il 2025 dovrà essere giocoforza uno spartiacque: l’economia non avanza con gli slogan e l’ottimismo
Che il 2024 sia stato un anno positivo per l’economia meridionale, campana e napoletana lo attestano i numeri. È pur vero, però, che gli stessi dati, se letti con attenzione, al netto di narrazioni che talvolta sfiorano il trionfalismo, possono celare anche altre verità. O quantomeno altre prospettive d’analisi. Un esempio? L’ultimo dossier sull’occupazione nelle regioni del vecchio continente, diffuso da Eurostat quest’anno, fotografa una Campania che — nonostante una discreta crescita del tasso di lavoro — si ritrova non solo maglia nera in Italia, al pari della Calabria, ma anche abbondantemente superata da territori — Martinica, Guadalupe, Guyane, Extremadura — per decenni fanalini di coda delle classifiche internazionali.
È evidente che da quelle parti, a cominciare dai dipartimenti francesi d’oltremare, si è messo in moto un meccanismo (politiche di sviluppo) capace di sovvertire trend che apparivano ormai segnati. Della serie: quando si parte dalle retrovie bisogna correre, non basta camminare. O peggio frenare: a Napoli il tasso di disoccupazione — maschile, femminile e complessivo — è più alto rispetto a tutte le altre province della Penisola. E, cosa peggiore, è persino in aumento (Istat). È un fatto — passando a un altro esempio — che qui le aziende chiedono di assumere personale. E anche tanto, come si affrettano a commentare in molti celebrando i numeri forniti periodicamente da Unioncamere. Ma è altrettanto vero che le stesse imprese non riescono a trovare un profilo su due da contrattualizzare. Come è possibile? Perché non formare ragazzi che possano incarnare figure professionali peraltro già ben note? Evidentemente l’importante è magnificare l’informazione nella sua genericità. Poi, però, ci si chiede perché nel Meridione (Rapporto 2024) la Svimez rileva quasi tre milioni di lavoratori sottoutilizzati e come mai proprio in Campania il fenomeno trovi la sua massima estensione.
Eppure, le contraddizioni non sono solo collegate al mercato occupazionale. Il Pil regionale è aumentato quest’anno, certo. Ma Bankitalia rileva che l’attività economica in Campania «è cresciuta in misura contenuta, per la debolezza della fase ciclica». Essenzialmente perché «nei primi nove mesi del 2024 si registra un andamento sfavorevole per la manifattura». L’industria, insomma, si conferma in affanno, con l’incognita dell’automotive che pesa come un macigno anche sul 2025. Il comparto delle costruzioni, vero traino dello sviluppo, dal canto suo rischia un brusco contraccolpo dopo lo stop al Superbonus. Allargando lo sguardo, le prospettive non migliorano: il prodotto interno lordo del Sud, dall’anno prossimo, dovrebbe aumentare meno di quello del Centronord e della media Italia (previsione Svimez). Ergo: il divario tornerà ad incrementarsi. E dal momento che la Campania è il motore del Mezzogiorno…
Sì, però, in giro ci sono migliaia e migliaia di turisti. Vero. Si vedono, eccome. Sempre Bankitalia però segnala una «riduzione della domanda interna a fronte di una sostanziale stabilità dei visitatori esteri». Ci sarà forse qualcosa da registrare? Per intanto sin da domani — 1° gennaio — bisogna fare i conti con la grande incognita degli affitti brevi: a Napoli, secondo Federconsumatori, infatti, solo per il 32% degli immobili adibiti a questo scopo è stato richiesto e ottenuto il Cin (il Codice identificativo nazionale, senza il quale c’è il rischio di vedersi comminare multe da 800 a 8.000 euro). Si vedrà. Ma qui per fortuna c’è tanta bellezza, tanta gioventù. Soprattutto a Napoli. Peccato però che proprio la provincia partenopea abbia perso dal 2021 al 2024, in soli tre anni, ben 16 posizioni nella classifica della «qualità della vita» del Sole 24 Ore (dal gradino 90 al numero 106, ossia il penultimo).
E peccato che la Svimez, dopo aver rilevato una perdita secca di 150 mila residenti nell’area della Città Metropolitana di Napoli dal 2011 al 2023, ipotizzi un crollo di abitanti pari a oltre 355 mila unità nei prossimi vent’anni. Con un eloquente -124 mila relativo alla sola città capoluogo.
Ecco perché il 2025 dovrà essere giocoforza uno spartiacque: l’economia non avanza con gli slogan e l’ottimismo. O almeno non solo. Per evitare di ricacciare il Sud, la Campania e Napoli nelle periferie dello sviluppo, non solo italiano, serviranno politiche e strategie — nazionali e locali — che vadano oltre le narrazioni .
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