To Watch 2025: la corsa allo spazio

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L’anno 2024 è stato caratterizzato da un’attività inedita nel campo dell’esplorazione e dello sviluppo dello spazio. La convergenza di tensioni geopolitiche, rapidi progressi industriali e innovazioni tecnologiche rivoluzionarie ha alimentato un’accelerazione significativa dell’attuale corsa allo spazio. Oltre a mettere in luce l’importanza strategica dello spazio, questa rinnovata competizione ha anche sottolineato il suo potenziale nel rimodellare le dinamiche del potere a livello mondiale, promuovere la crescita economica e far progredire il sapere scientifico.

L’alleanza Trump-Musk farà impennare le ambizioni per quanto riguarda lo spazio?

L‘elezione di Donald Trump e il ruolo di spicco di Elon Musk nella nuova amministrazione statunitense sono il segnale di un potenziale cambiamento importante nella politica spaziale statunitense e globale, evidenziando la crescente influenza del settore privato nell’ecosistema industriale statunitense della space economy. La nomina di Jared Isaacman, astronauta e imprenditore miliardario scelto come nuovo capo della NASA, sottolinea l’importanza crescente dei privati nella promozione dell’innovazione e del processo decisionale strategico nell’ambito dell’esplorazione spaziale.

L’interrogativo bruciante è se questa nuova posizione politica degli Stati Uniti si ripercuoterà anche sull’Europa. L’approccio del “Buy American” potrebbe estendersi anche al settore dello spazio, modificando le collaborazioni industriali e tecnologiche strategiche in essere con l’Europa? La stretta sui dazi doganali già evocata dal Presidente Biden e promessa da Trump lascia intendere che le tecnologie straniere potrebbero trovarsi a fronteggiare maggiori barriere all’ingresso nel mercato statunitense. L’Europa ne risentirebbe particolarmente, poiché storicamente è sempre stata il più stretto alleato degli Stati Uniti nelle imprese spaziali.

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Le aziende europee svolgono un ruolo significativo nelle iniziative internazionali a guida statunitense, una delle quali è il programma Artemis, che mira a riportare gli esseri umani sulla Luna entro il 2027, con un equipaggio che comprenderà anche la prima donna sul satellite terrestre. L’Italia, ad esempio, è all’avanguardia nello sviluppo di componenti chiave per il Lunar Gateway, la capsula Orion e il Lunar Habitation Module, elementi critici dell’infrastruttura che renderà possibili le future missioni lunari.

In questo contesto, Elon Musk sta facendosi promotore di rapidi progressi nell’esplorazione dello spazio. La sua azienda, SpaceX, gestisce il razzo parzialmente riutilizzabile Falcon 9, che garantisce agli Stati Uniti un accesso autonomo allo spazio. I test di Starship, un veicolo di lancio a due stadi, completamente riutilizzabile e super-pesante, stanno procedendo con successo. Una volta raggiunta l’operatività commerciale, Starship cambierà le regole del gioco, riducendo ulteriormente i costi di lancio e migliorando significativamente la competitività dell’industria spaziale statunitense.

La drastica riduzione dei costi di lancio ha già rivoluzionato la space economy globale. Il costo da sostenere per fare arrivare i carichi utili in orbita terrestre bassa (LEO) è crollato da circa $65.000 al chilogrammo a soli $1.500 al chilogrammo. Questa forte diminuzione ha reso lo spazio più accessibile, consentendo a numerose aziende di mandare in orbita i loro satelliti senza dover affrontare ostacoli finanziari proibitivi.

Le ambizioni di Musk vanno ben oltre la Terra. È sua intenzione mandare gli esseri umani su Marte e stabilire una base permanente sul Pianeta Rosso nel corso della sua vita, obiettivo che comporta sfide e rischi incommensurabili, ma che è comunque rappresentativo di una visione senza precedenti nella storia dell’esplorazione dello spazio. Anche se le missioni di sola andata rimangono ancora un’idea astratta, i piani di Musk hanno catturato l’immaginazione del pubblico. Potendo contare su un forte sostegno da parte dell’opinione pubblica e su un’amministrazione della Casa Bianca aperta a iniziative così audaci, le sue aspirazioni potrebbero acquisire un forte slancio.

La corsa allo spazio e la competizione geo-economica in quest’ambito sono sempre più imperniate sul dispiegamento di mega-costellazioni di satelliti. Con la constellazione Starlink, Elon Musk ha in animo di lanciare fino a 42.000 satelliti in orbita terrestre bassa (LEO), per espandere la sua offerta globale di servizi di connettività Internet, in particolare per le aree remote. Con oltre 4 milioni di abbonati in tutto il mondo, questi servizi si sono dimostrati più che preziosi, anche nelle zone di conflitto, come si è visto durante la guerra in Ucraina.

Il mercato dei piccoli satelliti ha registrato una crescita esponenziale negli ultimi anni. Valutato a circa $4 miliardi nel 2023, si prevede che raggiungerà i $6,6 miliardi entro il 2024, con un tasso di crescita annuale composto (CAGR) ragguardevole, che si aggira intorno al 22%. I satelliti si stanno imponendo come la pietra angolare della nuova economia dello spazio, fornendo una connettività migliorata e sicura, migliori capacità di osservazione della Terra, maggiori controlli alle frontiere e strumenti per il monitoraggio delle infrastrutture critiche e del cambiamento climatico. Essi svolgono anche un ruolo fondamentale nel mitigare le catastrofi naturali e nell’assicurare un miglior coordinamento delle operazioni di soccorso.

Inoltre, i servizi satellitari sono alla punta dell’innovazione e della competitività in numerosi settori. Possono aumentare la produttività agricola pur riducendo il consumo di acqua nelle aree siccitose, ottimizzare le reti logistiche globali e promuovere i progressi della ricerca scientifica. I satelliti rappresentano una forza di trasformazione che rimodella le attività e risponde alle principali sfide del pianeta.

La competizione in campo spaziale sta aumentando in tutto il mondo

Elon Musk, tuttavia, non è l’unico protagonista di spicco a livello mondiale. La Cina, attraverso l’impresa statale (Soe) Shanghai Spacecom Satellite Technology (SSST), sta sviluppando attivamente la mega-costellazione satellitare Qianfan (“Mille Vele”), 14.000 satelliti che puntano a competere con Starlink di Musk. A dicembre, il terzo gruppo di satelliti è stato lanciato con successo in orbita polare utilizzando un razzo Long March 6A.

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Nel mercato satellitare, anche l’Europa sta cercando di recuperare terreno sviluppando una propria costellazione di satelliti istituzionali, nell’intento di ridurre i rischi di dipendenza strategica da Starlink di Musk. A dicembre, la Commissione europea ha firmato un contratto di concessione per Iris², un’infrastruttura incentrata sulla resilienza, l’interconnettività e la sicurezza dei satelliti. Il contratto è stato assegnato al consorzio SpaceRise, che svilupperà, dispiegherà e gestirà il nuovo sistema UE, che comprenderà una rete di 292 satelliti su orbite multiple. Il costo totale per il contratto di concessione di 12 anni è di 10,6 miliardi di euro, di cui 6 miliardi saranno finanziati dall’UE, 500 milioni dall’ESA e oltre 4 miliardi dal settore privato (SpaceRise).

Iris² rappresenta il terzo grande programma spaziale europeo volto ad affrontare le sfide legate alla sicurezza e alla resilienza. Come osservato dalla Vicepresidente esecutiva della Commissione europea Henna Virkkunen, “Questa costellazione all’avanguardia proteggerà le nostre infrastrutture critiche, collegherà le nostre aree più remote e migliorerà l’autonomia strategica dell’Europa”. Le altre due iniziative dell’UE esistono già da diversi anni. Si tratta di Galileo, un sistema di posizionamento satellitare che funge da alternativa al GPS statunitense, al Beidou cinese e al Glonass russo, e Copernicus, che si concentra sul monitoraggio del pianeta e sull’osservazione della Terra.

Iris² integrerà questi sistemi esistenti sfruttando i vantaggi dei satelliti in orbita terrestre media e bassa per fornire servizi di connettività sicuri per gli Stati membri dell’UE e le autorità governative. Fornirà inoltre banda larga ad alta velocità alle aziende e ai cittadini europei, anche nelle regioni con connettività limitata. Tuttavia, nonostante questi piani ambiziosi, la portata degli investimenti nei programmi satellitari europei rimane insufficiente rispetto all’espansionismo satellitare di Stati Uniti e Cina.

La corsa allo spazio globale si concentra anche su razzi e sistemi di lancio. Come già accennato, SpaceX domina il mercato con il suo razzo Falcon 9 e, in futuro, con il veicolo spaziale Starship completamente riutilizzabile. Si prevede che Starship migliorerà significativamente la competitività delle aziende statunitensi e dell’economia dello spazio americana nel suo complesso, con una notevolissima riduzione dei costi di lancio. In Asia, la Cina sta sviluppando il Long March 9, un razzo super-pesante completamente riutilizzabile progettato per competere con Starship. Questo razzo svolgerà un ruolo cruciale nella costruzione e nel supporto della futura Stazione lunare internazionale di ricerca (ILRS), che dovrebbe diventare operativa intorno al 2030.

Anche in questo campo l’Europa deve recuperare terreno. Dopo il ritiro dell’Ariane 5, il successo dei lanci dei razzi Ariane 6 e VEGA C restituiscono all’Europa la possibilità strategica di accedere autonomamente allo spazio. Per rimanere competitivi di fronte alla crescente concorrenza statunitense, urgono tuttavia progressi significativi verso lo sviluppo di razzi riutilizzabili. Nel mercato dei lanciatori (per lo più micro-lanciatori), l’ESA sta cercando di rompere per la prima volta il duopolio europeo di ArianeGroup/Avio, grazie alla “European Launcher Challenge” dell’ESA (un invito a presentare proposte di lanciatori) e all’iniziativa  Boost! . 

Cosa deve fare l’Europa nel contesto della nuova economia dello spazio: affrontare le sfide strutturali per prosperare

Rispetto ai suoi principali concorrenti internazionali, l’Europa soffre di alcune debolezze strutturali che limitano notevolmente la competitività della sua industria e le sue prospettive di crescita. Draghi, nel suo Rapporto sulla competitività europea, ha puntato il dito su alcune delle criticità già note. In primo luogo, un livello insufficiente di finanziamenti pubblici al settore, con l’UE che negli ultimi anni ha investito appena il 40% dell’investimento degli Stati Uniti, ampliando progressivamente il divario tecnologico e industriale, tanto da essere tallonata anche dalla Cina, ormai pronta a superarla. Idem dicasi per la R&S, dove gli investimenti europei sono circa un terzo di quelli statunitensi, con la necessità di un cambio di passo nel settore della ricerca per sviluppare capacità future e ridurre le dipendenze strategiche.

I problemi di capacità di spesa sono aggravati da una governance lenta e pesante, molto più complessa di quella degli Stati Uniti, sebbene per molti versi sia comunque necessaria per garantire i delicati equilibri industriali tra i paesi membri. È il principio del ritorno geografico, che assegna i contratti industriali in proporzione ai contributi finanziari versati dai paesi membri, un meccanismo che finisce per distorcere la competitività e l’efficienza economica, soprattutto a scapito delle industrie più piccole e della scelta dei fornitori migliori, oltre a favorire la frammentazione delle catene di approvvigionamento. L’ESA ha iniziato a rivedere questo approccio e ad avviare una transizione verso il modello statunitense della NASA, con un passaggio graduale da “ente appaltante”, vale a dire entità incaricata di identificare e mettere in servizio i sistemi di lancio attraverso impegni a lungo termine con le aziende europee, a “cliente di riferimento”, ovverosia cliente chiave per le società fornitrici di servizi commerciali.  È stato proprio il modello dell’”ente appaltante”, insieme al modello del ritorno geografico, a rendere le aziende europee relativamente forti nel mercato interno, ma non competitive nei mercati internazionali e incapaci di conquistare nuove quote di mercato all’estero.

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Un’ulteriore criticità è la difficoltà nel far crescere le aziende spaziali europee, in particolare le start-up, per via delle difficoltà di accesso ai finanziamenti. Questi punti deboli, che talvolta risultano aggravati da una  mancanza di coordinamento tra le politiche degli Stati membri e le istituzioni europee e la NASA, hanno portato a una situazione di dipendenza strategica, esemplificata dalla recente crisi dei lanciatori, poi provvisoriamente e tardivamente risolta. A questo quadro si somma l’attuale contesto di tensioni internazionali crescenti e l’uso di strumenti di sicurezza economica, compresi i controlli sulle esportazioni di tecnologie critiche quali le tecnologie spaziali.

A queste sfide del settore, il Rapporto Draghi risponde con una serie di proposte a breve, medio e lungo termine. Tra le misure più urgenti vi sono l’eliminazione del principio del ritorno geografico, la creazione di un mercato unico per lo spazio attraverso un quadro legislativo comune dell’UE e il miglioramento dell’accesso ai finanziamenti per le PMI e le start-up spaziali, compresa l’ introduzione di regole di preferenza europee mirate a sostenere la crescita delle società spaziali continentali. In secondo luogo, una delle misure considerate di massima urgenza è l’istituzione di un quadro di politiche UE per i lanciatori. Queste proposte meritano sicuramente di essere sostenute, anche se in alcuni punti, come nel caso del principio del ritorno geografico, richiedono un maggiore bilanciamento e gradualità per evitare shock troppo repentini ai fragili equilibri industriali dell’Europa. Infine, non bisogna sottovalutare neanche la mancanza di domanda da parte della difesa e delle istituzioni, che invece sono la vera forza trainante che ha permesso lo sviluppo di aziende come SpaceX. Certo, l’Europa non è l’America, ed è improbabile che un’azienda come quella di Elon Musk emerga all’interno dei confini del Vecchio Continente, proprio perché il monopolio viene contrastato con ogni mezzo.

Parlare di spazio in Italia oggi significa parlare del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) all’interno del piano Next Generation EU, ma non solo. Oggi più che mai, è arrivato il momento di prendere la rincorsa e proiettarsi al di là del cielo. I fondi del PNRR si aggiungono a quelli investiti nell’ESA e nei finanziamenti nazionali, per un ammontare record di 7,2 miliardi di euro nel triennio 2024-2026. Nel conteggio rientrano i quasi 900 milioni di euro assegnati all’Agenzia Spaziale Italiana per l’attuazione di programmi spaziali e l’importo di 1,3 miliardi di euro all’ESA per il progetto di punta finanziato con il PNRR: la costellazione Iride, una rete di micro-satelliti per l’osservazione della Terra dotati di diversi strumenti. Questi contratti tornano a società italiane, come Thales Alenia Space, Ohb Italiae Argotec, per citarne alcune. Un ulteriore successo è il via libera della NASA al progetto italiano per la realizzazione a Torino del modulo abitativo per la futura base lunare (Multi Purpose Habitation Module). Questo modulo, che sarà realizzato da Thales Alenia Space, è previsto nell’ambito del programma Artemis. Infine, un ultimo tassello, non di minore importanza: l’Agenzia Spaziale Italiana ed ENEA stanno collaborando al progetto SELENE, finalizzato allo sviluppo di un’infrastruttura nota come Moon Energy Hub (MEnH). Questo hub fornirà energia agli insediamenti umani sulla Luna utilizzando reattori nucleari di superficie (SNR). Quest’iniziativa rappresenta anche una risposta strategica all’ambizione della Russia di costruire una centrale nucleare sulla superficie lunare.

Ma c’è ancora dell’altro: il Piano Mattei per l’Africa, ad esempio, mira a stanziare risorse per sostenere lo sviluppo del continente africano, in un territorio ancora poco attrezzato in termini di tecnologie orbitali. Si parte dal Kenya, attraverso il rilancio della base Luigi Broglio come fulcro delle attività orbitali italiane. È proprio lì, nel Corno d’Africa, che tutto ebbe inizio sessant’ anni fa.

Nei prossimi anni la corsa alla nuova economia dello spazio raggiungerà il pieno slancio, con attività che abbracciano l’esplorazione, l’utilizzo delle risorse spaziali, l’osservazione satellitare e una vasta gamma di applicazioni per l’economia terrestre, con una crescente partecipazione da parte di società di altri settori. È probabile che questo periodo segni anche un’era in cui le principali aziende spaziali non si limiteranno a imporsi come leader del comparto industriale, ma diventeranno anche strumenti di competizione geopolitica in questo nuovo ambito delle relazioni internazionali.

Ciò sottolinea l’urgente necessità di concordare delle regole a livello internazionale. Queste regole dovranno stabilire un quadro condiviso che guidi lo sviluppo delle politiche nazionali e sia in grado di prevenire i conflitti risultanti da leggi nazionali divergenti. L’Europa dovrebbe dotarsi di una legge sullo spazio entro il 2025; in questo contesto, l’Italia assumerà un ruolo pionieristico con la prima legge nazionale europea sullo spazio, attualmente in corso di approvazione da parte del Parlamento. Alla luce di questi sviluppi, è molto probabile che nei prossimi due anni, anche dietro la spinta dell’amministrazione Trump e sotto l’influenza di Musk, assisteremo a un’accelerazione delle ambizioni legate allo spazio, con l’affacciarsi di nuovi protagonisti, quali l’India e i paesi del Golfo, che si siederanno anch’essi intorno alla scacchiera di questo nuovo “gioco”.

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