Manovra 2025 approvata al Senato, le novità: taglio cuneo fiscale, bonus bebè, pensione anticipata a 64 anni e Ires premiale

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Il cammino della Manovra 2025, dopo l’approvazione finale alla Camera del 20 dicembre, si è concluso oggi con il via libera del Senato. A Palazzo Madama 112 i voti favorevoli, 67 i contrari e un solo astenuto. Subito dopo si è tenuta anche la votazione conclusiva sull’intera manovra economica, che ha visto 108 ‘sì’ e 63 ‘no’. Dopo il completamento della seconda lettura parlamentare in Senato, è seguita la firma di promulgazione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La legge di stabilità del 2025 vale circa 30 miliardi lordi di euro ed è composta per due terzi (circa 18 miliardi) dall’intervento che intende rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale per i redditi fino a 40mila euro e il passaggio a tre aliquote Irpef. Nel percorso parlamentare sono state apportate numerose modifiche. Dalle pensioni anticipate a 64 anni all’Ires premiale per 18mila imprese, dal bonus bebè di 1.000 euro e al bonus elettrodomestici: ecco le novità della nuova Legge di Bilancio.

Accorpamento delle aliquote Irpef su 3 scaglioni e taglio del cuneo fiscale

La Manovra va a confermare, e rende strutturale, l’accorpamento delle aliquote Irpef su tre scaglioni: 23% fino a 28mila euro, 35% fino a 50mila euro e 43% oltre i 50mila euro. Niente da fare per l’abbassamento dal 35 al 33% del secondo scaglione Irpef invocato da Forza Italia. La proroga di questo sistema, introdotto con la precedente Legge di Bilancio, vale circa 4,8 miliardi nel 2025, 5,5 miliardi nel 2026 e 5,2 miliardi dal 2027. 

Si prosegue anche con il taglio del cuneo fiscale, ampliando la platea di lavoratori interessati: sale da 35mila a 40mila euro la soglia di reddito che permette di aver accesso al taglio. Il meccanismo sarà però diverso: ci sarà un’indennità esentasse per i redditi fino a 20mila euro (una sorta di bonus non tassabile che varia in funzione del guadagno, dal 7,1% per i redditi fino 8.500 euro al 4,8% di quelli a ridosso dei 20mila), mentre a salire si va su un sistema di detrazioni fiscali, che va pian piano ad azzerarsi progredendo verso i 40mila euro.

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Bonus bebè a 1.000 euro e congedo parentale esteso all’80% della retribuzione

Per incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno, per ogni figlio nato o adottato dal 1 gennaio 2025 è riconosciuto un importo una tantum pari a 1.000 euro, erogato nel mese successivo al mese di nascita o adozione. Il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente deve avere una condizione economica con valore ISEE non superiore a 40.000 euro annui. L’onere derivante del provvedimento è valutato in 330 milioni di euro per l’anno 2025 e in 360 milioni di euro annui a decorrere dal 2026. Il congedo parentale a sostegno di maternità e paternità fino al sesto anno di vita del bambino viene esteso dal 60% all’80% della retribuzione da due a tre mesi. Nella determinazione dell’ISEE non rilevano le erogazioni relative all’assegno unico e universale.

Bonus per le attività extra-scolastiche

Arriva il bonus per le attività extra-scolastiche dei giovani da 6 a 14 anni in nuclei con reddito ISEE fino a 15mila euro: sarà il fondo ‘dote famiglia’, con 30 milioni per il 2025, ad erogare il contributo ad associazioni, società sportive dilettantistiche ed enti del terzo settore. Arriva anche un Fondo per il sostegno e la valorizzazione della funzione degli oratori. Per sostenere le famiglie arriva c’è poi un fondo con 10,5 milioni in 3 anni per il sostegno alle attività educative formali e non formali, ovvero sia dentro le scuole che fuori.

Educazione sessuale e affettiva nelle scuole e contributi per le scuole paritarie

Per promuovere corsi sulla salute sessuale e l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole arriva un fondo da mezzo milione. Viene poi incrementato il contributo per le scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità. Un altro fondo sarà destinato al contrasto della povertà alimentare a scuola, per erogare contributi ai nuclei che non riescono a pagare le rette per la mensa nelle primarie. Aumenta la dote del fondo per gli alloggi degli universitari fuori sede e arrivano 2 milioni per pagare le borse di studio degli studenti atleti.

Ires premiale per 18mila imprese e riduzione per l’accesso alla Naspi

Le imprese che accantonano almeno l’80% degli utili dell’esercizio 2024 e ne reinvestono in azienda almeno il 30% (e non meno del 24% degli utili dell’esercizio 2023) pagheranno una Ires (Imposta sul Reddito delle Società) ridotta di 4 punti. Gli investimenti non devono essere inferiori a 20.000 euro e le aziende dovranno assumere a tempo indeterminato l’1% di lavoratori in più con contratto a tempo indeterminato. La misura costa poco più di 400 milioni e prevede un ulteriore contributo delle banche. I lavoratori che hanno presentato le dimissioni volontarie da un impiego a tempo indeterminato nei 12 mesi precedenti avranno diritto alla Naspi in caso di licenziamento solo se hanno almeno 13 settimane di contribuzione dal nuovo impiego. Arriva inoltre la proroga del fondo di garanzia per le Pmi. Previsto anche un Fondo con 3 milioni in 3 anni a sostegno delle imprese dell’indotto Ilva. Per finanziare la partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese ci sarà un Fondo ad hoc con 70 milioni. Sale il fondo per le famiglie vittime incidenti lavoro. Sì all’innalzamento da 30 a 35mila euro del tetto di reddito da dipendente sotto il quale per la parte di lavoro autonomo si può accedere alla flat tax. Si alza al 30% il limite per la detassazione delle mance che il personale che lavora i bar o ristoranti riceve dai clienti. Torna, ma solo per i titolari di reddito d’impresa, il credito d’imposta per interventi di manutenzione e restauro di impianti sportivi.

Altre novità per il mondo del lavoro

Rimanendo in tema di lavoro, cambia il calcolo della tassazione sulle auto aziendali: colpirà di più quelle a motore termico (l’aliquota sale al 50%) rispetto alle ibride (20%) e alle elettriche (15%). I fringe benefit (cioè i compensi erogati non sotto forma monetaria) invece vengono confermati: anche nel triennio 2025-27 la soglia di esenzione fiscale resta di mille euro per tutti e sale a 2mila euro per i lavoratori con figli a carico. Aumentano per i nuovi assunti che accettano di trasferire la loro residenza oltre i 100 chilometri e far aumentare la mobilità del lavoro. Cresce da 1,6 a 2,2 miliardi il credito d’imposta per investimenti nella Zona economica speciale del Mezzogiorno. Per mantenere i livelli di crescita occupazionale e contribuire alla riduzione dei divari territoriali viene introdotto anche lo sgravio del 25% sui contributi per i lavoratori. Viene prorogata anche la detassazione dei premi di produttività (al 5%). Vengono inoltre introdotti sgravi per il lavoro notturno e gli straordinari nel settore del turismo. Non si potranno poi scalare i costi delle trasferte e le spese di rappresentanza se non vengono fatte con strumenti tracciabili, bonifici o carte di pagamento.

Il taglio alle detrazioni fiscali per i redditi più alti

Capitolo a sé è quello sulle detrazioni: arriva un taglio degli sconti fiscali per chi guadagna più di 75mila euro lordi all’anno (circa 1,2 milioni di contribuenti Irpef). Come regola generale, il tetto per tutte le detrazioni per la fascia di reddito tra i 75mila e i 100mila euro viene fissato a 14mila euro. Ci sono però diverse eccezioni: le spese sanitarie e quelle relative ai mutui per la casa sono escluse dal tetto reddituale. La situazione cambia poi a seconda della presenza (o meno) di figli in famiglia. Per i redditi tra 75.000 e 100.000 euro, il tetto è di 14.000 euro che diventa: senza figli a carico, 7.000 euro; 1 figlio a carico, 9.800 euro; 2 figli a carico, 11.900 euro; e più di 2 figli a carico o portatore handicap, 14.000 euro. Per i redditi superioria 100.000 euro, il tetto è di 8.000 euro che diventa: senza figli a carico, 4.000 euro; 1 figlio a carico, 5.600 euro; 2 figli a carico, 6.800 euro; più di 2 figli a carico o portatore handicap, 8.000 euro.

Il tetto agli stipendi dei manager e norma anti-Renzi

Nell’ottica della spending review richiamata ampiamente dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, arriva il tetto ai compensi dei vertici degli enti che ricevono fondi pubblici: non potranno superare i 120mila euro lordi. Il tetto non si applica a Istat, Inps, Inail, Agenzie fiscali, autorità indipendenti, sanità. La spending review per la Rai non riguarderà i costi del personale: la stretta è limitata alle consulenze esterne e prevede una riduzione dei costi per il 2026 almeno del 2% rispetto al corrispondente ammontare sostenuto nella media del triennio 2021-2023, percentuale che sale al 4% nel 2027. Per la spending review dei ministeri, gli obiettivi di risparmio sono stabiliti per l’importo complessivo di 300 milioni di euro il 2025. È saltata anche l’equiparazione tra ministri parlamentari e non, per questi ultimi solo un rimborso. I ministri e sottosegretari non parlamentari non avranno stipendi equiparati a quelli dei colleghi eletti, ma solo un rimborso delle trasferte per il tragitto “da e per il domicilio o la residenza”. Arriva la cosiddetta norma anti-Renzi, anche per i membri del governo, oltre che per i governatori e i parlamentari, eccetto quelli eletti all’estero: non potranno accettare durante il mandato compensi erogati fuori dall’Ue; ad esclusione dei membri del governo, il divieto salta con la preventiva autorizzazione degli organi di appartenenza, se il compenso non supera i 100.000 euro l’anno.

Pensioni minime aumentate di 3 euro, anticipo della pensione a 64 anni e quota 103

Passando al dossier previdenziale, molto ha fatto discutere l’aumento delle pensioni minime previsto: per effetto dell’intervento gli assegni saliranno di appena 3 euro (da 614,77 a 617,9 euro). Forza Italia – guardando all’obiettivo di legislatura di arrivare a mille euro – puntava quantomeno a toccare la soglia dei 630 euro. Chi è nel sistema contributivo potrà cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni. Nulla di fatto invece per l’apertura di un nuovo semestre di silenzio-assenso per la scelta da parte del lavoratore di spostare il trattamento di fine rapporto dall’azienda alla previdenza complementare. Come annunciato già in precedenza, scatteranno dal prossimo anno nuovi incentivi per convincere i lavoratori a rinviare la pensione almeno fino all’età di vecchiaia (e in alcuni casi anche dopo): il governo ha quindi deciso di accantonare nuove strette sull’accesso alla pensione anticipata, come aveva invece fatto l’anno scorso, ma ha puntato sulla convenienza per le persone a restare al lavoro. Si rafforzerà dunque il cosiddetto bonus Maroni: chi ha i requisiti per andare in pensione con Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) potrà avere in busta paga i contributi a carico del lavoratore, ovvero il 9,19% della retribuzione.

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Confermate invece tutte e tre le principali misure di flessibilità in uscita, senza cambiare le regole rispetto allo scorso anno. Resta dunque tutto uguale per Ape sociale, Opzione donna e Quota 103. Ape sociale è di fatto un anticipo pensionistico che può essere ottenuto, per chi ha raggiunto almeno 63 anni e cinque mesi di età anagrafica, soltanto da alcuni lavoratori, cioè da quelli che si trovano in una situazione considerata di svantaggio: disoccupati, care giver, persone con invalidità almeno del 74% e con almeno 30 anni di contributi, o impiegati in attività usuranti con almeno 36 anni di contributi.  Quota 103 apre le porte alla pensione anticipata, questa volta con 62 anni di età e 41 anni di contributi versati, imponendo però il ricalcolo contributivo. Opzione donna consente alle lavoratrici un pensionamento anticipato, ma solo a fronte di 35 anni di contributi e 61 anni di età (ridotti di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni). Le lavoratrici con 4 o più figli potranno accedere alla pensione di vecchiaia con un anticipo di 16 mesi.

Criptovalute e web tax

Dietrofront sulla tassazione dei profitti delle criptovalute, il testo licenziato dal Cdm la aveva portata al 42%, in Commissione è stata riportata al valore originario al 26%, con previsione di aumento al 33% dal 2026. La cosiddetta webtax invece verrà applicata solo alle grandi aziende, con ricavi superiori a 750 milioni di euro, escludendo così le Pmi e l’editoria on line.

Flat tax al 5% sugli straordinari degli infermieri e incremento bonus psicologico

Dal 2025 gli straordinari degli infermieri saranno tassati con la flat tax al 5%. Previste anche risorse per avviare campagne di informazione e sensibilizzazione in favore delle donne sullo svolgimento di test di riserva ovarica. Risorse anche per la prevenzione e il monitoraggio del tumore al polmone. Incrementati i soldi per il bonus psicologo. Arriva un fondo per il servizio di sostegno psicologico per gli studenti nelle scuole. Per le Regioni che riusciranno a intervenire sul problema delle lunghe liste di attesa vengono previsti dei premi, mentre arrivano gli aumenti alle indennità di medici e infermieri e al trattamento economico degli specializzandi dell’area non medica con 60 milioni in due anni per la retribuzione dei tirocini di veterinari, psicologi, biologi, farmacisti, odontoiatri, chimici e fisici. Via libera a un fondo per la stabilizzazione dei ricercatori del Cnr. Ok anche a un fondo per aumentare gli screening sanitari sul lavoro e un incremento del personale Inail.

Altre novità: dal bonus elettrodomestici ai fondi per il ponte sullo stretto di Messina

Arriva un miliardo in più alla Tav Torino-Lione, oltre agli 1,4 miliardi (inizialmente erano stati ipotizzati 3 miliardi) per i fondi del ponte sullo stretto di Messina. Inoltre, in caso di ristrutturazione di un immobile viene confermato lo sconto del 50% su arredi e grandi elettrodomestici, con tetto di spesa da 5.000 euro. Viene poi introdotto un contributo per l’acquisto di elettrodomestici ad alta efficienza energetica (classe B o superiore) prodotti in Europa, a condizione che il vecchio apparecchio venga smaltito correttamente. Il contributo è pari al 30% del costo dell’elettrodomestico, fino a un massimo di 100 euro per ciascun acquisto. Il bonus sale a 200 euro per famiglie con un Isee inferiore a 25.000 euro. È possibile beneficiare dell’incentivo per un solo elettrodomestico per nucleo familiare.

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