La Faq 15 dell’Anac, in tema di trasparenza degli affidamenti per attività legali appare, finalmente, un intervento utile, forse, a chiarire l’ambito di applicazione del codice al caso dell’affidamento della difesa giudiziale.
Ecco le indicazioni dell’Authority:
15. Qual è il regime di trasparenza da assicurare per l’affidamento di incarichi e servizi aventi ad oggetto l’assistenza legale dell’ente?
Se ad un avvocato, anche ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, è affidata la rappresentanza legale di un ente in un arbitrato o in una conciliazione, oppure in procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali, autorità pubbliche o istituzioni internazionali o laddove sia affidata una consulenza legale in preparazione di tali procedimenti, o qualora vi sia un indizio concreto e una probabilità elevata che la questione su cui verte la consulenza divenga oggetto di uno dei citati procedimenti, sempre che la consulenza sia fornita da un avvocato, queste attività sono qualificate, ai sensi dell’art. 56, co. 1, lett. h), del d.lgs. 36/2023, come “contratti esclusi”.
Tenuto conto che, come specificato nella Delibera n. 584/2023, per questi contratti è prevista l’acquisizione del CIG che comporta l’inserimento di dati e informazioni nella BDNCP detenuta da ANAC, la trasparenza è assicurata mediante la pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente”, sottosezione “Bandi di gara e contratti” dell’amministrazione/ente del link che rinvia ai dati relativi allo specifico contratto, secondo quanto chiarito da ANAC nelle Delibere nn. 261 e 264 del 2023 e nel Comunicato del Presidente del 24 maggio 2024, cui si rinvia.
Si specifica altresì che, come stabilito nella sopra citata Delibera n. 584/2023, per questi contratti è previsto il pagamento del contributo in favore dell’Autorità.
Qualora, invece, l’amministrazione affidi all’esterno la complessiva gestione dei servizi legali di cui all’Allegato XIV della direttiva 2014/24/UE, ivi inclusa la difesa giudiziale, tale affidamento è qualificato come un appalto di servizi rientrante nei settori ordinari, per il quale trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 127 del d.lgs. 36/2023. In materia di trasparenza restano valide e indicazioni di cui sopra.
In via residuale, per gli affidamenti di servizi legali non disciplinati dall’articolo 127 del Codice né esclusi dall’ambito di applicazione del Codice ai sensi dell’articolo 56, quali gli incarichi di consulenza legale attribuiti ad esperti di comprovata esperienza (ad es. i pareri “pro veritate”) ai sensi dell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001 – mediante contratti di lavoro autonomo di natura occasionale o coordinata e continuativa per esigenze cui le amministrazioni non possono far fronte con personale in servizio – la trasparenza è assolta, ai sensi dell’art. 15, co. 1 e 2, del d.lgs. 33/2013, con la pubblicazione sul sito istituzionale nella sezione “Amministrazione trasparente”, sottosezione di primo livello “Consulenti e collaboratori” dei dati previsti dal citato comma 1 dell’art. 15.
In alternativa, la trasparenza può essere assolta, ai sensi dell’art. 9-bis del d.lgs. 33/2013, mediante la comunicazione dei dati, delle informazioni o dei documenti al Dipartimento Funzione Pubblica (DFP), titolare della Banca Dati PerlaPA. In tal caso, le amministrazioni assicurano l’inserimento del collegamento ipertestuale alla banca dati nella predetta sottosezione “Consulenti e collaboratori”. Ciò è possibile stante la corrispondenza dei dati pubblicati in detta Banca dati e quelli dell’art. 15 del d.lgs. 33/2013.
Si tratta sempre e comunque di una prestazione di servizi, che trova due distinte configurazioni:
- contratto escluso: è il caso dell’affidamento isolato ed unico della tutela giudiziale in una specifica vertenza o di una consulenza legale chiaramente indirizzata all’eventuale iniziativa giudiziale. In questo caso:
- si applicano i principi generali del d.lgs 36/2023
- non si applica l’articolo 7, commi 5-bis, e seguenti del d.lgs 165/2001;
- ai fini della trasparenza, gli affidamenti vanno inseriti nella sezione Amministrazione trasparente, sottosezione Bandi di gara e contratti, col link per accedere dati relativi allo specifico contratto;
- contratto incluso: è il caso dell’affidamento di un servizio di tutela legale complessivo, ricomprendente una serie di difese in giudizio ed espressione di consulenze. Tali affidamenti sono interamente soggetti alle regole codicistiche degli appalti di servizi.
Vi è, secondo l’Anac, una terza ipotesi, quella dei contratti definibili “estranei” al codice, cioè non qualificabili come prestazioni di servizi e, dunque, totalmente sottratti al d.lgs 36/2023, persino ai suoi principi.
Si tratta di affidamenti “residuali” e cioè: “incarichi di consulenza legale attribuiti ad esperti di comprovata esperienza (ad es. i pareri “pro veritate”) ai sensi dell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001 – mediante contratti di lavoro autonomo di natura occasionale o coordinata e continuativa per esigenze cui le amministrazioni non possono far fronte con personale in servizio”.
La “consulenza legale” attribuibile, secondo la Faq, mediante l’articolo 7 del d.lgs 165/2001 differisce dalla consulenza di cui tratta l’articolo 56, comma 1, lettera h), n. 2, del d.lgs 36/2023. Quest’ultima è la consulenza legale prestata in corso di causa, o in preparazione di essa e deve essere fornita necessariamente da un avvocato.
La consulenza legale oggetto di un incarico ai sensi dell’articolo 7 del d.lgs 165/2001, invece, non è connessa a vertenze, nè in atto, nè potenziali. Si tratta, a meglio vedere, di pareri: non solo giuridici, ma anche economici, tecnici, tributari e comunque connessi allo studio approfondito di una questione, atto a fornire all’ente elementi di valutazione non acquisibili con l’opera e le competenze del personale in servizio. Il concetto di “parere pro veritate” è totalmente fuorviante: tali pareri erano espressi nell’epoca medievale, quando non esisteva un sistema di fonti giuridiche unitario e coordinato, da “giureconsulti”, considerati capaci di raccogliere, in un insieme caotico di regole, quelle attinenti al caso esprimendo un parere considerato a sua volta come fonte e, dunque, capace di chiudere la questione. Nell’ordierno ordinamento giuridico solo la legge o una sentenza possono disporre in modo certo e definito una questione, non certo nessun genere di parere, che è solo uno strumento istruttorio.
Le indicazioni fornite dall’Anac sulla trasparenza dei contratti estranei sono corrette, ma in molte parti, invece, non sono condivisibili sul piano sostanziale.
In primo luogo, occorre osservare che i contratti di lavoro autonomo di natura “coordinata e continuativa” semplicemente sono vietati. Infatti, l’articolo 7, comma 5-bis, del d.lgs 165/2001 dispone: “È fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente comma sono, altresì, responsabili ai sensi dell’articolo 21 e ad essi non può essere erogata la retribuzione di risultato. Resta fermo che la disposizione di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, non si applica alle pubbliche amministrazioni”.
Gli incarichi di lavoro autonomo debbono certamente avere una durata ed un termine, ma la continuatività è stata totalmente estromessa dalla disciplina che regola la committenza pubblica, ma anche privata: infatti, l’articolo 2, comma 1, del d.lgs 81/2015 elimina la fattispecie delle co.co.co. dall’ambito del lavoro privato.
In ogni caso, andrebbe specificato che le attività attraibili nell’articolo 7, commi 5-bis, e seguenti del d.lgs 165/2001 sono qualificabili:
- in ogni caso come appalti di servizio, se la prestazione richiesta ha come risultato un prodotto “finito”, cioè si demanda al professionista il compimento diretto di un’opera ascrivibile alla sua sfera esclusiva di decisione e professionalità, della quale la PA si avvale direttamente, senza ulteriori propri interventi (quello legale è un appalto di servizio vero e proprio, perchè è l’avvocato esclusivo esecutore e gestore;
- come incarichi di lavoro autonomo, se la prestazione diretta è come risultato un prodotto “intermedio”, cioè un esito, quale appunto un parere o una ricerca, del quale l’ente si avvale per adottare, però, una decisione propria, con una “lavorazione”, quindi, ulteriore da parte degli organi dell’ente, che formano la propria decisione anche tenendo conto delle indicazioni fornite dal professionista, che, quindi, non decide e non gestisce direttamente la fattispecie, ma “collabora” alla sua istruttoria.
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