La NFL si tuffa sulla crisi della NBA per mangiarsi gli ascolti 

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La lotta per l’audience in tv negli USA

Si sa da tempo che mentre Roma discute, Sagunto brucia. A Salerno non hanno avuto un Tito Livio e perciò dicono che la cera si consuma e la processione non cammina. Ma siamo là. Significa la stessa cosa. Così mentre la NBA riflette sui motivi che hanno prodotto un calo degli ascolti tv, la NFL è andata all’attacco dell’ultimo fortino, il Christmas Day

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Il Natale in casa fra i parenti era una tradizione del football americano. Non quest’anno. Quest’anno ci sono state due partite di richiamo, Houston Texans contro Kansas City Chiefs su NBC e Pittsburgh Steelers contro Baltimore Ravens su Fox, per rompere le scatole ai canestri. Due partite con Patrick Mahomes in campo nonostante una caviglia malmessa e Lamar Jackson in vena di tre passaggi da touchdown. Sbaragliare la concorrenza, ecco cosa conta negli uffici della NFL. 

Dentro quelli della NBA è in corso una discussione su cosa abbia fatto calare gli ascolti. Una risposta ideologica è la mutazione del gioco, la sua dipendenza dal tiro da tre. Sono critiche che vengono principalmente da figure che in questo sport hanno avuto un ruolo e una voce una quarantina d’anni fa. Dan Peterson si è spinto a dire che nella pallacanestro dei suoi tempi, LeBron James, Steph Curry, Nikola Jokic e non so chi altro sarebbero spazzati via da Larry Bird e Magic Johnson. Mmh mmh, fenomenale. Ma eccessivo, esagerato, inverosimile. Non foss’altro per la differenza fisica. Così abbondano ciclicamente in giro riflessioni sui motivi dell’abbondanza dei tiri da tre, la diminuzione dei tentativi dalla cosiddetta mid range, tutto letto e interpretato ciceronicamente come una decadenza [O tempora o mores], chiudendo gli occhi sugli elementi di evoluzione del gioco, a partire dalla straordinaria e inedita capacità dei lunghi di giocare da piccoli.

 

Stephen Curry of the Golden State Warriors is fouled by LeBron James of the Los Angeles Lakers during the second half at Chase Center on December 25,...

L’EQUILIBRIO E LE EGEMONIE

Un altro elemento di riflessione è addirittura più paradossale. Il calo degli ascolti sarebbe da imputare alla fine delle dinastie, non ci sono più quelle belle egemonie di una volta, quelle belle squadre che vincevano sempre, per uno, due, tre anni di fila, ripetutamente, quelle belle squadre di una volta che iniziava il campionato e tu già sapevi come andava a finire. Alla ricerca di qualche elemento che ci consenta di spiegare – dopo – quello che è successo prima, c’è chi si spinge a dire che gli americani desiderano avere squadre guida e figure di riferimento. Ora può darsi pure che sia così, chi lo sa, chi può dirlo: sarebbe strano però aver messo in piedi un sistema sportivo professionistico che storicamente contrasta l’abuso di posizione dominante. Insomma pure qui: mmh mmh fenomenale ma poco convincente. 

Qualche giorno fa, Alessandro Mamoli su Sky Sport Insider ha invece fatto notare che la NBA vive un calo degli ascolti tv, non un calo di interesse. Il numero di spettatori nelle arene durante la stagione 2023/24 è stato il più alto di sempre e su canali e piattaforme digital la NBA gareggia da sola raggiungendo interazioni, che le altre leghe americane non riescono ancora ad avvicinare. Come si può pensare nel 2024 di mantenere gli stessi ascolti televisivi di una volta quando la stessa NBA invade le piattaforme social con decine di migliaia di contenuti? Perché un adolescente dovrebbe perdere due ore del suo tempo per guardare una singola partita quando collegandosi all’app NBA, impiegando lo stesso tempo, può vedere ogni azione di ogni gara giocata nella notte? Questa è la prima faccia della medaglia: il successo della NBA non è più rappresentato e misurato solo dagli ascolti della TV. Poi c’è l’altra faccia, che riguarda la qualità del gioco. Il tiro da 3 punti ha rovinato il basket! Giocano tutti allo stesso modo. Quante volte avrete sentito pronunciare queste frasi negli ultimi anni? Sì, il volume dei tiri da tre punti è aumentato vertiginosamente e i grafici ci indicano esattamente dove è cominciato il cambiamento: Steph Curry [] Nonostante Shaquille O’Neal abbia recentemente criticato il basket di oggi lamentando un’assenza di creatività, i numeri e le analytics ci dicono che se oggi vuoi essere efficace e avvicinarti a vincere partite e titoli, devi usare il tiro da 3 punti. Guardare ai numeri in quanto tali è onestamente un esercizio che mi affascina poco. Dimmi piuttosto come vengono costruiti quei tiri, con quanto spazio. Se sono contested o meno. Dopo quanti passaggi vengono presi. Quale è la percentuale attesa in base alla posizione del campo in cui viene scoccato quel tiro e da quale giocatore. Il tiro da tre punti ha rivoluzionato il modo in cui si gioca oggi a pallacanestro nel male ma anche nel bene. Pensate a quelle partite in cui una squadra dopo essere stata sotto di venti punti riesce a rimontare e vincere rendendo quella stessa partita improvvisamente affascinante e avvincente. Senza il tiro da tre sarebbe impossibile.

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IL POTERE DELLA NFL

Questa è Roma, questa è Sagunto. Poi c’è Cartagine con i suoi Annibali dotati di caschi, paradenti e spalle larghe. La NFL. La palla con gli spigoli che sulla tv americana mangia tutto il resto. Compresi i suoi cuccioli. Il gioco nei college. Ne ha scritto il Washington Post in queste ore di pensieri rimuginati sull’argomento. 

Prendiamo la NCAA. Se si giudica il nuovo playoff universitario in base agli ascolti televisivi, non può che dirsi cresciuto. Le partite del primo turno sono andate benissimo, con Tennessee-Ohio State da 14,3 milioni al sabato sera e Indiana-Notre Dame da 13,4 milioni al venerdì sera, il secondo e il terzo più grande pubblico della stagione per ABC/ESPN. Le due partite del sabato pomeriggio [SMU-Penn State da 6,4 milioni e Clemson-Texas da 8,6 milioni] sono state incoraggianti per TNT. Ma le partite NFL hanno in media circa 4 milioni di spettatori in più rispetto a Tennessee-Ohio State. Aver portato i play-off NCAA in questa finestra significa averli apparecchiati con un buon condimento sulla tavola dei cannibali. 

La NFL ha mangiato la revisione dei playoff universitari. E la NFL mangerà la NBA a Natale – dice il Washington Posti – continuando l’invasione di quello che una volta era il territorio del basket professionistico, prima che il football professionistico modificasse il suo programma. La NFL mangia tutto ciò che vuole per l’intera stagione delle feste e oltre, non andrà in coma alimentare fino a dopo il Super Bowl

Ecco perché LeBron James ha sentito il dovere di mettere la sua faccia davanti alla telecamera dopo aver battuto Steph Curry la sera di Natale, per dire alla NFL di tenersi alla larga dal Natale, il Natale è della pallacanestro. Il football universitario si è lanciato nel vuoto quando ha deciso di passare da un playoff di due settimane, tre partite e quattro squadre a un formato di quattro settimane, 11 partite e 12 squadre, un torneo che deve vedersela con la NFL a ogni turno. Il Wall Street Journal commenta: I nuovi play-off sono finalmente arrivati e sono stati un totale fallimento

Il problema, ragiona il Washington Post, non riguarda solo gli ascolti televisivi. Riguarda lo spazio per far respirare il tuo prodotto, per far crescere lo slancio, per far apprezzare i viaggi dei playoff. Invece, c’è un’energia negativa con cui fare i conti. La NFL è un’ossessione che rende tutto il resto uno sport di nicchia. Incoraggia la lega a conquistare nuovi territori senza cedere nulla. Sarebbe meglio per l’intero gioco del football se la lega professionistica di punta e la lega universitaria di punta giungessero a un accordo su come evitarsi meglio a vicenda. Ma la NFL scende raramente a compromessi perché non ne ha bisogno. Nella sua mente, la lega ha fatto un grande sacrificio di programmazione negli anni ’60, quando ha ottenuto l’esenzione antitrust e ha giurato  di non disturbare i sabati del football universitario. Ecco perché la NFL non gioca il sabato prima del secondo fine settimana di dicembre, quando finisce la stagione regolare del football universitario. Ora, sei decenni dopo, il football universitario vuole un vero playoff, non a quattro squadre. Per riuscirci ha bisogno di più margini di manovra il sabato. Ma la NFL non si muove. Lascia alla Football Bowl Subdivision queste opzioni: riorganizzare la stagione in modo che i playoff inizino prima. Giocare quel turno di apertura in giorni diversi dal sabato. O semplicemente arrangiarsi e andare avanti. È difficile non far nulla quando la NFL schiera quattro delle sue squadre più interessanti lo stesso sabato in cui stai cercando di catturare l’attenzione della nazione. La NFL vuole tutto solo per dimostrare di poter avere tutto

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Così, in maniera del tutto intimidatoria, a Natale ha mandato in campo i Chiefs, i Texans, gli Steelers e i Ravens sia per proteggere il suo monopolio sui sabati di fine stagione sia per superare la NBA a Natale. Due partite in cinque giorni a testa. Per Netflix. Quasi tutte le squadre della NFL sono abituate a giocare tre partite in 12 giorni a un certo punto della stagione, domenica-giovedì-domenica. Non in questa fase. Con il Super Bowl che dista poco più di un mese. Mahomes ha detto: «Non è una bella sensazione. Non vorresti mai dover giocare così tante partite in così poco tempo. Non fa bene al corpo. Ma è il nostro lavoro, la nostra professione». 

Per la settimana numero 17, la NFL giocherà dunque di mercoledì, di giovedì, di sabato, di domenica e di lunedì. Quando ci si trova di fronte a uno scenario simile, al mostro della NFL, come lo chiama il Washington Post, ogni sport deve provare a fare di tutto per generare interesse. La NBA ha mandato in campo tutti insieme LeBron James contro Curry, Philadelphia e Boston, Wembanyama al Madison Square Garden, Jokic contro Durant, ma poi il mostro chiama Beyoncé e le chiede di esibirsi durante l’intervallo di Texans-Ravens. Per fortuna possiamo dare la colpa al tiro da tre punti. 



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