Omicidio Pierina Paganelli, ma cosa dice Loris Bianchi? “Sento il bisogno di uccidere…”. Non è indagato, ma è centrale nelle dinamiche tra Manuela, Louis Dassilva e i Testimoni di Geova… – MOW

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L’omicidio di Pierina Paganelli si inserisce in un complesso contesto familiare segnato da conflitti emotivi e dinamiche irrisolte. Mentre Luis Dassilva resta l’unico indagato, emergono dettagli sulle tensioni interne alla famiglia, con dichiarazioni ambigue di Loris Bianchi, il fratello della nuora della vittima. Relazioni extraconiugali, pressioni religiose e fragilità personali dipingono un quadro sfaccettato, cruciale per comprendere un caso ancora avvolto nel mistero…

L‘omicidio di Pierina Paganelli non si esaurisce nel freddo dato della sua uccisione consumata il 3 ottobre 2023. Il delitto, commesso nel garage del condominio in cui viveva a Rimini, si inserisce in un tessuto familiare segnato da dinamiche emotive complesse, tensioni irrisolte e relazioni ambivalenti. Sebbene Luis Dassilva, amante della nuora Manuela Bianchi e marito di Valeria Bartolucci, rimanga l’unico indagato e detenuto in custodia cautelare, le dichiarazioni dei familiari della vittima sollevano domande su altri protagonisti di questa intricata vicenda. Sui soliti protagonisti. Tra questi, il nome di Loris Bianchi, fratello di Manuela, emerge come centrale per comprendere il contesto relazionale ed emotivo che ha preceduto il delitto. Pierina Paganelli, secondo quanto raccontato dai familiari, era una donna dal carattere forte, incline a scontri diretti. I rapporti con la nuora Manuela erano spesso conflittuali, aggravati da discussioni accese che alimentavano un clima di tensione familiare costante. In questo contesto, il ruolo di Loris appare cruciale. Profondamente legato alla sorella, Loris si è posizionato come suo difensore, dichiarando apertamente di essersi “infiammato” di fronte agli insulti rivolti a Manuela. Questo termine, se analizzato dal punto di vista psicolinguistico, non descrive una semplice reazione emotiva, ma lascia trasparire una tensione accumulata, un potenziale detonatore di conflitti latenti che potrebbero aver avuto un ruolo significativo nella dinamica del caso. Il comportamento del Bianchi dopo il delitto aggiunge del resto ulteriori elementi di analisi.

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Inizialmente, ha negato di essere transitato nel garage dove Pierina è stata ritrovata, salvo poi correggersi, ipotizzando di esserci passato. A questo si aggiunge una dichiarazione ancora più rilevante: “Chiunque potrebbe essere il colpevole, anche io“. Queste parole, lontane dall’essere semplici battute, offrono uno spaccato del suo stato psicologico. In situazioni di forte pressione emotiva, le dichiarazioni apparentemente casuali possono rivelare conflitti interiori e stati d’animo complessi, caratterizzati da confusione, ansia e un desiderio inconscio di alleggerire il peso delle tensioni. Ma è dalle dichiarazioni di altri familiari di Pierina rese di fronte agli inquirenti e riportate dal settimanale Giallo, che emergono dettagli ad oggi certamente non trascurabili. Chiara, sorella di Giuliano ed altra figlia della vittima, ha raccontato un episodio particolarmente significativo: “Ho chiesto a Loris se prendesse medicinali forti e lui mi ha risposto: ‘Solo quando sento il bisogno di uccidere qualcuno!“.

Sebbene questa frase possa essere stata pronunciata in un momento di rabbia o ironia, non può essere ignorata. Rappresenta un’espressione verbale carica di significato, che va letta nel contesto di una persona descritta come emotivamente instabile dai familiari dell’(ex) marito della moglie. Difatti quest’ultimo, figlio di Pierina, ha aggiunto un tassello importante alla narrazione: “Lui è un uomo sotto psicofarmaci, non è equilibrato”. Queste affermazioni dipingono Loris come una figura al centro di una fragile rete emotiva, capace di vivere intensamente i conflitti familiari. C’è di più ad amplificare il contesto relazionale di un giallo che per ora non vede luce. Pierina, Manuela e Giuliano appartenevano tutti ai Testimoni di Geova. La relazione extraconiugale tra la Bianchi e Dassilva, in contrasto con i principi della comunità, avrebbe potuto alimentare sentimenti di isolamento, giudizio e conflitto. Come del resto è emerso dai messaggi scritti proprio da Manuela al senegalese poco prima del delitto. Messaggi, bene ricordarlo, dove la donna esprimeva tutta la sua preoccupazione perché il giorno seguente sarebbe stata “giudicata” dagli Anziani. In questo quadro, Loris sembra aver vissuto un doppio ruolo: da un lato, protettore della sorella; dall’altro, un uomo schiacciato da tensioni personali e familiari che potevano riflettersi nei suoi comportamenti. In generale, rabbia, risentimento e senso di protezione sono emozioni che possono evolvere quando si inseriscono in contesti di conflitto prolungato. Loris Bianchi, ad oggi, è considerato totalmente estraneo ai fatti e non è indagato. Tuttavia, il suo atteggiamento, lo dipinge come una figura centrale nelle dinamiche relazionali anche al di fuori dell’omicidio dell’ex infermiera in pensione. Le tensioni non dette, le aspettative implicite e i conflitti irrisolti possono essere il terreno su cui si sviluppano reazioni inattese. Ogni delitto si sviluppa infatti su più livelli: il fatto concreto, le motivazioni sottostanti e il contesto psicologico. In questo caso, la chiave per comprendere il “perché” potrebbe trovarsi proprio nelle parole e nei comportamenti di chi, come Loris, ha vissuto al centro di una famiglia spezzata da conflitti profondi. Decifrare questi segnali significa non solo ricostruire ciò che è accaduto, ma anche capire le forze viscerali che hanno portato ad un giallo come quello di via del Ciclamino.





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