-40 milioni il 5% rappresenta una dote notevole che mettiamo a disposizione di questi lavoratori che altrimenti anche per l’età, avrebbe difficoltà a ricollocarsi».

Quanto ai settori di appartenenza dei 48 tavoli di crisi, 13 sono del settore metalmeccanico, 7 dei servizi, 6 dell’editoria, 5 tavoli per la chimica, plastica, farmaceutica, 6 per il Tac (tessile, abbigliamento, calzaturiero). Poi 4 della logistica, (crisi del consorzio Soa di Bari con 2mila dipendenti) 3 tavoli riguardano la grande distribuzione, 2 il settore delle telecomunicazioni, 1 dell’agroalimentare e 1 dell’edilizia. Quanto alla divisione per provincia, 8 sono di quella di Bari, 9 crisi a Taranto, 8 a Brindisi, 5 tavoli a Lecce, 3 a Foggia, 2 nella Bat. Poi ci sono tavoli regionali, editoria, chimica, il tavolo di Acciaierie, il tavolo Tac, quello dell’automotive. I lavoratori coinvolti nelle crisi sono 11.641 compresi i 1500 di “Ilva in amministrazione straordinaria” che da 10 anni sono in cassa integrazione straordinaria. Non rientrano in questo computo gli 8500 di Acciaierie d’Italia di cui 4500 sono in cassa integrazione. Degli 11.641, 4608 sono fruitori di ammortizzatori sociali, i famosi monitorati, 547 sono gli esuberi, 473 i lavoratori già ricollocati. Oltre quelli di Sangalli, Selektica, Ovv e quelli di Ecologistic, ci sono anche i 55 lavoratori che si sono costituti in cooperativa e stanno rilevando la propria azienda l’ex Dopla di Manfredonia. 281 i lavoratori inseriti nelle liste dei bacini di professionalità a seguito della cessazione del rapporto di lavoro (Baritech e Palace).

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