Ora toccherà alla giunta regionale di Stefania Proietti andare incontro alle preoccupazione per i riflessi della crisi dell’automotive anche in Umbria.
Perché finora c’era chi se la prendeva addirittura con la Tesei o al solito col governo nazionale, di fronte ad una crisi che è globale. E che semmai il governo europeo ha aggravato, con le folli scelte green che favoriscono la concorrenza cinese e umiliano le nostre capacità produttive.
Chissà se ora partiti di sinistra e sindacati diranno le stesse cose alla nuova amministrazione regionale o cambieranno registro. Anche perché proprio in Europa è stata la sinistra ad imprimere un’accelerazione incredibile all’elettrico. La scadenza del 2035 ha frenato già i processi produttivi: se l’auto elettrica è il mercato, a che serviranno i motori termici, si chiedono in tanti. Con timori.
E quanto accade in Umbria ne è diretta conseguenza. In regione ci sono circa 150 aziende coinvolte con migliaia di lavoratori anche nell’indotto. Quasi diecimila persone che rischiano per il loro futuro a causa di scelte incomprensibili.
L’ideologismo della transizione ecologica, le imposizioni burocratiche pretese da Bruxelles, oltre alla concorrenza di Pechino oltre alla consueta dinamica imposta dal costo dell’occupazione, comportano rischi ingenti per gli anni a venire.
Per ora non c’è traccia di cambiamento e sarà interessante verificare quali saranno i primi passi della neogovernatrice. Prendere atto che occorre svegliare un’Europa sorda rispetto al mercato italiano e continentale oppure limitarsi a svolgere un ruolo di ammortizzatore sociale per chi perderà la propria occupazione?
Lo scenario si fa preoccupante nelle zone più colpite dalla crisi, l’Alto Tevere, il Folignate, il Ternano.
Anna Ascani, vicepresidente Pd della Camera, continua a lanciare i suoi dardi contro le istituzioni governate dal centrodestra, finora aveva messo sotto accusa quella che definiva “una regione inerme” e attaccava le politiche dell’esecutivo nazionale. Ma davvero dipende dagli stati nazionali la soluzione della crisi dell’automotive?
Per il segretario regionale della Lega, Riccardo Augusto Marchetti, la questione supera davvero i confini, “è sufficiente l’esempio della crisi tedesca e la stessa pretesa di Stellantis di voler localizzare fuori dell’Italia”.
Bisogna procedere con grande attenzione e Salvini ha messo sul tavolo europeo la necessità di spostare molto in avanti l’avvento dell’elettrico, non possono pagarne il prezzo i lavoratori.
Già ora la cassa integrazione cresce senza tregua, e gli interinali sono già stati messi alla porta in numeri allarmanti.
Ovviamente forti sono le preoccupazioni sindacali. In proposito si è registrata la posizione della Cgil: “L’Umbria è tra le zone che stanno pagando il prezzo più alto. La produzione di automobili in Italia è crollata: si è passati da 1,5 milioni di unità l’anno a circa 350.000 previste nel 2024. Nella zona di Umbertide il comparto della componentistica, un tempo trainante, oggi vive una crisi senza precedenti soprattutto in Alta Umbria, dove il comparto della componentistica è maggioritario” e si vive il momento di grande sofferenza.
Il sindacato sarà chiamata a chiedere alla giunta Proietti le stesse cose chieste in precedenza alla regione governata dal centrodestra: “percorsi fattivi” come la creazione di “agenzie per la riconversione industriale”, collaborazioni con l’università per la ricerca tecnologica, e un piano nazionale che sostenga il settore con fondi adeguati. Lo farà?
Ma probabilmente anche la nuova amministrazione regionale avrà le mani legate, paradossalmente proprio per il sostegno offerto in questi anni alla cura Von der Leyen. Non sarà facile per la sinistra divincolarsi dalle dosi massicce di europeismo a perdere iniettati nel corpaccione dell’economia nazionale.
Però si deve avere l’onestà di registrare una chiara volontà di confronto da parte di Palazzo Chigi con Stellantis. L’addio di Tavares all’azienda può forse consentire di tornare a sperare. E anche per i lavoratori dell’indotto umbro potrebbero aprirsi migliori prospettive.
In gioco ci sono imprese, famiglie, persone e nessuno può intestarsi una battaglia politica modello Orazi e Curiazi. E’ il classico momento – anche se in passato non lo si è fatto a livello locale – in cui bisogna unire le forze per non perdere una partita decisiva. Perché davanti le fabbriche si possono andare a fare comizi, ma la decisione è altrove. E bisogna andare in quei tavoli avendo il Paese alle spalle.
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