Superare le conflittualità per essere donne e uomini e di speranza: è l’appello fatto da Don Mauro Barlassina, responsabile della comunità pastorale di Desio, nell’omelia della messa nella notte di Natale, in Basilica. Don Mauro ha rivolto un chiaro appello ai fedeli e alla città intera: “E’ tempo di smetterla di cavalcare onde di populismo, di cercare il proprio interesse, la coltivazione del proprio orticello e il ripiegamento su di sé, perché il futuro è nelle mani di Dio. E noi siamo solo collaboratori della sua opera”. Per questo, secondo il parroco, servono donne e uomini capaci di dono, pieni di gioia e portatori di speranza.
“In questa notte – ha detto – rimangono in sospeso interrogativi, problematicità, attese nei confronti del presente e del futuro. Ci sono coloro che vedono il futuro come qualcosa di oscuro, a causa delle guerre e delle situazioni di conflittualità così diffuse non solo nel mondo, ma anche all’interno della nostra società civile e nella stessa vita ecclesiale. Ci sono poi coloro che, basandosi sulle straordinarie scoperte dell’intelligenza umana e di quella artificiale, dicono: il futuro è nelle nostre mani, il futuro è dell’uomo, non abbiamo bisogno di un Dio”.
Don Barlassina ha quindi fatto riferimento a tre parole: dono. gioia e speranza.
Ha continuato: “Un prete, poeta e biblista ambrosiano, Don Angelo Casati, ha scritto: ‘Rallegrati, uomo per la fantasia di Dio. Quando si ama veramente le si pensa tutte e Dio ama veramente. Ed è arrivato a pensare tutto e cioè l’Incarnazione’. Potremmo dire che il dono è l’irrompere di Dio nella quotidianità della storia umana. E’ questo il dono del Natale. Ma che cosa ne scaturisce da questo dono? La gioia! Abbiamo dei motivi per gioire? Oppure sono di più i motivi per essere in una sorta di limbo di preoccupazione? Abbiamo sentito più volte in questi giorni la profezia di Isaia che prospetta un tempo di luminosità, dove le spade si trasformeranno in aratri, strumenti per dare sussistenza alla vita umana, dove si potrà camminare nella luce del Signore. E’ quello che accade questa sera nella luminosità del Natale. E’ questo il senso della gioia: l’uomo con tutte le capacità che ha, se prescinde dall’incontro con questo dono che genera pace e riconciliazione, rischia di vivere l’esuberanza, ma non la gioia”
Don Mauro è passato poi ad un’altra citazione: “Scrive Don Mazzolari, parroco e profeta del Dopoguerra: ‘Il mondo è in cerca di gioia. Il mondo (e guardate che il mondo siamo noi, ndr) ha diritto di accorgersi che con il Natale del Signore la gioia è entrata nel mondo. E allora siamo interpellati noi: coloro che credono in Gesù, essendo capaci di gioia, lasciano intravedere la sorgente inesauribile della perfetta letizia. Siamo noi oggi i portatori della gioia. Siamo noi i portatori di Cristo. Siamo noi i portatori di questo Bambino nella misura in cui uscendo anche questa sera da questa chiesa riusciamo a far trasparire quella pace del cuore che vorremmo trasfondere dentro le relazioni più diverse”.
L’ultima parola sulla quale il responsabile della comunità pastorale si è soffermato è speranza: “Noi siamo uomini di speranza? L’impressione è che cresca una conflittualità sempre più viscerale. E’ dentro le comunità religiose, dentro il mondo dei consacrarti e delle consacrate, dentro il mondo dei preti e dentro le nostre famiglie. E’ dentro la nostra città, nel momento in cui vi sono forze che vorrebbero far prevalere il bene di una parte piuttosto che il bene della cosa pubblica. Queste tensioni che si respirano da tanto tempo, anche nella nostra convivenza sociale, ci possono ancora dare motivo per avere speranza”. Don Mauro ha citato come esempio di speranza la lettera augurale inviata alla chiesa locale dalla comunità musulmana e ha chiuso con un appello rivolto al futuro: “Non è sufficiente difendere un’identità facendola diventare bandiera, perché l’identità della fede in Cristo Gesù, che genera la speranza, o sarà vissuta dentro la quotidianità di un dialogo multiculturale, multireligioso e multirazziale oppure si entrerà in quella forma di conflittualità che non permette di costruire quella città dell’uomo che ci prepara alla città di Dio”.
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