Lasciando da parte l’Età romana, non si sa molto sulla Scuola ad Aquileia. Qualche influenza ebbero le Benedettine: nella II metà del ’500 davano gli elementi di base per portare fanciulle alla lettura. Simile il compito di uno scolastico, nominato dal Capitolo – la domenica – nella parrocchiale. Novità non porta la riforma teresiana (1774), col progetto che rimane in gran parte sulla carta. Nei paesi sede di parrocchie, avrebbero dovuto essere istituite scuole triviali (alla portata di tutti), per insegnarvi gli elementi di lettura, scrittura, nella lingua del luogo, calcolo e religione (più tardi si insegnò canto, qualche nozione di agraria, a volte, il tedesco). Nei centri più grandi, c’erano le caposcuole; nelle sedi provinciali le scuole normali, modello per le altre scuole col compito di preparare i maestri.
Non si capisce bene se qualcosa esista quando, nel 1783, obbedendo a un ordine da Vienna l’anno prima, dall’ufficio decanale di Ruda, il pievano Giacomo Comelli chiede ai parroci di Fiumicello, Aquileia, Villa, Monastero, San Martino e Cervignano se avessero ottemperato all’ordine che imponeva di “pubblicare” l’inizio della scuola e parlare al popolo della necessità di mandare i figli a istruirsi. Il primo tentativo di aprire capillarmente la scuola popolare si ha con Napoleone; ad Aquileia questa “novità” attraversa indenne le convulsioni della storia in un periodo così tormentato. Quando, nel novembre 1813 (tornati gli Austriaci, resta in vigore il sistema amministrativo francese), la Viceprefettura di Gradisca svolge un’indagine in materia scolastica, viene una risposta positiva
Il savio Giavarina, da Aquileia, il 28 novembre, racconta: “Ho fatto redigere, pubblicare ed esporre l’avviso…” (era uno dei modi di comunicare, insieme con l’annuncio dal pulpito); partecipa al viceprefetto l’esistenza di una scuola elementare con un maestro “approvato”, Giovanni Battista Fumo. Alla scuola delle fanciulle insegnano, private, Marianna Kaüer (Monastero) e Francesca Scalabrin (Aquileia); si avverte che “sono più addatte maestre pei lavori femminili, che per una primordiale coltura…”. Non altra scuola privata ad Aquileia o nella frazione di Isola Morosini; nelle altre ville aggregate, l’istruzione di base è prerogativa degli ecclesiastici: a Terzo don Domenico de Peris; a Fiumicello don Antonio Montanar; a Scodovacca don Giovanni Fumi di Galto; a Villa Vicentina don Giovanni Bertogna: in qualche modo, è coperto quasi l’intero territorio.
Una riorganizzazione della diocesi di Gorizia, culminata nella stabilizzazione degli aspetti territoriali, soprattutto con la diocesi di Udine, è un elemento importante nei futuri sviluppi, come la rinnovata presenza del seminario: diventa Seminario teologico centrale, riferimento per le diocesi del Litorale (1818). Difficoltà legate allo sviluppo della riforma in età napoleonica, ma non mancano ostacoli di ordine economico sociale a frenare il processo. Dalla Rivoluzione Francese al 1855 (colera), le popolazioni sono soggette ad ogni sorta di flagelli. Tra il 1797 e il 1813 la gente è tenuta costantemente sotto pressione da guerre, passaggi di eserciti, ruberie, tassazioni straordinarie, violenze quotidiane, cambi di amministrazione, coscrizioni forzose, interventi autoritari e sconvolgenti sulle tradizioni religiose, malattie spesso sviluppatesi in maniera epidemica.
Uno degli aspetti di maggiore gravità furono le requisizioni di mezzi e animali. Buona parte della forza lavoro, soprattutto bovina, non sopravvive e precipita i contadini in una più affliggente miseria. A volte, il malcontento sfocia nel saccheggio; nei momenti di maggior confusione, lo sfogo è contro le case dei ricchi nobili.
Un processo di pauperizzazione investe larghi strati delle popolazioni, soprattutto di quelle legate all’agricoltura. Non si migliora granché con lo stabilizzarsi della situazione politico – amministrativa sia per il fiscalismo opprimente che per eventi di varia natura, ricorrenti, e di insopportabile gravità.
Si prende due anni la fame (1816 e 1817), provocando la morte di decine di persone nei vari paesi; nelle città, si bussa alle porte dei conventi; racconti tremendi, nella loro estrema sintesi, sono le annotazioni nei libri dei morti delle parrocchie. Il grano si innalza a prezzi straordinari.Quasi ogni anno vengono segnalati straripamenti di fiumi, tempeste desolatorie. Il 1836 e il 1855 vedono l’esplodere di due drammatiche epidemie di colera che trovano conferma nei registri parrocchiali, e neinumerosissimi ex voto delle comunità che si rivolgono, soprattutto alla Madonna di Barbana, per impetrare la grazia (uno dei voti di Aquileia è del 1836).
Altro particolare momento di guerra è il 1848, che interrompe l’espansione delle scuole soprattutto nei paesi, frena l’evoluzione di una nuova mentalità che si fa strada tra mille ostacoli, colpisce la già precaria istruzione femminile; spaventa il movimento di ascesa della povera gente, di nuovo immersa nel tentacolare ambiente della presenza militare.
Numerosi sono gli arruolati nella Landwehr, la guardia territoriale, con immaginabili conseguenze per il lavoro dei campi. La statistica sulle scuole elementari nella diocesi di Gorizia per il 1819 offre una immagine negativa sulla loro diffusione, nella stragrande maggioranza dei casi riguardante solo la parte maschile: le troviamo a Tolmino, Volzana, Santa Lucia, Idria di Baccia, Plezzo, Caporetto, Circhina, Canale, Ronzina, Cormòns, Mariano, Aiello, Visco, Ruda, Aquileia, Cervignano, Terzo, Gorizia, anche per le fanciulle come a Gradisca.
La grande espansione scolastica avviene negli Anni Quaranta, per una più organica struttura burocratica, l’impegno di singoli amministratori e, in generale, del clero cui la scuola è affidata. Dalla massa di circolari, corrispondenza sui singoli problemi, si nota il grande interesse del Governo, il rigore, la severità con cui si procede. Attive le scuole ad Aquileia e Grado nell’anno scolastico 1834 – 1835, ma le fanciulle non hanno la possibilità di frequentarle (ad Aquileia sono 69 i ragazzi che ci vanno, su un totale di 102; delle 86 ragazze, nessuna); a Grado, nell’anno prima, su 440 abili alla scuola, tra gli iscritti, frequentano diligentemente 25 maschi, delle volte altri 10, 4 non ci vanno affatto. Solo i maschi hanno una qualche scolarizzazione, ma si nota una diminuzione nella frequenza di ben 13 elementi.
Il decano di Fiumicello, e ispettore scolastico distrettuale, don Giovanni Visintini, nella visita ispettiva del 1835, offre una acuta analisi, di realtà e difficoltà, con la sua relazione, accentuando, per alcuni aspetti, l’attenzione al sociale, che in passato affiorava appena. Aquileia: lodevole sotto ogni aspetto l’operato del m.o Andrea Lassig; altrettanto per il maestro ventinovenne Pietro Paolin, a Grado, ma il suo svantaggio è di non possedere adeguatamente la lingua del paese, il dialetto gradese.
In una realtà tanto particolare come quella isolana, non è carenza da poco. Il tedesco – disciplina opzionale – è insegnato ai pochi che intendono proseguire gli studi; solo il maestro di Aquileia è in grado di farlo. Leggero incremento (3 alunni) si registra a Grado; 46 vanno a scuola.
L’ispettore si rende conto che il numero degli alunni aquileiesi è troppo elevato per un solo insegnante: propone un aiutante da ricercarsi nel clero locale.
Il maestro Lassig è così attivo, generoso e lungimirante, che, pur nelle ristrettezze economiche che attanagliano normalmente i maestri, tiene gratis la scuola domenicale, da dieci anni attiva in questo paese della Bassa. Importante la scuola domenicale: rafforza l’insegnamento della triviale e impedisce l’analfabetismo di ritorno.
Notevole è il contributo dei pulpiti di campagna alla promozione della scuola: su precise disposizioni della curia arcivescovile, i sacerdoti predicano nella lingua del popolo per giungere a incitamenti efficaci.
Aldilà delle disposizioni legislative, singole personalità, particolarmente sensibili, contribuiscono all’evoluzione positiva della rete scolastica. Tali sono il commissario distrettuale di Cervignano, Giovanni Domenico Piccoli e il decano di Fiumicello mons. Pietro Tirindelli, ispettore scolastico per la parrocchia di Aquileia. Lui ispettore, viene istituita la scuola femminile ad Aquileia, con la m.a Angela Bressan. Nelle sue relazioni, si nota un’acuta capacità di analisi. Nel 1844, quando i fanciulli che frequentano nel decanato sono 640, con un incremento di 227, insiste sulla necessità di introdurre le scuole domenicali. In alternativa, le conseguenze sono che gli artigiani vanno ad imparare un mestiere, i contadini rimangono nell’ambito familiare, ma per tutti c’è il pericolo dell’analfabetismo di ritorno; in più, con l’abbandono della scuola, c’è quello della chiesa, dunque, le autorità dovrebbero insistere su questo suggerimento.
Anche qui una delle costanti della organizzazione scolastica di ogni epoca, è lo spirito dei maestri che precede la burocrazia: è ancora il maestro Lassig ad esserne protagonista, col prestarsi, per anni gratuitamente, ad una scuola festiva di ripetizione, dando del suo per provvedere il materiale agli scolari poveri. Solo un anno più tardi, sorpresa positiva, la scuola di ripetizione femminile in Aquileia: due ore il giovedì; buoni i risultati. L’interessamento che ha prodotto il miracolo è del parroco e dell’ispettore locale.
Ispettore è Vincenzo Zandonati, “membro effettivo della I. R. Società Agraria di Gorizia”; di origini triestine, farmacista in Aquileia, autore di una Guida storica dell’antica Aquileia , podestà e convinto assertore di una politica moderna di trasporti e collegamenti viari per fare della città patriarcale un centro pulsante sotto l’aspetto economico e turistico – archeologico. Si può supporre che la sua attenzione alla scuola facesse parte di questo programma globale di sviluppo. Le difficoltà quotidiane sono frequenti, da quelle di fondo, a quelle apparentemente più banali com’è il caso di Aquileia nel 1847: la ragione della scarsa frequenza alla scuola femminile è che la stufa, d’inverno, non viene accesa; il Comune rimanda alla maestra, che ritiene non sia suo dovere fornire la legna a proprie spese, dato l’onorario che percepisce!
Contrariamente a certe tradizioni, esageratamente positive, per arrivare ad una frequenza generalizzata, soprattutto per la parte femminile, dovettero trascorrere molti anni, e modificarsi aspetti economico sociali ed organizzativi.
In generale, durante questa prima fase – fino agli Anni Sessanta dell’Ottocento – in cui la struttura scolastica fu affidata alla Chiesa, il clero della arcidiocesi goriziana ha scritto pagine di non comune bellezza. Forse questo è stato un precedente del movimento cattolico, che si sviluppa a cavallo tra i secoli XIX e XX, in mezzo a persone che, con la scuola, avevano imparato ad avvicinarsi alla speranza di una giustizia anche terren.
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