La sorte della giornalista arrestata e detenuta nella prigione di Evin è legata a quella dell’«uomo dei droni» catturato in Italia su richiesta degli Stati Uniti. Per lui Teheran ha già chiesto la liberazione
Appesa alla trattativa condotta dalla diplomazia e dall’intelligence, Cecilia Sala attende gli sviluppi del caso Mohamed Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano arrestato a Malpensa che gli Usa vorrebbero fosse estradato e invece Teheran chiede che sia liberato ponendolo come condizione per la liberazione della giornalista italiana. Un negoziato che inevitabilmente passa proprio dalle prossime scadenze della vicenda giudiziaria che coinvolge Abedini, fermato il 16 dicembre a Milano in un’operazione della Digos concordata proprio con gli Stati Uniti.
La fissazione dell’udienza
Entro il 2 gennaio 2025 la Corte d’Appello di Milano dovrà fissare l’udienza per decidere sulla richiesta di sostituire l’arresto in carcere con i domiciliari per Abedini. Il trentottenne iraniano è accusato di cospirazione per esportare componenti elettronici per droni dagli Stati Uniti all’Iran e di supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica che ha portato alla morte di tre militari, uccisi in un attacco con un drone contro una base USA in Giordania.
Una decisione complessa perché le autorità americane hanno segnalato il pericolo di fuga esattamente come fecero per Artem Uss, accusato di riciclaggio e di importazione di tecnologie militari Usa in Russia che, però, ottenuti i domiciliari, fece perdere le proprie tracce.
La clausola di «garanzia»
Entro un massimo di dieci giorni la Corte d’Appello dovrà esprimersi sulla concessione dei domiciliari richiesti dal legale del cittadino iraniano. Nell’istanza è stata inserita una clausola “di garanzia” con la quale Abedini si impegna a rimanere nel luogo stabilito.
L’udienza a Boston
Intanto il 2 gennaio, a Boston, è prevista l’udienza per l’altro «uomo dei droni» Mahdi Mohammed Sadeghi arrestato lo scorso 16 dicembre in contemporanea con Abedini dagli Stati Uniti. La richiesta già presentata dai suoi legali è di essere rilasciato su cauzione.
I tempi per l’estradizione
Parallelamente va avanti il procedimento sulla richiesta di estradizione. La Corte d’appello di Milano deve decidere sulla base delle carte dell’accusa che al momento sono ancora incomplete. Al ministero della Giustizia, tramite il ministero degli Affari Esteri, infatti, sono arrivati solo i documenti che motivano la richiesta di arresto, già eseguito. Ma si attendono quelle che motivano la richiesta di estradizione.
Quando le avrà ricevute il ministro avrà 30 giorni di tempo per esaminarle e inviarle, magari con eventuali rilievi, alla Corte d’appello che solo allora fisserà l’udienza per discutere la richiesta.
Il collegio avrà 30 giorni di tempo per pronunciarsi.
Dieci giorni per il ministro
A quel punto la palla passerà di nuovo al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che avrà altri 10 giorni di tempo per valutare se condivide la decisione o intende cambiarla. Può farlo anche sulla base di motivi politici.
Biden a Roma
Ma è la strada diplomatica quella su cui il governo italiano lavora alacremente per arrivare a una soluzione. Il 9 gennaio saranno a Roma il presidente USA uscente Joe Biden e il segretario di Stato Anthony Blinken. È possibile che nel corso degli incontri con la presidente Giorgia Meloni e con il ministro degli Esteri Antonio Tajani venga affrontata la questione.
L’era Trump
Quello del 9 gennaio è l’ultimo appuntamento con l’attuale amministrazione statunitense. Il 20 gennaio diventerà operativa l’elezione del nuovo presidente Donald Trump. Se entro quella data non sarà trovato un compromesso che consenta di chiudere la vicenda il governo italiano dovrà gestire il caso di Cecilia Sala con i nuovi interlocutori.
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