Il film è in programmazione al Moretto di Brescia fino a martedì 31 (https://www.ilregnodelcinema.com/moretto/) mentre il 4 febbraio sarà proiettato al Cristal di Salò per il cineforum.
Trama
Mathieu, un attore cinematografico in fuga dalla sua paura di fallire in teatro, si concede una vacanza relax fuori stagione, in una lussuosa SPA di una località di mare, dove viene contattato da Alice, una ex pianista con cui aveva avuto una relazione anni prima e che vive da tempo in quella sperduta cittadina con marito e figlia.
Ciascuno ha ormai la propria vita ma l’incontro inaspettato darà loro modo di riscoprirsi e vivere insieme un’intera esistenza in pochi giorni.
Critica
Certe storie d’amore impossibili non possono che essere vissute in “non-luoghi”, alberghi smisurati, abitacoli di auto, oppure circondati dall’immensità di una Natura che fa da specchio ai sentimenti tumultuosi: scogliere selvagge e spiagge battute dal vento, lavate dalla spuma del mare come in una poesia preraffaellita.
Ma Stéphane Brizé non un regista da lasciarsi andare ad un sentimentalismo superficiale, da cartolina: la sua sceneggiatura, firmata a quattro mani con Marie Drucker, è struggente, umana, autenticamente appassionata, come una poesia di Evtušenko, perché l’Amore, nonostante se ne sia detto tutto e il contrario di tutto, è ancora il motore che muove il mondo.
Il regista ci conduce lentamente a scoprire Mathieu (Guillaume Canet aderisce al personaggio con straordinaria naturalezza, apparentemente senza sforzo), nella sua vigliaccheria (ha piantato in asso lo spettacolo teatrale in cui doveva debuttare), nel suo momento di fragilità e di crisi della brillante carriera di attore, nella sua quotidianità, fatta anche di noia, in quel tempo sospeso del soggiorno nella SPA che pare una enorme e lussuosa casa di riposo (o forse un transatlantico in procinto di salpare) in cui si inseriscono momenti di stralunata ironia come la macchinetta del caffè tecnologica con problemi di spegnimento, l’allenatore “mistico”, i selfie con gli ammiratori.
La presentazione di Alice è più immediata: lei irrompe sulla scena prendendo l’iniziativa di inviargli un biglietto in albergo, una scelta precisa e coraggiosa che smuove l’apatia dell’uomo. Da quel momento le inquadrature sono concentrate sul volto espressivo di Alba Rohrwacher, capace di sguardi di infinita dolcezza, in cui combattono amore e disperazione, in grado di far trasparire sottopelle un misto umanissimo di emozioni e sentimenti diversi: amore, timore, speranza, malinconia, rimpianto, senso di inadeguatezza.
Alice sminuisce la propria musica definendola “una canzoncina” ma osa esporsi facendogliela ascoltare con le cuffiette (e chissà se lui è in grado di giudicarla), si colpevolizza per essersi messa da sola “in quel buco” di provincia, la pare “normale” che lui non sia restato con una “come lei” eppure è lei che conduce il gioco (scherzerà poi, amaramente, sulla “coincidenza”).
La potenza del sentimento rende il suo personaggio sublime e tragico, eroico nel suo adeguarsi alle circostanze serbando il suo amore nel profondo.
I due sullo schermo sono complementari, affiatatissimi, lo sguardo a volte tenero, a volte implacabile della macchina da presa li scruta e li accarezza, relega tutti gli altri personaggi (il marito di lei, la moglie di lui di cui si sente solo la voce fuori campo) a mere comparse sullo sfondo, se si eccettua la video intervista con la vecchia amica che racconta le sue due vite, con la semplicità di chi accetta la vita e non la combatte.
Alice e Mathieu avranno un insperato momento di vita “di coppia” proprio al matrimonio dell’anziana con una coetanea (entrambe finalmente libere di essere se stesse) in cui il regista ci regala la straordinaria esibizione di due esperti chioccolatori in una scena poetica e commovente.
Il direttore della fotografia, Antoine Héberlé, inonda lo schermo di una luce bianca, abbacinante, morbida e quasi sgranata, che ben illustra il tempo indefinito di un incontro “fuori stagione” (purtroppo il titolo italiano, come molte volte accade, ha fatto perdere il bellissimo doppio significato dell’originale) ed anche la tenerezza bionda dei capelli di Alice, il suo volto pulito, il suo sguardo chiaro.
La scenografia alterna gli spazi immacolati ed asetticamente geometrici della SPA alla grandiosità della selvaggia natura bretone, perfetto fondale per la storia romantica e ardente tra un uomo momentaneamente smarrito e una donna che non ha mai smesso di amarlo nonostante lui, anni prima, l’avesse ridotta in mille pezzi.
Le storie d’amore immortali sono così, sono quelle che ci fanno pensare, come scrive Paolo Nori: “Ma come son stato male bene, quel giorno lì. Ma che bello, essere così vivi”.
Camilla Lavazza
Scheda del film
- Titolo originale: Hors Saison
- Regia Stéphane BRIZÉ
- Sceneggiatura Stéphane BRIZÉ et Marie DRUCKER
- Personaggi e interpreti
- Mathieu: Guillaume CANET
- Alice: Alba ROHRWACHER
- Moglie di Mathieu Marie DRUCKER
- Xavier Sharif ANDOURA
- Emmy Emmy BOISSARD PAUMELLE
- Lucette Lucette BEUDIN
- Gilberte Gilberte BELLUS
- Insegnante di ginnastica Hugo DILLON
- Cantone di uccelli 1 Johnny RASSE
- Cantone di uccelli 2 Jean BOUCAULT
- Colonna sonora originale Vincent DELERM
- Direttore della fotografia Antoine HÉBERLÉ A.F.C
- Tecnica del montaggio Anne KLOTZ
- Direttrice del casting e consulente artistica Coralie AMÉDÉO A.R.D.A
- Tecnica del suono Emmanuelle VILLARD A.F.S.I
- Montaggio e mixaggio del suono Hervé GUYADER A.F.S.I
- 1° assistente Emile LOUIS
- Copione Marion PIN
- Scenografo Mathieu MENUT
- Costumi Caroline SPIETH
- Trucco Christophe OLIVEIRA
- Hair stylist Antoine MANCINI
- Responsabile di produzione Christophe DESENCLOS
- Location manager Robin LUDIG
- Direttore di postproduzione Aurélien ADJEDJ
- Prodotto da Sidonie DUMAS
- Produttore esecutivo Marc VADÉ
- Responsabile della produzione cinematografica Marine FORDE
- Direttore dello sviluppo Franck WEBER
- Prodotto da GAUMONT
- Durata 115 minuti
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