di Giuseppe Gagliano –
Con un voto schiacciante l’assemblea legislativa di El Salvador ha deciso di revocare il divieto di estrazione mineraria dei metalli, una legge approvata nel 2017 e unica nel suo genere. La decisione rappresenta una vittoria politica per il presidente Nayib Bukele, che ha spinto fortemente per questa misura come parte della sua strategia di rilancio economico. Ma cosa significa davvero questa scelta per il paese e per il suo futuro?
Sette anni fa El Salvador aveva fatto la storia diventando il primo paese al mondo a vietare tutte le forme di estrazione di metalli. Una scelta dettata dall’urgente necessità di proteggere le risorse idriche e l’ambiente da un settore noto per i suoi impatti devastanti. La legge era stata salutata come una vittoria epocale dalle organizzazioni ambientaliste locali e internazionali, ma aveva suscitato critiche da parte di chi la considerava un freno allo sviluppo economico del paese.
Bukele, presidente dal 2019, ha da subito definito quel divieto come “assurdo” e “contrario agli interessi nazionali”. Sostenendo che El Salvador stesse rinunciando a risorse preziose, ha lavorato con la sua maggioranza parlamentare per invertire quella decisione. E lunedì, con 57 voti su 60, i legislatori hanno approvato la proposta presidenziale per revocare il divieto.
Bukele ha presentato questa misura come una mossa necessaria per rilanciare l’economia di El Salvador, un paese che dipende fortemente dagli aiuti internazionali e dalle rimesse degli emigrati. Secondo il governo, l’estrazione mineraria potrebbe generare nuovi posti di lavoro, attrarre investimenti stranieri e aumentare le entrate fiscali. “Non possiamo permetterci di restare fermi mentre altri paesi sfruttano le loro risorse naturali. El Salvador deve crescere e competere,” ha dichiarato Bukele in un discorso trasmesso in televisione.
Il presidente ha inoltre assicurato che la nuova legge includerà regolamenti rigorosi per garantire che l’attività mineraria sia condotta in modo sostenibile, con standard ambientali e sociali elevati. Tuttavia, dettagli specifici su come queste misure saranno implementate non sono ancora stati resi noti.
Le organizzazioni ambientaliste hanno reagito con allarme. Per anni, i gruppi locali hanno denunciato che l’estrazione mineraria rappresenta una minaccia diretta per le risorse idriche del paese. El Salvador è uno dei paesi più densamente popolati dell’America Latina e ha già gravi problemi di accesso all’acqua potabile. I danni ambientali causati dall’estrazione, come la contaminazione dei fiumi con sostanze chimiche tossiche come il cianuro e il mercurio, potrebbero aggravare ulteriormente questa crisi.
“Questa decisione è una catastrofe per il nostro ambiente e per le comunità più vulnerabili,” ha dichiarato Luis González, leader di un’organizzazione ambientalista locale. “L’industria mineraria non è mai stata sostenibile, e le promesse del governo di regolare il settore sono pura propaganda. Gli interessi delle grandi compagnie minerarie prevalgono sempre sui diritti delle persone.”
Il ritorno all’estrazione mineraria segna una svolta significativa per El Salvador, ma il suo impatto rimane incerto. Da un lato, l’attività potrebbe effettivamente portare nuovi investimenti in un paese che fatica a trovare percorsi di sviluppo economico. Dall’altro, i rischi per l’ambiente e per le comunità locali potrebbero trasformare questa decisione in un disastro a lungo termine.
Questa mossa politica riflette la leadership audace e spesso controversa di Bukele, che ha consolidato un controllo quasi totale sul governo. La sua popolarità rimane alta, ma le critiche alla sua gestione autoritaria stanno crescendo, soprattutto tra chi teme che le decisioni prese oggi possano avere costi irreversibili per il futuro del paese.
El Salvador si trova ora a un bivio cruciale: sarà capace di bilanciare le sue ambizioni economiche con la necessità di proteggere il suo fragile ecosistema? O finirà per ripetere gli errori di altri paesi che hanno privilegiato il profitto a breve termine a scapito del loro ambiente e delle loro comunità? La risposta a queste domande definirà il futuro del piccolo paese centroamericano.
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