Palermo capitale del volontariato 2025: una sfida per tutta la Sicilia

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Bella lo è e lo dimostra il fatto che le presenze turistiche nel capoluogo siciliano sono aumentate dell’11,4 per cento nel 2023, con un trend simile in tutte le province siciliane. Se, poi, al concetto di bellezza abbiniamo quello di pulizia, ecco che Palermo si avvia a celebrare il 2025 come Capitale italiana del volontariato.

Non si sono dubbi che lo slogan “Bella e pulita”, scelto per raccontare un percorso che chiama a raccolta numerosissimi attori,  è sicuramente provocatorio.

«Parlando di bellezza non credo che abbiamo niente e nessuno da convincere», afferma Giuditta Petrillo, presidente del Cesvop, il Centro servizi del volontariato di Palermo che ha proposto la candidatura del capoluogo siciliano sostenuta dal comitato promotore composto anche da Comune di Palermo, Forum del Terzo settore siciliano e Caritas diocesana, con il patrocinio dell’Anci. «Rispetto al fatto che la vogliamo pulita, partiamo dal bisogno di una rigenerazione a 360 gradi che esprimeremo a più livelli. ll volontariato che ci aspetta nel 2025  é quello che  riguarda ognuno di noi perchè, alla  base di tutto, ci sarà il coinvolgimento delle comunità che abitano e vivono pienamente la nostra città, chiamandole einvitandole a partecipare attivamente».

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Un’iniziativa lanciata dal CSVnet, l’Associazione nazionale dei centri di servizio per il volontariato italiani, per designare ogni anno una capitale italiana del volontariato al fine di dare risalto al ruolo fondamentale dei volontari nello sviluppo della società italiana. A fare da apripista Bergamo, seguita da Cosenza nel 2023, Trento nel 2024, e ora Palermo che può anche dimostrare di sapere arrivare non sempre come fanalino di coda.

Vogliamo puntare sul talento dei giovani, grazie al cui attivismo possiamo toccare con mano il vero cambiamento sociale

Guditta Petrillo, Centro servizi volontariato Palermo – Cesvop

Circa 50mila i volontari che a Palermo rispondono alle innumerevoli emergenze sociali

Un anno, quello che Palermo ha davanti a sé, sicuramente impegnativo, ma che si avvarrà della forza data dalle altre realtà che hanno promosso la candidatura, come gli altri due CSV siciliani – quello di Messina e l’ etneo  – Banca Etica e Comune di Agrigento (Capitale italiana della cultura 2025), alle quali fa seguito un cartello di associazioi che ha già aderito e che sono Auser Sicilia, AGe Sicilia, MoVI Sicilia, Fondazione San Vito, Avo Palermo. Ovvianente si tratta solo di una parte dei tanti enti di Terzo settore che in Sicilia, secondo quanto rilevato dall’Istat nell’ultima indagine del 2021, ci parla di  183.635 persone attive gratuitamente in organizzazioni no profit. È il Runts, il Registro unico nazionale del Terzo settore, a dirci che, al 31 luglio 2024, nel territorio palermitano sono presenti 2.334 enti di Terzo settore (su un totale di 9.354 in Sicilia) che coinvolgono oltre 45mila volontari. Volendo andare più nello specifico, di questi enti, nella provincia di Palermo, 526 sono organizzazioni di volontariato (272 nel capoluogo), 754 associazioni di promozione sociale (461 a Palermo), 807 imprese sociali (447 nel capoluogo) e 242 altri enti di Terzo settore (171 sempre nel capoluogo). Per non contare i tanti gruppi di volontari e le iniziative spontanee di solidarietà gratuita che animano questa parte di Sicilia e che non hanno una forma istituzionalizzata, ma che si occupano comunque dei bisogni, di povertà educativa, povertà assoluta, anche delle esigenze di chi vive una qualunque fragilità.

Bellezza e pulizia, dunque, quale binomio caratterizzante l’impegno civico di quel volontariato catalogato come “di prossimità”, fluido come piace definirlo oggi, spesso sottovalutato ma capace di sperimentare e rendere praticabile la partecipazione e l’impegno consapevole dei cittadini.

«Stiamo riscaldando i motori», prosegue Petrillo, «per partire a marzo con le tante iniziative che, anche grazie alla collaborazione del Comune di Palermo, si svolgeranno sino a novembre nelle otto circoscrizioni della città. Si muoverà tutto attorno sei open day tematici nei diversi settori del volontariato (socio-sanitario, inclusione sociale, educativo, protezione civile) e altrettanti approfondimenti trasversali a carattere nazionale e locale su temi cruciali come legalità, diritti, fede, economia sociale, integrazione e partecipazione civica. Senza dimenticare un grande happening giovanile sui temi della solidarietà e dell’attivismo civico. Tappe di un cammino di preparazione che è già iniziato e che è importante sottolineare oggi: come ogni 5 dicembre in tutto il mondo si celebra la Giornata mondiale del Volontariato, istituita nel 1985 dalle Nazioni Unite per riconoscere l’impegno di tutti coloro che dedicano la propria vita al prossimo. Non abbiamo ancora la data del primo evento ufficiale perchè aspettiamo risposta dal Presidente della Repubblica, la cui presenza è fondamentale per dare il via a un anno che dimostrerà la grande energia che contraddistinge il mondo del volontarato della nostra regione».

Palermo significa Sicilia

E non è un errore parlare di Sicilia anche in occasione di un anno che avrà come protagonista la città di Palermo. Non è, infatti, un caso che nel comitato che ha proposto al Csvnet la candidatura del capoluogo siciliano ci sia Agrigento, che nel 2025 dovrà dimostrare di meritarsi il riconoscimento di Capitale della Cultura.

«L’idea è di dare un indirizzo che vada oltre Palermo e riguardi un po’ tutta la Sicilia», spiega Giuseppe Montemagno, portavoce del Forum del Terzo Settore siciliano, «organizzando eventi che si muovano nell’ottica della rete che crea coesione. Agrigento, con la splendida Valle dei Templi, per esempio, è un ottimo punto di partenza per parlare di cultura e non solo. Quando c’è stato il passaggio di testimone da Trento a Palermo, nell’ambito dell’ultima assemblea di Fqts, la Formazione dei quadri del Terzo settore, era presente anche il gruppo di Matera, che è stata Capitale della cultura nel 2022. Preziosa la testimonianza dei gruppi di volontariato che hanno avuto la capacità di creare una rete tra tutte le capitali che si sono avvicendate. Quello che potremo, anche perchè ne siamo capaci, fare anche noi. Proprio Fqts ha dimostrato che, al di là delle competenze, quello che funziona sono le relazioni tra persone anche di diverse regioni, gruppi, associazioni, che alla lunga resistono».

Relazioni che si rafforzano e valorizzano nei luoghi in cui si accoglie la fragilità

«Noi implementeremo le tante iniziative e attività che portiamo avanti solitamente», dice don Sergio Ciresi, vicedirettore della Caritas Diocesana di Palermo. «Chiaramente cercheremo di coinvolgere le realtà che ruotano attorno alla Caritas, per esempio focalizzando la nostra attenzione sulle parrocchie delle periferie per sensibilizzare l’essenza e il valore del volontariato. Quindi implementeremo l’esistente con altre iniziative. Per fare qualche esempio, gestiamo due centri a Palermo, il San Carlo e il Santa Rosalia, dove ci sono la mensa e i poli diurni e notturni che ospitano i senza dimora. Con loro portiamo avanti anche un laboratorio di cucina all’interno del quale si cucina insieme a loro, aiutando le famiglie a utilizzare gli scarti di cibo. C’è anche una dimensione etica in questo percorso, che porta con sè un passaggio intergenerazionale tra adulti e giovani, recuperando le relazioni. Questo avviene anche con il laboratorio di cucito, grazie al quale insegniamo a questi nostri fratelli e sorelle senza dimora a fare l’orlo, a mettere un bottone, attività che li portano a prendersi cura del loro abbigliamento e, quindi, della loro persona».

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Un 2025 alla fine del quale lasciare un monumento dinamico

«La nostra idea è quella di lasciare qualcosa al territorio, alle comunità», aggiunge Montemagno, «un monumento che definiamo “dinamico” perché per noi deve essere qualcosa che cambia in continuazione. Il lavoro che faremo nel 2025 ci auguriamo che porti alla costituzione di una Fondazione di comunità, un luogo animato soprattutto dalle persone. Ne dovrebbero fare parte i soggetti promotori di questa grande iniziativa ma anche quanto vorranno impegnarsi concretamente. È chiaro che la Fondazione di comunità ha la necessità di raggruppare le competenze singole di chi può agire, chi può mettere in moto processi, ma anche e soprattutto chi può investire risorse economiche. Penso alle istituzioni, come anche a parte del mondo profit che sa e può investire in un territorio per farlo crescere. Ovviamente è presto per parlarne, ma l’obiettivo lo abbiamo e non è cosa da poco».

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