il presidente non parlerà alla politica di Palazzo, ma ai cittadini e alle loro attese e paure

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Il presidente Mattarella sta lavorando al suo discorso di fine anno. Che stasera sarà pronto nella sua forma compiuta. Durerà circa 15 minuti e si concentrerà sulle varie questioni dell’Italia e del mondo, a proposito delle quali – com’è nella tradizione culturale e religiosa di Mattarella – ci saranno note di ottimismo, sia pure in un periodo non facile. Il set del discorso ancora non è stato deciso, e potrebbe essere lo studio del presidente. Ma non c’è da aspettarsi particolari trovate sceniche. Mattarella parlerà stando in piedi e non seduto dietro alla sua scrivania o in una delle poltrone del Quirinale.

Il discorso in piedi può avere un’efficacia particolare, perché la postura di Mattarella è quella di una personalità scattante, a dispetto dell’anagrafe, come dimostra la sua infaticabile attività da globetrotter. Non si tratta, come è chiaro a tutti, di un presidente seduto.

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Mattarella, le parole del discorso di fine anno

Le parole di Mattarella non saranno rivolte alla politica di Palazzo, ma ai cittadini e incentrate sulle loro attese e sulle loro paure, sui problemi che li toccano nelle loro esistenze di tutti i giorni e sulle grandi tematiche mondiali che impattano, anche quando non sembrano farlo, nella realtà concreta di ognuno di noi. E che cosa c’è di più concreto del bisogno di pace da cui deriva la libertà economica e di movimento, i diritti di democrazia e di piena sovranità dei popoli, la vivibilità in ogni sua accezione e la sicurezza?

In primo piano ci sarà dunque la grave situazione internazionale con i conflitti più gravi: l’Ucraina e il Medioriente. Due scenari su cui è necessario indicare una via per la pace che però non sia – puntualizzerà Mattarella – solamente la sterilizzazione del conflitto ma una pace capace di difendere i diritti e di restituire giustizia. Per quanto riguarda l’Ucraina, la pace non potrà essere alle condizioni che vorrebbe imporre l’invasore, e non dovrà sacrificare le ragioni degli ucraini che sono le vittime di una volontà di potenza nazionalistica per nulla consona alla cultura di Mattarella e di tutte le persone democratiche in Europa e nel mondo. Il diritto internazionale e l’autodeterminazione dei popoli sono due punti fermi della dottrina Mattarella, e non potranno assolutamente essere sopravanzati – questo il senso di quanto dirà il Capo dello Stato – da eventuali accomodamenti tattici e di breve respiro.

Come è successo altre volte, il discorso di Capodanno sarà in continuità con gli altri discorsi tenuti in questi mesi, ma si cercherà di evitare le ripetizioni. Anche se ci sono tematiche, come quella dei femminicidi, che Mattarella considera sempre di drammatica urgenza e ne parlerà ricordando che si tratta di una piaga sociale che ha numeri allarmanti e quanto è stato fatto finora per eliminarla è insufficiente.

I nodi

Si concentrerà anche il discorso sulla sicurezza e i morti sul lavoro; sull’occupazione e il precariato; sui giovani e il loro futuro nella società delle diseguaglianze ma anche delle nuove opportunità; sull’astensionismo elettorale e il rischio di una democrazia senza popolo che sarebbe – è convinzione mattarelliana – una «democrazia di fantasmi». C’è dunque da lavorare e profondamente – quato l’appello – per ricostruire un rapporto di fiducia nelle istituzioni.

Naturalmente, le interpretazioni politiciste e politichesi del discorso di domani fioccheranno. Ma senza centrare il punto, che è poi è il punto di forza di Mattarella e il motivo della fiducia che ripongono in lui i cittadini: ossia la sua capacità di empatizzare con i sentimenti collettivi senza collegarli alla contesa partitica e spesso autoreferenziale.

Potrebbe, ma la materia è delicatissima e bisognerà vedere se e come accennarvi, esserci un passaggio su Cecilia Sala. Quel che è sicuro è che verrà toccato il tema del Giubileo. Il buon esempio della collaborazione tra Stato e Chiesa, tra poteri locali (Campidoglio e Regione) e governo centrale, tra maggioranza e opposizione, senza polemiche e solite divisioni, viene visto come un ottimo auspicio per dare alla politica una dimensione di concretezza e di prospettiva nell’interesse dei cittadini. In più, il Giubileo si segnala profondamente per il suo carattere spirituale e nel 2025 assumerà – parola di presidente – «un significato universale in questa grave situazione internazionale in corso, caratterizzata da guerre, conflitti, tensioni, instabilità, che riproducono ovunque povertà, angoscia e sofferenza». Tra Roma e il mondo, un Mattarella che cerca di entrare nelle pieghe della modernità, ma senza svolazzi e dalla parte dei cittadini.

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