Ecco come e perché Confindustria si è finalmente svegliata contro il Green deal

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Conto e carta

difficile da pignorare

 


Ecco come Confindustria con il ministero dell’Ambiente sta cercando di sventare alcune follie insite nel Green Deal Ue. L’approfondimento di Giuseppe Liturri

Affiorano i primi timidi segnali di risveglio degli imprenditori italiani contro la burocrazia imposta dalla Ue, diventata asfissiante con il Green Deal promosso dalla precedente Commissione guidata da Ursula Von der Leyen.

È un lavoro che dura da mesi e che finora si è svolto sottotraccia, condotto a braccetto dai tecnici di Confindustria e da quelli del Ministero dell’Ambiente (Mase) guidato da Gilberto Pichetto Fratin e di cui possiamo riferirvi, avendo avuto accesso a fonti vicine al dossier, sia pure con la cautela necessaria essendo il cantiere dei lavori tuttora aperto. Nel mirino ci sono due direttive (di cui una già recepita in Italia) relative alla rendicontazione di sostenibilità e all’obbligo di monitoraggio dei fattori ESG lungo tutta la filiera produttiva, rispettivamente la CSRD (2022/2464) e la CSDDD (2024/1760).

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Il tutto sta avvenendo lontano dai riflettori dei media probabilmente perché esiste una naturale e condivisibile propensione a non creare aspettative troppo elevate tra gli imprenditori e a parlare quindi solo a risultati raggiunti. D’altro canto, pesa anche la tendenza a non voler ammettere che anni di atti di fede verso le magnifiche sorti e progressive della Ue hanno avviato la desertificazione industriale ed ammettere di aver sbagliato è comprensibilmente difficile. E allora si procede a fari spenti, lasciando però al giornale della casa (Il Sole 24 Ore) il compito di segnalare il chiaro cambio di linea, lanciando ormai quasi quotidiani messaggi di insoddisfazione contro l’avvelenamento dei pozzi dell’attività industriale ad opera del Green Deal. Insoddisfazione ormai incontenibile, al punto che proprio sabato 21 sul Sole il Presidente di Confindustria Ceramica, Augusto Ciarrocchi, non ha avuto esitazioni nel dichiarare che «le evidenze confermano che l’applicazione del Green Deal sta comportando oggettivi rischi di deindustrializzazione».

La pressione che sta montando dal fronte delle imprese verso il report di sostenibilità e la direttiva (Csddd del 2024) – che le obbligherebbe a una complessa attività di rendicontazione e di prevenzione e monitoraggio del rispetto dei fattori ESG lungo tutta la catena di fornitura a monte e a valle – ha quindi trovato almeno un canale lungo cui defluire e arrivare sul tavolo della Commissione, che non avrà tanto tempo per tergiversare. Sultavolo di consultazione prontamente istituito presso il Mase sono già arrivate le perplessità dei tecnici di viale dell’Astronomia verso quelle regole che impongono uno sproporzionato onere informativo alle imprese.

Dopo alcune settimane di consultazioni anche con le analoghe associazioni di Parigi e Berlino, le proposte si concentrano su due direttrici. La prima è quella di rinviare di almeno due anni l’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità per le grandi imprese e per le PMI quotate. Infatti, non si può chiedere alle imprese italiane di partire già dalle prossime settimane nel predisporre un complesso e costoso apparato informativo con rilevanti ricadute organizzative, mentre lo scorso 20 settembre la Commissione ha avviato una procedura d’infrazione per il mancato recepimento di quella direttiva a carico di ben 17 Stati membri (tra cui spiccano Germania e Spagna).

La seconda è quella di bloccare i termini per il recepimento della Csddd – entrata in vigore il 25 luglio 2024 e da recepire entro 18 mesi – per un periodo di tempo sufficientemente lungo, necessario per capire il funzionamento in concreto del report di sostenibilità, a cui è legata a doppio filo. Con il probabile esito di mettere definitivamente nel congelatore la Csddd. Contro la quale proprio domenica 22 sul Financial Times si è scagliato il ministro dell’energia del Qatar, Saad al-Kaabi, rifiutando le sanzioni che comporta e minacciando di interrompere le forniture di gas alla UE.

Peraltro, in Italia e nella UE, relativamente ai fattori ESG esiste già uno sterminato elenco di leggi che impongono il rispetto dell’ambiente, dei lavoratori e delle comunità in cui si opera, oltre a un assetto di governo societario che prevenga frodi e corruzione. Motivo per cui le imprese sono sostenibili per definizione, perché l’alternativa sarebbe finire in Procura. Tutto il resto è una paccottiglia di ulteriori regole che si sta cercando surrettiziamente di introdurre, ammantandole come principi tecnici (gli standard Esrs) che invece limitano la libertà d’impresa, creando imprese di seria A e serie B, aggirando così la potestà legislativa.

Il Green Deal della Von der Leyen ha ricevuto un primo segnale di arresto con l’atto di indirizzo del Consiglio Europeo del 8 novembre scorso, noto come dichiarazione di Budapest. Con riferimento agli eccessivi oneri derivanti dall’abnorme carico burocratico voluto dalla Commissione, i leader europei hanno chiesto di «avviare una rivoluzione di semplificazione che garantisca un quadro normativo chiaro, semplice e intelligente per le imprese e riduca drasticamente gli oneri amministrativi, normativi e di informazione, in particolare per le PMI. Dobbiamo adottare una mentalità abilitante basata sulla fiducia, che consenta alle imprese di prosperare senza un’eccessiva regolamentazione. Tra gli obiettivi principali che la Commissione deve attuare senza indugio figurano la formulazione, nel primo semestre del 2025, di proposte concrete finalizzate alla riduzione degli obblighi di informazione in misura almeno pari al 25% e l’inclusione nelle sue proposte di valutazioni d’impatto in termini di oneri burocratici e competitività».

Parole pesanti come macigni che hanno costretto la neonata Commissione a promettere un “clean industrial deal” con l’obiettivo diminuire il peso regolatorio che minaccia la competitività dell’industria europea. La prima scadenza è fissata per febbraio, quando la Commissione dovrà proprio adottare un atto normativo per correggere le due direttive sulla sostenibilità.Nell’attesa, è bene che le imprese attendano prima di impegnarsi in costosi, complessi e delicati interventi per fare i conti con quelle disposizioni che, al momento, non valgono nemmeno la carta su cui sono stampate.

(Testo ampliato e aggiornato di un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità il 24 dicembre)

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Prestito personale

Delibera veloce

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link