Tacconi torna ad Avellino: i tifosi furono il nostro dodicesimo uomo in campo

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AVELLINO- “Ho avuto un rapporto particolare, io e Juary quelli più attaccati ai tifosi avellinesi. La gente irpina ha sempre reagito con forza e in quel 1980 difficile per il meno cinque, i tifosi furono la nostra forza in più”. Stefano Tacconi torna in città e per lui si apre un cassetto dei ricordi che lo emoziona. Al De la Ville ci sono tanti protagonisti di quella stagione, alcuni sono ormai nonni o papà che portano figli e nipoti a conoscere il loro idolo, tanti sono ex dell’Avellino. E poi ci sono in sala Gigi Marzullo, Cosimo Sibilia, Salvatore Di Somma e i tifosi, la nuova e la vecchia generazione a riscaldare il cuore del portiere della serie A, con quelle novanta presenze in biancoverde ed il ricordo di quell’anno che fu difficile anche per la tragedia del “sisma”. Un evento che e’impresso nella memoria di Tacconi: “Con il popolo avellinese abbiamo vissuto l’era più brutta della storia, perché il 23 novembre 1980 c’è stata questa cosa improvvisa del terremoto. Un evento che ci avvicino’ alla tifoseria, venivamo da un meno cinque particolare, solo così potevamo vincere questa battaglia, perché ce stata questa unione. Così ci salvammo quell’anno”. Un terremoto come e’ stato nella vita la sua malattia, l’operazione al cervello, quel momento sospeso tra la vita e la morte. La caduta e il tempo di rialzarsi e parare. Quello che racconta nel libro presentato al De La Ville nell’evento organizzato da Agape Sport Aps, l’ associazione di promozione Sociale che organizza ogni anno l evento Sturno Sport Festival. “L’arte di parare”, questo il libro in cui ci sono vari riferimenti all’Irpinia e aneddoti sul commendatore Antonio Sibilia e l’esperienza in biancoverde. Ai Lupi Tacconi augura di “tornare subito in serie B”. E sulla sua esperienza, sulla sua parata più importante racconta: “Questa era la peggiore esperienza che mi potesse capitare, prima mi buttavo in giro per il mondo ma mi rialzavo sempre, era molto più facile. Bonaparte mi diceva sempre conta fino a dieci, io contavo al massimo fino a due, ora conto anche più di dieci. Devo stare attento a quello che posso fare con il mio fisico. E’ stata una lezione importante che mi ha permesso anche di cambiare il mio carattere. Ero un pirlone, ho sempre vissuto come Via col Vento: domani e un altro giorno, si vedrà. Ora vivo pensando più alla mia famiglia, questa lezione mi ha permesso di comprendere come sia importante stare vicino alla mia famiglia”. Cosa oggi rappresenta il calcio moderno? . “Il calcio moderno è peggiorato, nello spettacolo e sul piano umano, perché noi prima facevano unione con i tifosi. Oggi vanno rintanati negli alberghi e non si fanno più vedere. Tifosi che fanno chilometri ogni settimana per andare a vedere una partita di calcio e i loro calciatori. Un po di umanità”. Per il portierone di Avellino e Juventus poi una lunga intervista con Andrea Covotta, il giornalista Rai. Prima dell’intervista Vincenzo Famiglietti di Agape Sport, ha ricordato come “lo Sturno sport festival e’ uno degli eventi sportivi per la cultura dello sport e della vita più importanti di Italia. Agape sport significa passione e amore per lo sport, noi lo leggiamo come amore per l’ Irpinia. E’ anche un modo per affrontare uno dei problemi e l’abbandono delle nostre terre, Noi dobbiamo far conoscere l’ Irpinia che e’ la terra dell’ accoglienza e del miglior vino e cibo del.mondo”. Famiglietti ha ringraziato anche Francesco Todisco “sempre a fianco di Agape Sport” e Franco Di Cecilia. Rivolto a Tacconi ha detto: “Grazie al nostro campione che è campione dell Irpinia che ha dimostrato di affrontare dei momenti bui, come e successo alla nostra Irpinia nel 1980. Siamo stati attivi anche durante il Covid con fornitura di tute e mascherine. Noi abbiamo passione per l Irpinia”
IL LIBRO
“L’arte di parare” edito da Rizzoli ed uscito nell’ottobre del 2024 racconta il primo e secondo tempo della vita di Stefano Tacconi, dopo la malattia nell’aprile 2022. Il calciatore tra il 1983 e il 1992 Tacconi è stato portiere e giocatore simbolo della Juventus, capace di raccogliere l’eredità di un totem come Dino Zoff, condividendo lo spogliatoio, tra gli altri e nel corso delle stagioni, con “Le Roi” Platini, Gaetano Scirea, Marco Tardelli, Gianluca Vialli. Una carriera straordinaria che lo ha visto vincere, fra i diversi titoli, due Scudetti, la Coppa dei Campioni allo stadio Heysel e, da protagonista assoluto, la Coppa Intercontinentale del 1985 contro l’Argentinos Juniors. Il secondo tempo inizia il giorno in cui, poco dopo aver preso parte a un evento di beneficenza, viene colpito improvvisamente da un aneurisma cerebrale dal quale si salva grazie al provvidenziale intervento di suo figlio Andrea. Da lì, e solo dopo essere uscito dal coma, comincia una nuova fase, di speranze, di paure e di fede, di nuovi compagni e di medici e fisioterapisti come tostissimi allenatori. Di ospedali, da Asti ad Alessandria, da Milano a San Giovanni Rotondo, trasferte di una geografia totalmente nuova. Una fase inattesa fatta di tanta sofferenza, di tantissima volontà e anche dell’ironia che a Stefano non è mai mancata, in campo e fuori. “L’arte di parare” è il racconto sincero, commovente e divertente di una vita coraggiosa, sfrontata, assaporata fino in fondo, tanto nei giorni digloria quanto nelle avversità

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