Agende chiuse, tempi per esami e visite che vanno oltre i limiti previsti dalla legge, prenotazioni ancora gestite da singoli reparti o, addirittura, singoli medici. In Puglia le segnalazioni sono le più disparate e il Nirs, il Nucleo ispettivo regionale in sanità, coordinato dall’ex prefetto di Bari, Antonella Bellomo, le ha raccolte tutte e ha avviato delle verifiche interne. Ma non solo: alcune di queste segnalazioni sono state girate anche alle forze dell’ordine, come ammesso dallo stesso governatore Michele Emiliano durante l’ultima sessione in Consiglio regionale sul Bilancio: «Ci stiamo rivolgendo alle forze dell’ordine per dare supporto investigativo su alcune anomalie sulle prenotazioni», ha riferito ai consiglieri regionali presenti, evidentemente ritenendo che ci possano essere persino profili penali in determinate pratiche.
Sono due, quindi, i filoni: uno, per cosi dire, amministrativo, avviato dal Nirs per verificare le segnalazioni arrivate da associazioni e singoli cittadini; l’altro affidato, invece, agli investigatori e alle Procure. Per quanto riguarda il primo aspetto, Bellomo ha avviato, assieme all’assessore alla Sanità, Raffaele Piemontese, degli incontri con le singole Asl: la prima riunione si è tenuta poco prima di Natale con l’azienda sanitaria di Bari, dopo le feste si riprenderà con le altre province.
«Abbiamo fatto degli incontri – conferma la coordinatrice del Nirs – con i direttori generali innanzitutto per capire le iniziative intraprese per risolvere determinate problematiche. Come noto, noi agiamo su impulso, non abbiamo certo poteri investigativi. Abbiamo raccolto alcune segnalazioni, si tratta di situazioni variegate, che adesso stiamo analizzando”. Tra queste, il fenomeno delle agende chiuse, cioè l’impossibilità per il cittadino di prenotare un esame o una visita medica. Una prassi tanto diffusa quanto, però, irregolare: “E’ uno dei problemi affrontati – ammette Bellomo – ma pensiamo di averlo risolto». Tra gli altri nodi le modalità e i tempi di accesso alle prestazioni sanitarie: spesso accade che, nonostante sulla prescrizione medica venga data massima priorità (l’urgenza per intenderci), viene fissata una data ben oltre il limite dei 3 o 10 giorni fissato dalla legge. Anche questa una prassi non ortodossa. E poi ci sono casi, molto sporadici a dire il vero, in cui il paziente chiede il rimborso all’Asl per un esame eseguito privatamente per via dei lunghi tempi, ma questo venga negato.
Sulle liste di attesa il presidente della Regione ha intenzione, in quest’ultimo scorcio di legislatura, di dare battaglia, un impegno che passa anche dalla creazione di un Centro unico di prenotazione, un “cervellone” che possa permettere di avere la situazione generale sempre sotto controllo. La Regione, dopo il Covid, ha già compiuto uno sforzo per recuperare le migliaia di prestazioni “perse”, ma non è sufficiente, i problemi restano. Ad esempio, nel 2023 in lista di attesa per un intervento chirurgico c’erano 15.863 persone, di queste 11.434 sono state operate, il 72%, 4.200 sono stati gli interventi cancellati per motivazioni diverse, 229 il residuo. Per quanto riguarda, invece, le prestazioni ambulatoriali nel 2023 in lista c’erano 95.935 esami da recuperare e tutti sono stati eseguiti. Ma questi dati riguardano soltanto una parte della “massa” complessiva, per intenderci solo quelle prestazioni non eseguite durante la pandemia. Poi c’è l’attività ordinaria ed esami e visite che si accumulano.
La giunta regionale ha studiato un piano per provare ad abbattere le liste di attesa e, allo stesso tempo, aumentare la mobilità attiva: per il 2025 si prevede di aumentare il budget per le cliniche private accreditate. Come? Sforando i tetti di spesa che ogni anno vengono assegnati dal governo nazionale per acquistare prestazioni sanitarie dai privati. Il nodo non è di poco conto: il budget, mediamente, si esaurisce già a settembre, se non prima, e da quel momento in poi si è costretti a rinunciare all’apporto degli ospedali privati (salvo, ovviamente, per le prestazioni in urgenza). Con il paradosso che, invece, i pugliesi che non trovano rapida risposta di salute nelle strutture regionali si spostano al Nord, a spese della Regione, quasi sempre presi in cura da cliniche private che fanno capo alle stesse società presenti in Puglia. Una doppia beffa.
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