Riforma, Pnrr e non solo per sconfiggere la siccità. Parla Pichetto Fratin

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L’intervista a Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica sulla strategia del Governo per sconfiggere la siccità e migliorare la gestione dell’acqua

La strategia del Governo contro la siccità passa dalla riforma del settore idrico, fondi del Pnrr, concessioni idroelettriche e non solo. Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, svela tutti i progetti del Mase per organizzare la distribuzione di acqua in modo più efficiente.

La riforma del settore idrico porterà ad aumenti tariffari o gli operatori otterranno incentivi?

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L’obiettivo della riforma è consolidare le regole per incentivare gli investimenti necessari, promuovendo una maggiore efficienza nella gestione, anche sotto il profilo energetico, e orientare gli operatori verso soluzioni innovative e a basso impatto ambientale. L’aggiornamento biennale delle tariffe verrà calibrato in modo da garantire un equilibrio tra sostenibilità finanziaria per gli operatori e accessibilità per i cittadini. L’accento è posto sugli investimenti di lungo periodo. Il governo è impegnato a garantire un uso sostenibile delle risorse idriche e a organizzare la distribuzione in modo sempre più efficiente, per assicurare ai cittadini le migliori condizioni di utilizzo, ma è necessaria un’assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori in gioco e una collaborazione attiva tra istituzioni, aziende pubbliche e private che il MASE sta costantemente perseguendo.

Quanti fondi mette a disposizione la Missione 2 della componente 4 del Pnrr? Quanti sono stati investiti ad oggi?

Il Pnrr rappresenta un’opportunità fondamentale per il settore idrico del nostro Paese. Nell’ambito della Missione 2, Componente 4, abbiamo stanziato circa 4,38 miliardi di euro per progetti specificamente legati alla gestione delle risorse idriche. Di questi, 900 milioni di euro sono stati destinati alla riduzione delle perdite nelle reti idriche e altri fondi sostanziali sono stati assegnati alla manutenzione, all’ammodernamento delle infrastrutture e alla costruzione di nuovi invasi. Un esempio rilevante è il progetto di digitalizzazione delle reti, che mira a monitorare meglio il consumo e a prevenire sprechi significativi.

Parliamo di dissesto idrogeologico, l’anno scorso sono stati aggiudicati tutti gli appalti pubblici per interventi di gestione e riduzione dei rischi idrogeologici, come previsto dalle “Misure per la gestione del rischio di alluvione del Pnrr”, per un importo pari a 1.287.100.000 euro. La deadline è il 2026, quanti progetti sono stati avviati e a che punto sono?

Al momento, l’Italia sta facendo importanti progressi nella gestione del dissesto idrogeologico, con 1,29 miliardi di euro stanziati nel Pnrr per 1.713 progetti volti a ridurre i rischi idrogeologici e alluvionali. Anche se l’avanzamento è attualmente inferiore rispetto a quello inizialmente previsto per questo stadio, siamo fiduciosi che gli interventi possano recuperare terreno nei prossimi mesi. Stiamo lavorando intensamente per rispettare la deadline del 2026, garantendo la protezione di circa 1,5 milioni di persone a rischio.

Entrando nel dettaglio, è pienamente operativo il sistema avanzato e integrato di monitoraggio e previsione degli effetti del cambiamento climatico, finanziato con 500.000.000 euro, che secondo la roadmap entro quest’anno dovrebbe coprire il 90% della superficie delle regioni meridionali?

È in fase di implementazione e sfrutterà tecnologie all’avanguardia come dati satellitari, droni e sensori per monitorare fenomeni naturali come incendi, frane e inquinamento. Questo sistema sarà essenziale per migliorare la pianificazione territoriale e la prevenzione dei rischi. Al momento, sono stati avviati i lavori di progettazione e pianificazione, con il coinvolgimento di istituzioni come ISPRA e Protezione civile. Tuttavia, data la complessità del progetto, è cruciale mantenere un costante monitoraggio dei progressi per rispettare le scadenze fissate dal Pnrr. La sfida principale è garantire un coordinamento efficace tra le diverse amministrazioni coinvolte, ma siamo pienamente impegnati a far sì che il sistema diventi operativo in tempi utili, migliorando significativamente la capacità di prevenire e gestire i rischi legati ai cambiamenti climatici.

L’obiettivo previsto dalla Componente 4-Misura 4 della Missione 2 del Pnrr è ridurre di almeno 2.570.000 il numero di abitanti che vivono in zone con sistemi fognari e di depurazione non adeguati entro il 2026. A che punto siamo? Quali sono gli interventi ammessi a finanziamento?

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I sistemi idrici presentano gravi carenze in relazione all’articolazione e funzionamento delle reti fognarie e dei sistemi di depurazione, criticità che hanno comportato, nel tempo, un numero elevato di procedure di infrazione a carico dell’Italia per mancata conformità alla direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane, con riferimento a diversi agglomerati sul territorio nazionale.

Il Pnrr, nell’ambito della Missione 2, prevede l’Investimento 4.4 “Investimenti in fognatura e depurazione” volto a rendere più efficace la depurazione delle acque reflue scaricate nelle acque marine e interne, anche attraverso l’innovazione tecnologica. L’obiettivo della misura è finanziare investimenti che rendano più efficace la depurazione delle acque reflue scaricate nelle acque marine e interne e, ove possibile, trasformare gli impianti di depurazione in fabbriche verdi per consentire il riutilizzo delle acque depurate a scopi irrigui e industriali. La misura prevede un target intermedio (giugno 2025) ed un target finale (marzo 2026), entrambi riferiti alla riduzione del numero di abitanti c.d. equivalenti che risiedono in agglomerati non conformi alla direttiva 91/271/CEE del Consiglio. La riduzione deve essere, rispettivamente, di almeno 500.000 unità (target intermedio) e almeno 2.250.000 unità (target finale). Complessivamente, sono stati ammessi a finanziamento 175 interventi, distribuiti su tutte le Regioni e Province autonome, ad eccezione della Valle d’Aosta; di questi, 63 dovrebbero concludersi entro giugno 2025, mentre i rimanenti 112 entro marzo 2026.

Qual è la situazione attuale di invasi e dighe? Quali risultati puntate ad ottenere nei prossimi anni? Parliamo di infrastrutture che impattano in maniera significativa sulla produzione idroelettrica, a causa delle quantità di sedimenti, che negli ultimi 2 anni hanno fatto scendere la quota di elettricità generata dal 15 al 9%, secondo elaborazioni Ispi su dati Terna. The European House Ambrosetti stima che l’Italia debba investire 48 miliardi di euro per colmare il gap e per efficientare il sistema idrico. Sono stime veritiere? Dove trovare i fondi?

Sin dall’inizio del mio mandato, ho posto l’accento sull’urgenza di costruire nuove infrastrutture, come dighe e aree di raccolta, per una gestione quanto più sostenibile della risorsa idrica. In Italia, sono quarant’anni che non vengono realizzate nuove dighe, e attualmente raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana, contro il 37% della Spagna. Questa situazione evidenzia la necessità di investire in infrastrutture che garantiscano la sicurezza idrica e migliorino la resilienza del nostro territorio. Bisogna agire secondo una scala di priorità: non si tratta solo di reperire fondi, ma di essere pronti con progetti, idee chiare e il coraggio dei governi. È essenziale collaborare con gli enti locali e attrarre investimenti privati per garantire la realizzazione efficace dei progetti. Possiamo contare su fonti come il Pnrr e i fondi europei per la transizione ecologica per sostenere questi sforzi.

La Riforma 4.2 mira ad affrontare i problemi connessi alla gestione delle risorse idriche per garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati. Quando verrà adottato il decreto ministeriale MEF? Quanto è forte e dove si sente di più il fenomeno dell’estrazione illecita dell’acqua?

La Riforma 4.2 è fondamentale per garantire una gestione efficace delle risorse idriche nel nostro Paese. Stiamo lavorando per adottare il decreto ministeriale del MEF, previsto entro la fine dell’anno. Questo decreto rappresenterà un passo cruciale per affrontare le sfide legate all’approvvigionamento e alla gestione delle risorse idriche integrate. Il fenomeno dell’estrazione illecita dell’acqua è particolarmente preoccupante e si concentra in diverse aree, ma lo avvertiamo soprattutto nel Mezzogiorno, dove il controllo e la vigilanza devono essere intensificati. È nostro dovere garantire che le risorse idriche siano gestite in modo sostenibile e responsabile per il bene di tutti i cittadini. Con questo impegno, puntiamo a migliorare la capacità gestionale dei servizi idrici, promuovendo investimenti e progetti che possano garantire una gestione integrata e sostenibile delle nostre risorse idriche.

La direttiva Bolkestein prevede che le concessioni degli impianti idroelettrici di potenza inferiore ai 3 MW debbano essere messe a gara, ma c’è incertezza sulla corretta applicazione. Quanti sono gli impianti a rischio? Prevedete di intervenire dal punto di vista normativo? Rischiamo nuovi problemi sulla scia di quanto successo con le concessioni balneari?

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Attualmente, ci sono circa 1.500 impianti idroelettrici a rischio di scadenza delle concessioni, il che rappresenta una sfida significativa, soprattutto considerando che molti di questi impianti sono fondamentali per la produzione di energia rinnovabile nel nostro Paese. Il governo è consapevole dell’importanza di gestire questa situazione in modo efficace. Stiamo valutando possibili interventi normativi per garantire una transizione fluida e per evitare problematiche simili a quelle emerse con le concessioni balneari. La nostra priorità è preservare le risorse nazionali e garantire la stabilità del settore energetico, mantenendo il controllo delle nostre risorse idriche e sostenendo l’uso sostenibile dell’idroelettrico. In questo contesto, è fondamentale agire in maniera proattiva, affrontando le incertezze normative e lavorando per garantire che le concessioni siano gestite in modo che possano continuare a contribuire in modo significativo alla nostra produzione energetica.

Qual è il potenziale della dissalazione?

La dissalazione sta diventando un tema cruciale nel contesto della crescente scarsità d’acqua e dei cambiamenti climatici che il nostro paese sta affrontando. La situazione attuale in Italia è che ci sono circa 340 impianti di dissalazione attivi, ma la produzione totale di acqua dissalata non è ancora sufficiente rispetto alle necessità e alle potenzialità globali. Ad oggi il maggiore dissalatore funzionante in Italia è quello della raffineria Sarlux di Saras che ha una capacità di 12.000 metri cubi di acqua. Tuttavia, è importante sottolineare che la dissalazione non può essere l’unica soluzione alla crisi idrica: deve essere integrata in un sistema più ampio che comprende la gestione sostenibile delle risorse idriche e il riuso delle acque reflue.

Si discute già di misure contro la siccità per l’inverno?

Il governo italiano è fortemente impegnato a garantire la sicurezza del territorio e a rispondere alle sfide climatiche in maniera adeguata e tempestiva. Il rischio di eventi climatici estremi è aumentato negli ultimi anni, e questa emergenza ha evidenziato la necessità di politiche più efficaci di gestione delle risorse idriche e di prevenzione dei rischi. Stiamo lavorando per implementare misure concrete. Occorre un approccio integrato che combini governance chiara e investimenti mirati, preparando così il territorio a gestire al meglio le risorse idriche nel futuro.

(Intervista pubblicata sulla rivista Start Magazine)

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