Caso Orlandi, mistero al cimitero Verano: una stele richiama legge del ’91 sugli scomparsi. Serve a indicare che Emanuela è sepolta lì?

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di Fabrizio Peronaci

Enigmatica scritta nel riquadro vicino alla statua dell’Angelo (con la fascetta tra i capelli): «Zoff» e «15-1-91», data di approvazione del decreto-legge sui pentiti coinvolti in sequestri di persona. La tomba a fianco appare forzata, dalla lapide è stata rubata una foto

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Ripubblichiamo questo articolo di Fabrizio Peronaci, online lo scorso  1° agosto, risultato tra i più apprezzati dalle nostre lettrici e dai nostri lettori nel 2024.

Un paio di mesi fa, al cimitero monumentale Verano, era spuntata una traccia: tre oggetti-codice – un barattolo di vernice verde, una chiave d’auto e una moneta – erano stati nascosti dietro una statua famosal’Angelo del dolore con il volto incorniciato da una fascetta tra i capelli, realizzato dallo scultore ottocentesco Giulio Monteverde. Il rimando al giallo di Emanuela Orlandi (giugno 1983), anche alla luce del furto nello stesso camposanto della bara di Katy Skerl (la 17enne uccisa nel gennaio 1984), era parso esplicito




















































La stele e il richiamo a Zoff

Ma nel frattempo viene alla luce dell’altro. Non bastavano, quegli enigmatici riferimenti. Oggi la lugubre sciarada iniziata oltre 40 anni fa, al tempo della Guerra Fredda e di mai sopiti scontri all’ombra del Cupolone, si arricchisce di un indizio inquietante: nella stessa area del Pincetto, a pochi metri dalla statua dell’Angelo con la fascetta, è stata infatti rinvenuta una scritta, scolorita dal tempo, databile ad almeno un anno fa. Sulla stele di pietra che denomina il Riquadro 19 assegnato alle famiglie Donati e Pace, qualcuno, con la stessa vernice verde, ha vergato una parola e tre numeri: «Zoff», sulla prima riga, e «15-1-91» sulle due seguenti. Sul retro, una consonante in caratteri maiuscoli: «R». Cosa significa tutto ciò? Si tratta di una semplice burla da liquidare con un’alzata di spalle? Oppure, considerando che di fatti incredibili ma concreti, reali, tangibili, nella saga Orlandi ne sono accaduti eccome (a cominciare dal furto della bara di Katy), quest’ultima novità va presa sul serio, o perlomeno approfondita?

L’ipotesi del nascondiglio  

Tentiamo di decodificare, con l’aiuto della docente universitaria, studiosa di arte e simbologie funerarie, che ha curato un dossier sulle «incursioni» legate al caso Orlandi ambientate nello storico cimitero della capitale. Il riferimento a «Zoff», a tutti noto come portiere della Juve e della Nazionale italiana, potrebbe spiegarsi con la volontà di «indicare un custode, colui che vigila su qualcosa, ad esempio una certa tomba che potrebbe essere stata violata e usata come nascondiglio segreto». Si tratta di un’ipotesi, certo. Ma da non scartare a meno che non si abbia contezza, con ragionevole certezza, che al Pincetto si aggira da tempo un buontempone. Un’altra possibilità è che lo sconosciuto con «Zoff» abbia voluto evocare una figura di portiere (di un palazzo, di un ufficio), un po’ come il Pietro Vanacore del giallo di via Poma, coinvolto a qualche titolo nella Orlandi connection.

La legge sui sequestri di persona

La data del 15 gennaio ’91, invece, non ha bisogno di congetture per essere interpretata e rappresenta un elemento di riscontro obiettivo alquanto robusto: proprio quel giorno, oltre un terzo di secolo fa, fu infatti approvato dal governo italiano il decreto-legge 8/1991, poi convertito dal  Parlamento, recante «nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia».

Emanuela Orlandi, trovati tre oggetti misteriosi dietro la statua dell'Angelo (con la fascetta tra i capelli) vandalizzata al Verano

Angelo e stele, stessa mano 

Dunque, attenzione: sembra quasi una firma. Il «grafomane» del Verano, pentitosi a scoppio molto ritardato per la pregressa partecipazione al sequestro Orlandi e/o  ai gialli collegati (quelli di Mirella Gregori e Katy Skerl i più noti), sta forse dando una prova della sua esistenza in vita? Vuole comunicare all’esterno qualcosa? O addirittura, sopraffatto dal rimorso, tenta di redimersi fornendo indicazioni (criptate, ma risolutive) agli inquirenti? Calma, la faccenda si complica. Primo punto. Che si tratti di un’azione studiata a tavolino, per quanto eccentrica, appare più che probabile: i resti della vernice del barattolo recuperato lo scorso giugno dietro l’Angelo del dolore sono della identica tonalità di verde oggi rinvenuta sulla stele con la scritta «Zoff» e la data già analizzata. Ergo: l’autore della «manovra» al Pincetto ha voluto creare una connessione tra il caso di Emanuela (l’angelo con la fascetta) e il riquadro 19 sul quale oggi vigila un «portiere-custode». Tale circostanza potremmo darla per acquisita. Ma per dirci cosa?

Emanuela Orlandi, mistero al Verano: una stele rimanda alle legge sugli scomparsi. È una traccia sulla sepoltura della ragazza? 

Spostata la bara di Katy?

È in questo snodo che si insinua il dubbio e l’ansia sale. Forse il misterioso «scribano» sta comunicando a chi di dovere (magistrati, commissione parlamentare, opinione pubblica) che, nei paraggi, sono occultati, in un posto nel quale mai e poi mai sarebbero stati trovati senza una confessione, i resti di Emanuela Orlandi (l’Angelo del dolore) o di Katy Skerl? Va da sé che, qualora la seconda ipotesi dovesse rivelarsi fondata, la bara e la salma della 17enne assassinata a Grottaferrata nel 1984 non sarebbero mai state portate fuori dal Verano (come ipotizzato dal pm Erminio Amelio, che dal 2022 indaga per sottrazione di cadavere), ma soltanto spostate in un altro settore, distante circa 800 metri dal Riquadro 115. Scenario verosimile? La cautela è doverosa, ovvio. Quando una pista investigativa sconfina nell’esoterico, l’unica vera «guida» sono i riscontri.  Già. Ne esistono? Vediamo.

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Emanuela Orlandi, mistero al Verano: una stele rimanda alle legge sugli scomparsi. È una traccia sulla sepoltura della ragazza? 

L’effrazione sulla tomba Donati Pace

Tre elementi da verificare, per la verità, ci sarebbero. Sono emersi al termine di un sopralluogo svolto, seguendo le indicazioni della docente e di un suo collaboratore.  Il primo indizio riguarda una manomissione: sul lato destro del sepolcro della famiglia  Donati – Pace, infatti, una lastra si presenta fuori posto, staccata. Si tratta di una lesione provocata da agenti atmosferici, la pioggia, il sole a picco, o di un modo obliquo per attirare l’attenzione e dire «controllate dentro la fossa»? Il secondo elemento è una mancanza: la foto della quarta defunta sulla lapide (tutti passati a miglior vita oltre un secolo fa) non c’è: si tratta dell’immagine della signora «Rosa». La cornice è caduta oppure è stata rubata? Vai a capire. 

Un cognome polisemico

E infine eccoci al terzo tassello, «il più etereo e insieme inquietante», ricorda la studiosa, per la sua valenza evocativa: come si può leggere (anche) la stirpe Donati Pace? Basta posare l’accento sulla prima «o» e otteniamo «Dònati pace», ovvero, regalati requie, riposo…  È a ciò che voleva arrivare il misterioso profanatore di luoghi sacri? Il cognome polisemico è stato scelto non a caso tra le decine di migliaia del cimitero monumentale di Roma, per inviare un messaggio cifrato? Mistero. Per ora. Sarà pure una suggestione, ma il pensiero non può andare che a lei, la ragazza con la fascetta mai più tornata dalla lezione di flauto, diventata l’emblema di verità e giustizia mancate, che da 41 anni non ha pace… (fperonaci@rcs.it)

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28 dicembre 2024 ( modifica il 29 dicembre 2024 | 18:22)

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