La solitudine di Asma Assad: l’esilio a Mosca, la malattia, le voci sul divorzio

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di
Marta Serafini

La moglie dell’ex dittatore siriano, tra il mito della propaganda e le complicità

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Quando si parla di Asma Assad è difficile districare la matassa della propaganda. In questi 20 anni di regime, i miti e le leggende sulla moglie del deposto presidente Bashar si sono intrecciati al destino di un Paese piegato da bombe, fame e torture per lo più volute da un apparato politico di cui la ex first lady siriana ha fatto parte ed è stata complice. Macerie e auto di lusso. Tirannia e sfarzo. Ingredienti per farne la protagonista di un serial. Ora sulla «rosa del deserto» — erano gentili con lei i tabloid occidentali all’epoca della sua ascesa ai vertici del potere di Damasco negli anni 2000 — si abbattono nuove tempeste.

Costretta insieme al consorte in esilio a Mosca, prigioniera nei palazzi dello zar Vladimir Putin, isolata per ridurre al minimo il rischio di infezione, Asma a soli 49 anni sta combattendo contro la leucemia e, secondo il quotidiano britannico Telegraph che cita diplomatici turchi in contatto con fonti russe, avrebbe una probabilità di sopravvivenza del 50%. Voci. Ma non c’è dubbio che nel 2018 le sia stato diagnosticato un tumore al seno, sconfitto l’anno dopo e che poi a maggio di quest’anno abbia avuto una ricaduta. A raccontare delle sue condizioni di salute è stata lei stessa mentre le immagini del suo capo coperto dai foulard costosi durante la chemioterapia venivano diffuse dall’ufficio presidenziale per rinsaldare i ranghi dei lealisti. È malata, sì. Ma secondo gli oppositori non è una vittima: è lei la vera «macellaia» di casa, attenta come poche al denaro, addetta ad intrighi di palazzo e vendette, compresa la faida con i cugini Makhlouf costellata pure di omicidi e vendette sanguinose. 




















































Leggende, in parte. Ma che Asma sia nata, abbia studiato e lavorato come manager in ambito finanziario nella City e che il suo doppio passaporto britannico l’abbia resa uno strumento utile al regime per operazioni di riciclaggio non è menzogna. A dimostrarlo sono stati i documenti emersi dall’inchiesta dei Panama Papers. Inoltre, che non andasse d’accordo con parte della famiglia legata alla suocera Anisa non è una boutade, come racconta lo stesso Sam Dagher, giornalista statunitense e autore di «Assad or we burn the country: how one family’s lust for power destroyed Syria», che in Siria ha vissuto anni prima di essere arrestato ed espulso.

Nei giorni scorsi si è parlato anche della possibilità che Asma abbia chiesto il divorzio dal marito e che voglia andarsene da Mosca perché avrebbe paura di non essere curata adeguatamente (a occuparsi delle sue terapie è sempre stato il padre cardiologo) e perché i russi avrebbero congelato i beni di famiglia. Anche qui, voci. Che però il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov si è preso la briga di smentire lasciando nell’aria odore di mezza di conferma. Nella capitale russa la first lady siriana si trovava già a fine novembre pochi giorni prima della caduta del regime perché qui ha partecipato alla cerimonia di tesi dottorato del figlio maggiore Hafez (il nome è quello del nonno) scritta in russo e incentrata sulla teoria algebrica dei numeri e sulla ricerca sui polinomi.

Saldi sono i legami dell’asse Damasco, Teheran e Mosca. Ed è difficile che Asma possa anche solo pensare di andarsene dalla fredda Russia, tanto più che il governo di Sua Maestà ha ribadito nei giorni scorsi che la ex first lady siriana rientra nelle black list delle sanzioni e dunque non è la benvenuta nel Regno Unito. Asma si è trasferita in Siria subito dopo il matrimonio con il marito e la sua nomina a presidente. Nel 2016 ha dichiarato di essergli rimasta vicino nonostante le fosse stato offerto di lasciare il Paese. Ed è sempre stata silente di fronte alle accuse di terribili crimini di guerra rivolte al coniuge, comprese quelle di aver usato armi chimiche sui civili. Continuerà a essere moglie così devota? O la malattia la spingerà a tradire un uomo che fa gola a molti procuratori internazionali e che potrebbe diventare moneta di scambio per lo stesso Putin? Non è una serie di Netflix e dunque nuovi colpi di scena non sono assicurati al pubblico. Ma di sicuro non è nemmeno una saga, quella degli Assad, che possa dirsi finita.

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