Sasso Marconi, Manz Italy sempre più a rischio: «insolvente» la capogruppo tedesca

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di
Luciana Cavina

L’azienda con sede in Germania ammette di non riuscire a pagare i propri debiti. Sono 110 i lavoratori in Italia con il fiato sospeso. Sindacati in apprensione

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Un’azienda fallita — la Manz Ag, con sede in Germania — che ora ammette di non riuscire a pagare i propri debiti, fa temere a 110 lavoratori in Italia di perdere il posto. In un contesto, peraltro, di incertezza generale che lascia intravedere poche alternative.

Il primo allarme

È quello che sta accadendo alla Manz Italy di Sasso Marconi, lo stabilimento venduto nel 2104 dalla Kemet (oggi a sua volta in crisi con 120 addetti in esubero). Si tratta in sostanza del braccio più operativo della capogruppo tedesca: sviluppa, produce e commercializza macchine operatrici automatiche ed impianti industriali per la realizzazione di batterie agli ioni di litio e condensatori ad impiego industriale e dipende, sia dal punto di vista commerciale che produttivo, dalla casa madre, che invece sviluppa essenzialmente prototipi. Una situazione innescata in realtà qualche settimana fa, e aggravatasi negli ultimi giorni, che mette in ulteriore apprensione lavoratori e sindacati. «Quale futuro in Manz?», si chiedono oggi Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Rsu. Il primo allarme è scattato quando è stata comunicata ai sindacati, dalla multinazionale in Germania, l’intenzione di vendere la divisione «mobility & battery solutions» di Manz Italy.




















































La procedura di insolvenza

Poi il 18 dicembre è arrivato un comunicato aziendale in cui si annunciava che Manz Ag avrebbe presentato «una domanda per l’apertura di una procedura di insolvenza». Azione che servirebbe a «far fronte a una difficile situazione di mercato, con un’ampia ristrutturazione per limitare costi del personale e dei materiali». «L’annuncio della vendita certo ci aveva preoccupati — puntualizza Sandra Ognibene della Fiom — tanto più che siamo in cassa integrazione ordinaria da circa tre mesi, ma potevamo aspettarci comunque un piano industriale a monte della decisione. Avrebbe potuto esserci anche un compratore interessato, che non ci era stato comunicato per motivi di riservatezza». Per questo, i sindacati avevano chiesto delucidazioni sul piano industriale a avevano investito anche le istituzioni locali di verificare la natura, o quanto meno l’esistenza, di un acquirente. Risposte, naturalmente, mai pervenute dai vertici aziendali. «Ora che il tribunale tedesco ha nominato il curatore per la procedura di insolvenza — va avanti la sindacalista — la nostra preoccupazione aumenta». 

L’incontro a gennaio

C’era già in calendario un incontro il 14 gennaio per valutare la cig, comunque temporanea, fissata fino al 18 gennaio, e «quasi fisiologica — precisa Ognibene — in un settore come l’automotive; ma adesso le questioni da discutere si sono fatte più gravi e urgenti, e speriamo almeno che i vertici mantengano l’appuntamento e si presentino con i dovuti chiarimenti». «Vorremmo sapere al più presto quali ricadute ci saranno, sia dal punto di vista produttivo che occupazionale», incalzano Fiom e Fim in una nota. «Alla luce di quanto emerso in questi giorni, diventa fondamentale avere informazioni sulla reale situazione». Sul piatto, ci sono anche quei 10 milioni erogati a Manz Italy all’inizio di quest’anno, salutati allora dall’ad Paolo Facchini come importante incentivo agli investimenti per lo sviluppo di nuovi prototipi di macchine per le celle e l’assemblaggio dei pacchi batterie all’interno di un piano europeo. «Quelle risorse — si chiede dunque Ognibene — sono state spese? E se non hanno ottenuto gli effetti programmati, andranno restituite?».

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