Lavoro, il governo evita lo scontro ideologico e spiazza il sindacato. Le grandi riforme non affrontate e i temi tenuti lontano

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L’approvazione finale in Senato del ddl 1264 (c.d. “Collegato Lavoro” della legge di bilancio) suggerisce alcune riflessioni a caldo su un testo di cui si conosce ormai il contenuto definitivo. La prima riflessione è di carattere sistematico e riguarda l’approccio di questo governo alle tematiche del diritto del lavoro. Fin dagli esordi con i cosiddetti “decreti di maggio”, e almeno fino ad ora, l’attuale esecutivo non ha puntato su “riforme organiche” a forte caratterizzazione ideologica, ma si è concentrato su interventi molto mirati e tecnici, ispirati a uno spiccato pragmatismo. L’idea sottesa agli interventi normativi non è quella di creare nuovi istituti o nuovi assetti regolativi su materie critiche, bensì di intervenire – si direbbe con lo spirito del consulente del lavoro – laddove siano evidenti criticità conclamate, cioè di porre rimedio a misure che non hanno prodotto i risultati sperati o hanno creato ulteriori problemi.

Evitare la contrapposizione ideologica

Questo non significa che quanto operato dall’esecutivo abbia minor valore rispetto alle riforme – a volte anche troppo ambiziose – del passato, ma più semplicemente indica che l’attuale esecutivo cerca di evitare la contrapposizione ideologica e di minimizzare la polarizzazione del dibattito politico e sociale, con l’ulteriore conseguenza di spiazzare il sindacato, costretto a riempire di macro-conflittualità politica uno spazio invero assai ristretto e povero di concrete istanza rivendicative. Infatti, se è vero che gli interventi proposti dal governo sono ispirati al pragmatismo più che all’ideologia, allora lo sciopero viene automaticamente a configurarsi come di carattere politico. Il collegato lavoro approvato dal Senato non sfugge alla filosofia di fondo appena enunciata, spiccando in esso alcune utili messe a punto tecniche su istituti classici del diritto del lavoro.

Il tempo determinato

In questo quadro può accogliersi con favore l’intervento relativo alla durata del periodo di prova nel contratto di lavoro a tempo determinato: tema che negli anni è stato spesso oggetto di discussione tra gli addetti ai lavori, e di dubbi applicativi da parte degli operatori delle risorse umane. Analogamente interessante e assai attuale è l’intervento relativo alla cessazione del rapporto di lavoro a seguito di assenza ingiustificata prolungata: in questo caso è apprezzabile la volontà legislativa di contrastare una deriva impropria dell’assenza ingiustificata, usata come strumento per ottenere il trattamento di Naspi.

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Le grandi riforme non affrontate

Sempre a titolo esemplificativo assumono interesse e una certa innovatività le disposizioni sull’apprendistato duale e sui contratti misti.
Non mancano momenti in cui la ratio semplificatrice della nuova normativa non riesce a sopravanzare la difficoltà tecnica della materia regolata, come accade in relazione ad alcuni aspetti della mini-riforma del lavoro somministrato. Nel suo complesso, si tratta di un intervento legislativo con obiettivi limitati e mirati, in sostanziale continuità con i precedenti “lavoristi” di questo governo che, occorre ricordarlo, sta operando in una fase espansiva del mercato del lavoro. Certo, l’approccio ed il contesto appena descritto hanno condotto – almeno finora – legislatore a non affrontare le grandi riforme invocate dall’opposizione e da buona parte della dottrina e del movimento sindacale, quali la riforma dei licenziamenti, la rappresentanza sindacale e il salario minimo regolati per legge, la decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi in costanza del rapporto di lavoro. Ma a tale proposito vanno svolte due osservazioni.

I temi da cui il governo si tiene lontano

La prima osservazione è che sia il ddl di Bilancio, sia lo schema di decreto correttivo del codice dei contratti pubblici, in via di approvazione in Parlamento e in cdm, contengono importanti novità in materie “di sistema” come la previdenza complementare e la contrattazione collettiva applicabile negli appalti pubblici. La seconda osservazione riprende quanto rilevato all’inizio: è plausibile che da questi temi il governo si sia voluto tenere lontano, finora, un può pei motivi già sopra illustrati, un po’ per mancanza di convinzione circa la reale necessità od opportunità di siffatti interventi; e che resti, al fondo, non del tutto convinto dell’opportunità di scendere in quell’agone ad esso, forse, poco congeniale.

Autore

Fondatore di LabLaw e consigliere esperto Cnel





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