Violento scontro tra moto e auto e perdita della capacità lavorativa

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Il motociclista cita in giudizio il proprietario della Mercedes che lo aveva violentemente urtato mentre, intento a effettuare una manovra di sorpasso, percorreva con la sua moto Ducati la strada provinciale Starza (località Quadrivio, SA) e il veicolo svoltava a sinistra per immettersi sulla SS 19. Il centauro chiede il risarcimento del danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa.

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Con sentenza n. 453/2016 il Tribunale, dopo avere con ordinanza concesso una provvisionale di 25.000 euro, accoglieva in parte la domanda del motociclista. Ritenuta la concorrente sua responsabilità nella misura del 50% nella causazione del sinistro, i giudici condannavano i convenuti: a) della somma di 249.397 euro, oltre agli interessi, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale; b) della somma di 88.451 euro, oltre agli interessi, a titolo di risarcimento del danno da menomazione della capacità lavorativa specifica; c) della somma di 5.000 euro, oltre agli interessi e alla rivalutazione, a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali per spese mediche; d) della somma di 250 euro, a titolo di risarcimento dei danni alla moto.

Con sentenza n. 546/22, pubblicata l’11/05/2022, la Corte d’Appello di Salerno ha rigettato l’impugnazione e, per l’effetto, ha confermato la sentenza di primo grado.

Il motociclista si rivolge alla Corte di Cassazione

Lamenta che la Corte d’Appello avrebbe trattato la vicenda con l’applicazione dell’art. 149, comma 1, Codice della Strada, ritenendo avvenuto un tamponamento a catena di veicoli in movimento piuttosto che un’erronea manovra di svolta a sinistra, alla quale applicare l’art. 154 Codice della strada, relativo al cambiamento di direzione o di corsia o altre manovre.

Oltre ad altre censure, tutte ritenute inammissibili, lamenta inoltre il mancato riconoscimento del danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa e solo questa ultima doglianza viene accolta.

I Giudici di merito hanno ritenuto non dimostrato se lo scontro era stato provocato, dalla svolta a sinistra, improvvisa e non segnalata del conducente della Mercedes, o dal comportamento del danneggiato, intento nella manovra di sorpasso, e dunque ha correttamente regolato la fattispecie ricorrendo alla presunzione di pari responsabilità di entrambi i conducenti coinvolti nell’impatto.

Il mancato riconoscimento del danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa

Detto ciò, in relazione alla richiesta di risarcimento del danno da mancato guadagno per menomazione della capacità lavorativa specifica e alle spese mediche, la Corte territoriale si sarebbe limitata a confermare la pronuncia di primo grado che aveva ritenuto non provata la perdita della capacità reddituale, solo perché non aveva prodotto i redditi percepiti dopo l’infortunio allo scopo di dimostrare la riduzione reddituale patita, pur essendo stato accertato dal CTU che non era più in grado di svolgere né di riprendere la precedente attività di panettiere.

Invece, partendo dalla CTU che aveva accertato l’incidenza medio grave delle lesioni riportate sulla capacità lavorativa, il Giudice a quo avrebbe dovuto presumere che la riduzione del reddito fosse almeno pari a 1/3 e quindi fosse quanto meno di 5.400 euro all’anno, da moltiplicare per 12,5 e da aumentare equitativamente, in ragione della rivalutazione Istat e degli interessi legali, fino a 80.000 euro. E ciò perché nei casi in cui l’elevata percentuale di invalidità permanente rendano altamente probabili, se non addirittura certi, la menomazione della capacità lavorativa specifica ed il danno che da essa consegue, il giudice può procedere all’accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi (Cass. n. 17514/2011; Cass. n. 21497/2005).

Come detto, la censura è fondata.

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La statuizione con cui il Giudice non ha accolto la domanda di liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa è erronea.

Il danno patrimoniale futuro del lavoratore autonomo

Il danno lamentato è un danno patrimoniale futuro che per il lavoratore autonomo, come in questo caso (Cass. 29/08/2024, n. 23330), va valutato su base prognostica ed anche sulla scorta di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività lavorativa.

Nel caso di specie, però, il Giudice non ha preso in considerazione il fatto che, in assenza del danno cagionatogli, il ricorrente avrebbe presumibilmente continuato ad esercitare in futuro l’attività perduta e che, in tema di danni alla persona, in applicazione del principio dell’integralità del risarcimento sancito dall’art. 1223 cod. civ., il danno da perdita della capacità lavorativa specifica deve essere liquidato – ferma restando l’esigenza di tener conto anche della persistente, benché ridotta, capacità di reperire e mantenere altra occupazione retribuita – in base al reddito che il danneggiato avrebbe potuto conseguire proseguendo nell’attività lavorativa perduta a causa dell’illecito (Cass. 16/02/2024, n. 4289; Cass. 23/05/2023, n. 14241).

Avv. Emanuela Foligno

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